L’INRAN, l’ente pubblico italiano per la ricerca in materia di alimenti e nutrizione vigilato dal Mipaaf (Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali), ha condotto nell’ambito di un progetto pilota della Fao e dell’Unione Europea, uno studio sulla sicurezza e sulla qualità nutrizionale del “dihè”, un alimento tradizionale della regione del Lago Chad in Africa ed un’importante risorsa alimentare ed economica, potenzialmente anche per altri territori africani. Si tratta di un cibo naturale, dall’elevato valore nutrizionale, che deriva dall’essiccazione e dalle successiva lavorazione dell’alga verde-azzurra tipica del lago, conosciuta anche come Spirulina.
Il progetto pilota Fao-Ue, partito nel 2004, mira a promuovere e a sperimentare nuove tecniche di trasformazione che migliorino la qualità e la sicurezza del prodotto rispetto a quello ottenuto tradizionalmente. A tal fine sono stati raccolti 17 campioni di dihè, sia tradizionale sia migliorato, provenienti da 9 differenti siti intorno al lago. L’INRAN in collaborazione con l’ITRAD (Institut Tchadien de Recherche Agronomique pour le Developpement du Chad) li ha analizzati per rilevare qualità nutrizionale e sicurezza dell’alimento ricavato con entrambe le modalità produttive. “E’ emerso che il dihè migliorato, pur mantenendo un elevato valore nutrizionale, è igienicamente più sicuro e non è contaminato dalla sabbia– spiega Marina Carcea, il ricercatore INRAN che ha coordinato lo studio -. Certo, sotto il profilo tossicologico e tecnologico, la ricerca può ottenere risultati ancor più significativi, tuttavia il dihè migliorato resta una fonte eccellente di proteine, minerali, folati e carotenoidi, per combattere la malnutrizione garantendo sicurezza igienica e rispetto delle tradizioni locali e favorendo al tempo stesso uno sviluppo socioeconomico diffuso”. Un contributo concreto della ricerca, insomma, perché - come ha affermato recentemente il ministro Galan alla Fao- “chi muore di fame si aspetta che la mano del buon Samaritano gli dia qualcosa da mangiare e non gli atti di un convegno da studiare”.
Roma, 10 dicembre 2010