Mi occupo di Nutrizione per patologie accertate, Lipedema, Policistosi Ovarica, Intolleranze Alimentari, Disbiosi, Dieta Chetogenica su misura. Ricevo a Messina e Catania. In queste pagine offro consigli nutrizionali, ricette per tutti coloro che si interessano di Dieta, Nutrizione e Salute. Sono disponibile a consulenze online. Questo blog è collegato alla pagina Facebook Camice&Mestoli ed Instagram Bionutrizionistacacciola
31 dicembre 2010
ALIMENTAZIONE, NUTRIZIONE, BENESSERE: CORSI TEORICO-PRATICI DI NUTRIZIONE
ALIMENTAZIONE, NUTRIZIONE, BENESSERE: CORSI TEORICO-PRATICI DI NUTRIZIONE: "carissimi colleghi, sul sito www.shedas.it si trovano già i moduli per iscriversi ai Corsi per Nutrizionisti. Vi informiamo che a tutti coloro che si iscriveranno entro e non oltre il 15 gennaio sarà effettuato uno sconto su ciascuno dei corsi organizati da SHEDAS pari al 10% del costo unitario o totale, nel caso ci si iscriva ai due corsi. Tutte le info saranno pubblicate sul sito di SHEDAS, oppure potete chiamare ai numeri riportati sulla locandina o nel sito."
ALIMENTAZIONE, NUTRIZIONE, BENESSERE: CORSO SULLE INTOLLERANZE ALIMENTARI
ALIMENTAZIONE, NUTRIZIONE, BENESSERE: CORSO SULLE INTOLLERANZE ALIMENTARI: "Il corso sulle Intolleranze Alimentari sarà effettuato a Messina presso la sede di SHEDAS quando riceverà l'accreditamento dalla Commissione per gli ECM. A breve il programma dettagliato potrà essere consultato sul sito www.shedas.it oppure in questo blog"
28 dicembre 2010
Melatonina, in compresse a rilascio prolungato, per insonnia primaria in persone anziane
Daniela Crupi e Alessandra Russo. Dipartimento Clinico e Sperimentale di Medicina e Farmacologia. Università di Messina
Su NPS-RADAR (1) è stato pubblicato un articolo relativo alla sicurezza ed all’efficacia della melatonina in compresse a rilascio prolungato, una nuova formulazione che prova a simulare il rilascio fisiologico di melatonina, nel trattamento a breve termine (fino a 3 settimane) dell’insonnia primaria in soggetti ≥55 anni. Di seguito viene riportata una sintesi dell’articolo.
La melatonina è l'ormone che regola il ritmo circadiano ed il ciclo sonno-veglia. La concentrazione di melatonina endogena aumenta all’inizio della notte, il picco si ha verso le prime ore del mattino (2-4 am) e progressivamente diminuisce in risposta alla luce (2).
Dalla soia una buona notizia per gli uomini Previene il cancro alla prostata e la calvizie
Dalla soia una buona notizia per gli uomini
Previene il cancro alla prostata e la calvizie
(15-09-04)
La soia è un alimento sempre più diffuso anche in Italia, benché sia originario dell’Asia. È ricca di isoflavoni, che sono fitoestrogeni in grado di regolare la produzione ormonale. Da tempo è noto che la soia aiuti a prevenire diversi disturbi femminili e che sia in grado di alleviare i fastidi provocati dalla menopausa.
Ma la soia potrebbe rivelarsi un’ottima alleata anche per la salute degli uomini. Secondo uno studio americano, infatti, questa pianta può proteggere da due disturbi maschili, come il cancro alla prostata e la calvizie.
Previene il cancro alla prostata e la calvizie
(15-09-04)
La soia è un alimento sempre più diffuso anche in Italia, benché sia originario dell’Asia. È ricca di isoflavoni, che sono fitoestrogeni in grado di regolare la produzione ormonale. Da tempo è noto che la soia aiuti a prevenire diversi disturbi femminili e che sia in grado di alleviare i fastidi provocati dalla menopausa.
Ma la soia potrebbe rivelarsi un’ottima alleata anche per la salute degli uomini. Secondo uno studio americano, infatti, questa pianta può proteggere da due disturbi maschili, come il cancro alla prostata e la calvizie.
Master in Alimentazione e Dietetica Vegetariana
Per tutti i nutrizionisti che vogliono una formazione completa, annunciamo che sul sito "VegPyramid TV" è disponibile il nuovo video:
Presentazione Master in Alimentazione e Dietetica Vegetariana
Per vederlo:
21 dicembre 2010
Resveratrolo e sindrome metabolica: a tavola col vino rosso
Il vino rosso, grazie al suo elevato contenuto in resveratrolo, noto per il suo notevole potenziale antiossidante, è diventato famoso per i suoi effetti benefici nella protezione dall'aterosclerosi cardiovascolare. In una recente sperimentazione in vitro, il resveratrolo ha dimostrato un effetto sugli adipociti associato ad un'attività antinfiammatoria, due azioni determinanti nell'insorgenza e nel decorso della sindrome metabolica che consegue all'obesità.
La fama del resveratrolo è cominciata nel 1992 quando divenne uno dei protagonisti del cosiddetto "French Paradox", un'espressione coniata per l'occasione dai ricercatori dell'Università di Bordeaux, in Francia , che per primi evidenziarono gli effetti benefici del consumo di vino rosso sul rischio d'insorgenza delle cardiovasculopatie aterosclerotiche.
Anni dopo, il resveratrolo, riaccese la fantasia dei ricercatori quando un gruppo di americani di Harvard evidenziò che il resveratrolo era in grado di allungare la sopravvivenza dei lieviti (microrganismi unicellulari fermentativi che si riproducono per gemmazione appartenenti al regno dei funghi) che sono utilizzati nella vinificazione per la fermentazione del mosto.
La fama del resveratrolo è cominciata nel 1992 quando divenne uno dei protagonisti del cosiddetto "French Paradox", un'espressione coniata per l'occasione dai ricercatori dell'Università di Bordeaux, in Francia , che per primi evidenziarono gli effetti benefici del consumo di vino rosso sul rischio d'insorgenza delle cardiovasculopatie aterosclerotiche.
Anni dopo, il resveratrolo, riaccese la fantasia dei ricercatori quando un gruppo di americani di Harvard evidenziò che il resveratrolo era in grado di allungare la sopravvivenza dei lieviti (microrganismi unicellulari fermentativi che si riproducono per gemmazione appartenenti al regno dei funghi) che sono utilizzati nella vinificazione per la fermentazione del mosto.
Vino rosso e obesità
Di recente il resveratrolo ha dimostrato nuovi effetti in vitro come medium di colture di cellule adipose provenienti da espianti da soggetti obesi.
Omega-3: anche i vegani ce li hanno
Nonostante la dieta abituale dei vegani (vegetariani stretti) sia caratterizzata da un bassissimo consumo di EPA e DHA, notoriamente presenti in notevoli quantità nelle carni di pesce, i loro livelli circolanti nel sangue sono più o meno gli stessi se si confronta il sangue dei vegani con quello di chi abitualmente mangia pesce e carne.
Questi, nella sostanza i risultati forniti da un lavoro sperimentale condotto allo scopo di analizzare i consumi di acidi grassi polinsaturi della serie omega-3 (PUFAs), e di correlare tali consumi con i livelli plasmatici di ALA, EPA, e DHA in soggetti carnivori e non carnivori vegetariani e vegani. Nella ricerca sono stati dapprima inclusi 14422 uomini e donne dai 39 e i 78 anni, tra i partecipanti allo studio EPIC – (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition) e successivamente selezionati 4902 soggetti nei quali erano stati misurati i livelli plasmatici dei PUFAs. E’ possibile dunque, spiegano gli autori, che vi sia un aumento dell’attività delle desaturasi nei vegetariani. Questi risultati sono meritevoli, secondo gli autori, di ulteriori conferme, in previsione di un’eventuale revisione delle RDA per chi segue una dieta priva di carni.
Questi, nella sostanza i risultati forniti da un lavoro sperimentale condotto allo scopo di analizzare i consumi di acidi grassi polinsaturi della serie omega-3 (PUFAs), e di correlare tali consumi con i livelli plasmatici di ALA, EPA, e DHA in soggetti carnivori e non carnivori vegetariani e vegani. Nella ricerca sono stati dapprima inclusi 14422 uomini e donne dai 39 e i 78 anni, tra i partecipanti allo studio EPIC – (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition) e successivamente selezionati 4902 soggetti nei quali erano stati misurati i livelli plasmatici dei PUFAs. E’ possibile dunque, spiegano gli autori, che vi sia un aumento dell’attività delle desaturasi nei vegetariani. Questi risultati sono meritevoli, secondo gli autori, di ulteriori conferme, in previsione di un’eventuale revisione delle RDA per chi segue una dieta priva di carni.
Fonte: American Journal of Clinical Nutrition November 2010, Volume 92, Number 5, Pages 1040-1051, doi:10.3945/ajcn.2010.29457
19 dicembre 2010
Dalle alghe un nuovo possibile ipoglicemizzante orale
17 dicembre 2010
CORSI TEORICO-PRATICI DI NUTRIZIONE
carissimi colleghi, sul sito www.shedas.it si trovano già i moduli per iscriversi ai Corsi per Nutrizionisti. Vi informiamo che a tutti coloro che si iscriveranno entro e non oltre il 15 gennaio sarà effettuato uno sconto su ciascuno dei corsi organizati da SHEDAS pari al 10% del costo unitario o totale, nel caso ci si iscriva ai due corsi. Tutte le info saranno pubblicate sul sito di SHEDAS, oppure potete chiamare ai numeri riportati sulla locandina o nel sito.
Un solo frutto per tanti benefici. Ecco come ci aiuta il melograno
Un solo frutto per tanti benefici
Ecco come ci aiuta il melograno
Autore Redazione Salute
Categoria Rimedi naturali
Gli antiossidanti concentrati soprattutto nel frutto del melograno esercitano un’interessante azione preventiva rivolta in particolare modo verso l’arteriosclerosi.
Il melograno (Punica granatum ) è una pianta originaria dell’Africa settentrionale e dei monti del Caucaso, largamente diffusa anche in tutto il Nord America.
Esistono diverse tesi sulla possibile derivazione del suo nome. La somiglianza ad una mela (dal latino pomum) ricca di semi (dal latino granatum) ha certamente contribuito alla coniazione del termine inglese pomgranate.
Anche nell’antica lingua francese, il termine pume granate confermerebbe la sua derivazione latina. Un’ulteriore interpretazione, sempre di matrice latina, ne collegherebbe l’idioma al luogo d’origine (da Malum punicum, appunto, melo di Cartagine). Gli usi tradizionali del melograno hanno radici molto antiche. Il melograno è descritto in un papiro datato addirittura 1550 a.C. (papiro di Ebers).
Anche Ippocrate ne descrisse le proprietà e parlò del melograno come di un vero e proprio rimedio medicamentoso. Nell’Antica Grecia, infatti, il melograno era prescritto come antinfiammatorio e per combattere i casi di diarrea cronica.
Nella medicina tradizionale invece veniva utilizzato per la cura di emorragie passive, ferite infette e sudori notturni. Le numerose proprietà benefiche attribuite dalla tradizione popolare sono state successivamente confermate dalla medicina ufficiale, che ha inoltre individuato altre interessanti potenzialità terapeutiche di questa pianta.
Tra le più importanti ricordiamo l’azione preventiva nei confronti dell’insorgenza dell’arteriosclerosi, l’attività antibatterica e l’attività antiossidante.
I composti fino ad oggi identificati nel melograno sono numerosi e molto diversi tra loro. Degna di segnalazione è soprattutto la presenza di composti di carattere fenolico contenuti nel succo, in particolar modo di acido ellagico.
Il regolare consumo di alimenti ricchi in componenti antiossidanti di carattere polifenolico comporta la diminuzione del rischio d’insorgenza delle malattie cardiovascolari. Gli antiossidanti concentrati soprattutto nel frutto esercitano un’interessante azione preventiva rivolta in particolare modo verso l’arteriosclerosi.
Un recente studio ha ad esempio evidenziato come il succo del melograno e l’olio ricavato dai suoi semi possiedano un potere antiossidante paragonabile a quello del thè verde (Camelia sinensis), nonchè significativamente superiore a quello del vino rosso da Vitis vinifera.
Le specie batteriche verso cui l’estratto del frutto intero di melograno ha provato la sua efficacia sono: Staphylococcus aureus, Escherichia coli, Aspergillum niger, Salmonella tiphy, Pseudomonas aeruginosa. Inoltre, l’acido ellagico presente nel melograno ha dimostrato di possedere un’attività inibente nei confronti della crescita di alcuni ceppi di batteri patogeni che colpiscono la cavità orale e periodontale. Il suo estratto, in virtù delle sue proprietà antiossidanti e preservanti l’ossidazione dei lipidi, potrebbe trovare interessanti applicazioni anche in campo alimentare.
Come è noto, infatti, i lipidi presenti nella carne cotta, in particolar modo i fosfolipidi, vanno facilmente incontro ad ossidazione. Questo, come la capacità naturale dei tannini di legare le proteine, potrebbe costituire dunque una motivazione scientifica alla tradizionale usanza dei popoli caucasici di aggiungere succo di melograno ai cibi a base di carne.
ECCO COME CI AIUTA IL MELOGRANO
CANCRO DELLA PELLE: Gli antiossidanti ed i polifenoli contenuti nel succo di melograno possono contrastare l’azione dei raggi ultravioletti (UV), che causano il cancro alla pelle, interferendo nei processi di proliferazione e nell’attacco delle cellule cancerose. E’ quanto affermato da studi sugli effetti antitumorali delle antocianine e dai tannini di cui è ricco il frutto.
PROBLEMI CARDIOVASCOLARI: Numerosi studi hanno dimostrato che il succo di melograno rallenta lo sviluppo dell’arteriosclerosi, abbassa la pressione sanguigna sistolica e migliora il profilo lipidico, diminuendo anche il rischio di malattie cardiovascolari. Il succo di melograno migliora la perfusione e riduce la pressione nei pazienti con stenosi carotidea.
ALZHEIMER: Un bicchiere al giorno di succo di melograno consente all’organismo di dimezzare le proteine killer responsabili del morbo di Alzheimer, questa è la conclusione a cui approda uno studio condotto negli USA.
ARTERIOSCLEROSI: Gli antiossidanti di carattere fenolico concentrati nel frutto e nei suoi annessi, esercitano un’interessante azione preventiva rivolta in particolar modo verso l’arteriosclerosi, condizione responsabile dell’80% delle morti tra i pazienti diabetici in America.
ARTRITE: Alcuni ricercatori della Case Western Reserve University hanno rilevato che le sostanze antiossidanti presenti nei melograni possono contrastare la osteoartrite. L’estratto dei frutti di melograno può inibire la degradazione della cartilagine e può essere un utile supplemento nutritivo per la funzionalità e l’integrità dell’articolazione.
MENOPAUSA: Il frutto del melograno potrebbe aiutare le donne a combattere alcuni disturbi della menopausa, come la depressione e la fragilità ossea. Sono i risultati di uno studio giapponese (Saitama Prefectural University), pubblicato sul Journal of Ethnopharmacology. I ricercatori hanno scoperto, infatti, che il succo di melograno, già noto per il suo prezioso contenuto di sostanze estrogeniche, si è rivelato efficace sugli animali di laboratorio.
Fonte: Rivista Tuttobene
Esistono diverse tesi sulla possibile derivazione del suo nome. La somiglianza ad una mela (dal latino pomum) ricca di semi (dal latino granatum) ha certamente contribuito alla coniazione del termine inglese pomgranate.
Anche nell’antica lingua francese, il termine pume granate confermerebbe la sua derivazione latina. Un’ulteriore interpretazione, sempre di matrice latina, ne collegherebbe l’idioma al luogo d’origine (da Malum punicum, appunto, melo di Cartagine). Gli usi tradizionali del melograno hanno radici molto antiche. Il melograno è descritto in un papiro datato addirittura 1550 a.C. (papiro di Ebers).
Anche Ippocrate ne descrisse le proprietà e parlò del melograno come di un vero e proprio rimedio medicamentoso. Nell’Antica Grecia, infatti, il melograno era prescritto come antinfiammatorio e per combattere i casi di diarrea cronica.
Nella medicina tradizionale invece veniva utilizzato per la cura di emorragie passive, ferite infette e sudori notturni. Le numerose proprietà benefiche attribuite dalla tradizione popolare sono state successivamente confermate dalla medicina ufficiale, che ha inoltre individuato altre interessanti potenzialità terapeutiche di questa pianta.
Tra le più importanti ricordiamo l’azione preventiva nei confronti dell’insorgenza dell’arteriosclerosi, l’attività antibatterica e l’attività antiossidante.
I composti fino ad oggi identificati nel melograno sono numerosi e molto diversi tra loro. Degna di segnalazione è soprattutto la presenza di composti di carattere fenolico contenuti nel succo, in particolar modo di acido ellagico.
Il regolare consumo di alimenti ricchi in componenti antiossidanti di carattere polifenolico comporta la diminuzione del rischio d’insorgenza delle malattie cardiovascolari. Gli antiossidanti concentrati soprattutto nel frutto esercitano un’interessante azione preventiva rivolta in particolare modo verso l’arteriosclerosi.
Un recente studio ha ad esempio evidenziato come il succo del melograno e l’olio ricavato dai suoi semi possiedano un potere antiossidante paragonabile a quello del thè verde (Camelia sinensis), nonchè significativamente superiore a quello del vino rosso da Vitis vinifera.
Le specie batteriche verso cui l’estratto del frutto intero di melograno ha provato la sua efficacia sono: Staphylococcus aureus, Escherichia coli, Aspergillum niger, Salmonella tiphy, Pseudomonas aeruginosa. Inoltre, l’acido ellagico presente nel melograno ha dimostrato di possedere un’attività inibente nei confronti della crescita di alcuni ceppi di batteri patogeni che colpiscono la cavità orale e periodontale. Il suo estratto, in virtù delle sue proprietà antiossidanti e preservanti l’ossidazione dei lipidi, potrebbe trovare interessanti applicazioni anche in campo alimentare.
Come è noto, infatti, i lipidi presenti nella carne cotta, in particolar modo i fosfolipidi, vanno facilmente incontro ad ossidazione. Questo, come la capacità naturale dei tannini di legare le proteine, potrebbe costituire dunque una motivazione scientifica alla tradizionale usanza dei popoli caucasici di aggiungere succo di melograno ai cibi a base di carne.
ECCO COME CI AIUTA IL MELOGRANO
CANCRO DELLA PELLE: Gli antiossidanti ed i polifenoli contenuti nel succo di melograno possono contrastare l’azione dei raggi ultravioletti (UV), che causano il cancro alla pelle, interferendo nei processi di proliferazione e nell’attacco delle cellule cancerose. E’ quanto affermato da studi sugli effetti antitumorali delle antocianine e dai tannini di cui è ricco il frutto.
PROBLEMI CARDIOVASCOLARI: Numerosi studi hanno dimostrato che il succo di melograno rallenta lo sviluppo dell’arteriosclerosi, abbassa la pressione sanguigna sistolica e migliora il profilo lipidico, diminuendo anche il rischio di malattie cardiovascolari. Il succo di melograno migliora la perfusione e riduce la pressione nei pazienti con stenosi carotidea.
ALZHEIMER: Un bicchiere al giorno di succo di melograno consente all’organismo di dimezzare le proteine killer responsabili del morbo di Alzheimer, questa è la conclusione a cui approda uno studio condotto negli USA.
ARTERIOSCLEROSI: Gli antiossidanti di carattere fenolico concentrati nel frutto e nei suoi annessi, esercitano un’interessante azione preventiva rivolta in particolar modo verso l’arteriosclerosi, condizione responsabile dell’80% delle morti tra i pazienti diabetici in America.
ARTRITE: Alcuni ricercatori della Case Western Reserve University hanno rilevato che le sostanze antiossidanti presenti nei melograni possono contrastare la osteoartrite. L’estratto dei frutti di melograno può inibire la degradazione della cartilagine e può essere un utile supplemento nutritivo per la funzionalità e l’integrità dell’articolazione.
MENOPAUSA: Il frutto del melograno potrebbe aiutare le donne a combattere alcuni disturbi della menopausa, come la depressione e la fragilità ossea. Sono i risultati di uno studio giapponese (Saitama Prefectural University), pubblicato sul Journal of Ethnopharmacology. I ricercatori hanno scoperto, infatti, che il succo di melograno, già noto per il suo prezioso contenuto di sostanze estrogeniche, si è rivelato efficace sugli animali di laboratorio.
Fonte: Rivista Tuttobene
15 dicembre 2010
poesia di Elisabetta dedicata a tutti i bambini
Sono mamma e voglio augurare
a tutti i bimbi un natale da non dimenticare
fatti di dolci, salute ed allegria
tanti doni e senza malinconia.
Auguro a te un po meno fortunato
un Natale molto spensierato
e la speranza con tutto il mio cuore
che tutto passi e regni buono umore
...che questo Natale sia per tutti pieno di amore
così da tenerlo stretto, stretto nel cuore
Elisabetta
14 dicembre 2010
Scoperta una nuova forma di allergia: tutto da rifare per la diagnosi di Attilio Speciani
Quanti hanno iniziato a starnutire, tossire, lacrimare o grattarsi piene di ponfi, e sono poi usciti dallo studio dell'allergologo con le pive nel sacco, sentendosi dire che non avevano nessuna allergia? Purtroppo sono tante, e la pratica quotidiana ci mette continuamente in contatto con persone che pur manifestando sintomi tipici dell'allergia, non riescono ad evidenziare nel loro sangue delle reazioni di tipo IgE. Le IgE, o immunoglobuline E, sono gli anticorpi scoperti ormai negli anni 60 dai coniugi Ishizaka, con cui si è pensato per tanti anni di catalogare l'allergia. Lo studio delle IgE è sicuramente utile, e in genere tutti gli episodi di reazione acuta, immediata, sono legati a questi anticorpi. Quando però si affronta il tema della infiammazione cronica, o delle allergie persistenti, oppure ancora dei fenomeni legati alla allergia e alla intolleranza alimentare, ci si scontra quasi sempre con la assenza di questi anticorpi, e con una serie di dubbi non da poco.
Come ha dimostrato Brandt in un bellissimo lavoro pubblicato nel 2006 sul Journal of Allergy and Clinical Immunology (Brandt EB et al, J Allergy Clin Immunol 2006 Aug;118(2):420-7), le intolleranze alimentari determinano spesso reazioni identiche a quelle allergiche, pure in assenza del classico meccanismo fino ad oggi conosciuto. In questi casi la diagnosi deve allora passare attraverso la ricerca di anticorpi o di reazioni cellulari diverse dalle IgE.
Noi infatti affrontiamo da anni questo tema utilizzando dei test non convenzionali, come ad esempio ALCAT e DRIA, che vannno effettivamente ad indagare la reazione che avviene tra un estratto di alimento e un gruppo di globuli bianchi (ALCAT) oppure la reazione che avviene tra l'intero sistema neuroimmunologico e il cibo (test DRIA).
Ma da qualche settimana una nuova scoperta scientifica, pubblicata su una delle riviste più autorevoli della allergologia mondiale, ha messo in subbuglio il mondo accademico: l'americano Fred Finkelman ha scoperto infatti che esistono almeno due differenti vie di attivazione della allergia. E lo stesso tipo di reazione evidente nei topolini (che hanno caratteristiche immunologiche molto simili a quella degli esseri umani), secondo la ricerca descritta sull'ultimo numero del Journal of Allergy and Clinical Immunology (Finkelman FD. J Allergy Clin Immunol 2007;120:506-15) dovrebbe essere applicabile anche agli esseri umani.
Significa che tutte le analisi allergologiche svolte fino ad oggi sono state , nella migliore delle ipotesi, parziali. Le tante persone che non hanno ricevuto diagnosi, perché sono state provate e testate solo le IgE, possono pensare che le indicazioni a loro date a quel punto fossero, quanto meno, non complete.
La descrizione di questa allergia a due vive, quella classica e quella alternativa, è troppo vicina al modello classico delle ipersensibilità alimentari ritardate (intolleranze) perché non ci stimoli a pensare che questo sia (come già anticipato da Sampson) un modello sempre presente nell'organismo, più o meno affiancato alla reazione di tipo IgE.
Infatti i due tipi di reazione dipendono da:
E per quanto riguarda la gestione delle allergie, gli allergologi dovranno, da oggi, confrontarsi con un pezzo di realtà scientifica in più, e non potranno sottrarsi alla sistematica domanda dei pazienti, di andare cioè al di là della immediatezza diagnostica delle IgE.
Per lo studio delle allergie alimentari ritardate (intolleranze) non possiamo che ribadire la necessità di uno studio diagnostico che valuti la reattività cellulare. I risultati avuti fino ad oggi ci confermano, con l'evidenza scientifica della nuova scoperta, che eravamo nel giusto.
Dottor Attilio Speciani
immunologo e allergologo clinico
Come ha dimostrato Brandt in un bellissimo lavoro pubblicato nel 2006 sul Journal of Allergy and Clinical Immunology (Brandt EB et al, J Allergy Clin Immunol 2006 Aug;118(2):420-7), le intolleranze alimentari determinano spesso reazioni identiche a quelle allergiche, pure in assenza del classico meccanismo fino ad oggi conosciuto. In questi casi la diagnosi deve allora passare attraverso la ricerca di anticorpi o di reazioni cellulari diverse dalle IgE.
Noi infatti affrontiamo da anni questo tema utilizzando dei test non convenzionali, come ad esempio ALCAT e DRIA, che vannno effettivamente ad indagare la reazione che avviene tra un estratto di alimento e un gruppo di globuli bianchi (ALCAT) oppure la reazione che avviene tra l'intero sistema neuroimmunologico e il cibo (test DRIA).
Ma da qualche settimana una nuova scoperta scientifica, pubblicata su una delle riviste più autorevoli della allergologia mondiale, ha messo in subbuglio il mondo accademico: l'americano Fred Finkelman ha scoperto infatti che esistono almeno due differenti vie di attivazione della allergia. E lo stesso tipo di reazione evidente nei topolini (che hanno caratteristiche immunologiche molto simili a quella degli esseri umani), secondo la ricerca descritta sull'ultimo numero del Journal of Allergy and Clinical Immunology (Finkelman FD. J Allergy Clin Immunol 2007;120:506-15) dovrebbe essere applicabile anche agli esseri umani.
Significa che tutte le analisi allergologiche svolte fino ad oggi sono state , nella migliore delle ipotesi, parziali. Le tante persone che non hanno ricevuto diagnosi, perché sono state provate e testate solo le IgE, possono pensare che le indicazioni a loro date a quel punto fossero, quanto meno, non complete.
La descrizione di questa allergia a due vive, quella classica e quella alternativa, è troppo vicina al modello classico delle ipersensibilità alimentari ritardate (intolleranze) perché non ci stimoli a pensare che questo sia (come già anticipato da Sampson) un modello sempre presente nell'organismo, più o meno affiancato alla reazione di tipo IgE.
Infatti i due tipi di reazione dipendono da:
- via classica, modulata dalle IgE, dall'istamina, stimolata da piccole quantità di antigene, in presenza anche di basse quantità di anticorpi
- via alternativa, modulata dalle IgG, da un gruppo di globuli bianchi (macrofagi), stimolata da grandi quantità di antigeni, ripetute per più tempo, in presenza di quantità importanti di anticorpi.
E per quanto riguarda la gestione delle allergie, gli allergologi dovranno, da oggi, confrontarsi con un pezzo di realtà scientifica in più, e non potranno sottrarsi alla sistematica domanda dei pazienti, di andare cioè al di là della immediatezza diagnostica delle IgE.
Per lo studio delle allergie alimentari ritardate (intolleranze) non possiamo che ribadire la necessità di uno studio diagnostico che valuti la reattività cellulare. I risultati avuti fino ad oggi ci confermano, con l'evidenza scientifica della nuova scoperta, che eravamo nel giusto.
Dottor Attilio Speciani
immunologo e allergologo clinico
13 dicembre 2010
Per Natale niente albicocche australiane...
Secondo lo studio dell'organizzazione agricola negli ultimi dieci anni si e' assistito in Italia ad una crescita esponenziale degli sbarchi di frutta straniera ''contro'' stagione, come le more dal Messico (+6.100%), i mirtilli dall'Argentina (+560%) o le ciliegie dal Cile (+122%) i cui arrivi si concentrano proprio nel periodo di Natale. Il consumo durante le feste di fine anno di prodotti fuori stagione provenienti di migliaia di chilometri di distanza e' - sottolinea la Coldiretti - una tendenza in forte ascesa che concorre a far saltare il budget dei cenoni, con prezzi superiori ben oltre le dieci volte quelli di mele, pere, kiwi, uva, arance e clementine Made in Italy. Un'usanza che ''appare del tutto ingiustificata, perche' si tratta spesso di prodotti poco gustosi e saporiti, essendo stati raccolti ad un grado di maturazione incompleto per poter resistere a viaggi di migliaia di chilometri percorsi su mezzi inquinanti che liberano nell'aria gas ad effetto serra''.
Le albicocche dall'Australia, le ciliegie e le pesche dal Cile e i mirtilli argentini occupano il podio della top ten dei cibi che sprecano energia e inquinano il Natale. E' stato calcolato che - sottolinea la Coldiretti - un chilo di albicocche australiane viaggiano per oltre 16.000 km, bruciano 9,4 chili di petrolio e liberano 29,3 chili di anidride carbonica, un chilo di ciliegie dal Cile per giungere sulle tavole italiane deve percorrere quasi 12mila chilometri con un consumo di 6,9 chili di petrolio e l'emissione di 21,6 chili di anidride carbonica, mentre un chilo di mirtilli dall'Argentina deve volare per piu' di 11.000 chilometri con un consumo di 6,4 kg di petrolio che liberano 20,1 chili di anidride carbonica. Tra i prodotti piu' diffusi che rischiano di ''inquinare il Natale'' ci sono anche - continua la Coldiretti - le angurie del Brasile, le more dal Messico, gli asparagi dal Peru', i meloni dal Guadalupe e i fagiolini dall'Egitto. E per alcuni di questi prodotti - conclude la Coldiretti - non ci sono solo problemi per motivi ambientali, ma ci sono anche perplessità di carattere sanitario.
12 dicembre 2010
I prodotti con il marchio Coop, Esselunga, Auchan... sono spesso uguali a quelli di Granarolo, Agnesi, Ponti, Scottex, Galbusera.
Prodotti uguali ma prezzi diversi ?
Gli esperti di marketing li chiamano "private label", ma i consumatori li conoscono come prodotti con il marchio del supermercato. La Coop ne ha 2500, Esselunga 1800, mentre nei punti vendita Auchan, Conad, Carrefour, Gs se ne trovano oltre mille.
Si tratta di salumi, biscotti, pasta, salsa di pomodoro, olio, aceto, marmellate ... e persino pannolini e carta igienica. Spesso sono prodotti da aziende leader di mercato che espongono i loro articoli sullo scaffale a pochi centimetri di distanza.
Qualche esempio? Cominciamo con Granarolo che produce latte e yogurt per alcune insenge di supermercati, Agnesi confeziona la pasta, Monini l'olio, Maia le uova e poi c'è Ponti, Sammontana, Santa Rosa.... Capire che i prodotti firmati dai supermercati sono simili a quelli delle grandi marche non è facilissimo.
Per farlo bisogna controllare il nome e l'indirizzo dell'azienda produttrice e confrontare l'elenco degli ingredienti.
Vediamo qualche caso.
Il riso Carnaroli della Coop e il riso Carnaroli firmato dalla Scotti hanno un formato pressoché identico e sono confezionati nello stesso stabilimento. Per l'aceto Ponti il discorso è analogo. In questo caso cambia il formato della bottiglia, ma il contenuto sembra uguale. Anche l'indirizzo sui rotoli della carta igienica Scottex e su quelli di Coop è identico.
Cambiamo supermercato. La salsa di pomodoro in bottiglia di vetro firmata Esselunga è confezionata nello stabilimento dove si produce la polpa di pomodoro Santa Rosa. Le uova Esselunga e le uova Maia sono confezionate in un unico centro. Il discorso potrebbe continuare con i biscotti Galbusera, lo yogurt Mila e altri ...
Certo i prodotti provenienti dallo stesso stabilimento non sono necessariamente uguali, basta modificare la materia prima per ottenere una marmellata con meno frutta o una pasta con meno proteine. Se però si confronta l'elenco degli ingredienti e la tabella nutrizionale si scopre che spesso i prodotti con il marchio dei supermercati sono identici a quelli con marchi famosi oppure le differenze sono marginali.
Aquesto punto la cosa più interessante è il prezzo che risulta inferiore del 25-30%.
ilfattoalimentare
Gli esperti di marketing li chiamano "private label", ma i consumatori li conoscono come prodotti con il marchio del supermercato. La Coop ne ha 2500, Esselunga 1800, mentre nei punti vendita Auchan, Conad, Carrefour, Gs se ne trovano oltre mille.
Si tratta di salumi, biscotti, pasta, salsa di pomodoro, olio, aceto, marmellate ... e persino pannolini e carta igienica. Spesso sono prodotti da aziende leader di mercato che espongono i loro articoli sullo scaffale a pochi centimetri di distanza.
Qualche esempio? Cominciamo con Granarolo che produce latte e yogurt per alcune insenge di supermercati, Agnesi confeziona la pasta, Monini l'olio, Maia le uova e poi c'è Ponti, Sammontana, Santa Rosa.... Capire che i prodotti firmati dai supermercati sono simili a quelli delle grandi marche non è facilissimo.
Per farlo bisogna controllare il nome e l'indirizzo dell'azienda produttrice e confrontare l'elenco degli ingredienti.
Vediamo qualche caso.
Il riso Carnaroli della Coop e il riso Carnaroli firmato dalla Scotti hanno un formato pressoché identico e sono confezionati nello stesso stabilimento. Per l'aceto Ponti il discorso è analogo. In questo caso cambia il formato della bottiglia, ma il contenuto sembra uguale. Anche l'indirizzo sui rotoli della carta igienica Scottex e su quelli di Coop è identico.
Cambiamo supermercato. La salsa di pomodoro in bottiglia di vetro firmata Esselunga è confezionata nello stabilimento dove si produce la polpa di pomodoro Santa Rosa. Le uova Esselunga e le uova Maia sono confezionate in un unico centro. Il discorso potrebbe continuare con i biscotti Galbusera, lo yogurt Mila e altri ...
Certo i prodotti provenienti dallo stesso stabilimento non sono necessariamente uguali, basta modificare la materia prima per ottenere una marmellata con meno frutta o una pasta con meno proteine. Se però si confronta l'elenco degli ingredienti e la tabella nutrizionale si scopre che spesso i prodotti con il marchio dei supermercati sono identici a quelli con marchi famosi oppure le differenze sono marginali.
Aquesto punto la cosa più interessante è il prezzo che risulta inferiore del 25-30%.
venerdì 05 febbraio 2010
09 dicembre 2010
08 dicembre 2010
07 dicembre 2010
Il resveratrolo, attivo contro i radicali liberi
Il resveratrolo ha da tempo attirato l’interesse tra i ricercatori che si occupano di prevenzione delle patologie o di come rallentare l’invecchiamento.
Il resveratrolo si può trovare nel vino, e la sua presenza ha reso molte ricerche favorevoli alla questa bevanda, suscitando un ovvio entusiamo da parte degli appassionati.
Non di rado, infatti, capita di assistere a servizi televisivi, o di leggere articoli su riviste di ampia diffusione che tessono gli elogi di un consumo costante del prodotto, ma pensare di contrastare l’infarto o l’invecchiamento bevendo vino è una palese esagerazione.
Ma cerchiamo di capire innanzi tutto di cosa stiamo parlando quando ci riferiamo al resveratrolo.
Questa sostanza appartiene alla famiglia di composti polifenolici ed è presente negli acini dell’uva, nel vino, in alcune bacche e semi oleosi come l’arachide e in particolari piante (la medicina tradizionale asiatica, ad esempio, prevede l’utilizzo della Polygonum cuspidatum, particolarmente ricca di resveratrolo, per curare i disturbi al cuore e al fegato.
Questa sostanza appartiene alla famiglia di composti polifenolici ed è presente negli acini dell’uva, nel vino, in alcune bacche e semi oleosi come l’arachide e in particolari piante (la medicina tradizionale asiatica, ad esempio, prevede l’utilizzo della Polygonum cuspidatum, particolarmente ricca di resveratrolo, per curare i disturbi al cuore e al fegato.
Nell’uva il composto è contenuto all’interno dei semi e della buccia, mentre il contenuto nel vino dipende dalla pianta della vite, dalla posizione geografica di coltivazione e dal tempo di fermentazione.
Come conseguenza, la quantità dipende dal tipo di vino ed è maggiore nel vino rosso che in quello bianco o rosato.
Le attività biologiche di questa sostanza sono diverse. Essendo sostanza antinvecchiamento, il resveratrolo è considerato un antiossidante, attivo quindi contro alcuni radicali liberi, che impedisce l’ossidazione del colesterolo LDL. Questo primo effetto è quindi alla base della motivazione di chi sostiene la sua efficacia contro l’invecchiamento e nella riduzione del rischio cardiovascolare.
L’effetto antinfiammatorio sarebbe invece supportato dalle capacità del resveratrolo di inibire alcune reazioni, come la ciclo-ossigenasi, esattamente come fanno i più classici antinfiammatori.
Oggi si sa anche che aumenta i livelli di Interleuchina 10, facilitando una azione di controllo delle allergie, delle intolleranze alimentari e delle malattie immunitarie.
Le proprietà antiossidanti, antibatteriche ed antivirali del resveratrolo sono solo l’ultima delle conferme scientifiche sull’importanza di una corretta alimentazione nel rafforzamento delle difese immunitarie necessarie a prevenire e combattere anche il virus influenzale.
A tal proposito, un adeguato regime alimentare deve basarsi su un consumo costante di frutta (l’uva) e verdura, che è ricca di antiossidanti, ma anche di latte, uova, alimenti ricchi di elementi probiotici (yogurt) nonché formaggi come il parmigiano. Secondo alcuni esperti va tenuto in debita considerazione anche l’aglio, che contiene una sostanza, l’allicina, particolarmente attiva nella prevenzione delle malattie.
Fonte: rivista Tuttobene
03 dicembre 2010
ENDOMETRIOSI E ALIMENTAZIONE
ENDOMETRIOSI E OMEGA3
L'ultimo caso in ordine di tempo riguarda l'endometriosi e la relazione esistente tra alimentazione e insorgenza di questa patologia.
Ne soffrono, solo in Italia, circa 3 milioni di donne. Si tratta di una patologia complessa e ad andamento cronico, caratterizzata da presenza anomala di tessuto all'interno dell'utero (può interessare i distretti più prossimi all'utero: ovaie, tube, peritoneo, vagina, intestino) che può condurre a infertilità. Ad oggi non si è giunti ad individuare una cura definitiva, ma è certamente possibile agire in termini di prevenzione.
Gli studiosi della Harvard Medical School di Boston hanno pubblicato i risultati del proprio studio sulle pagine di Human Reproduction.
La ricerca ha coinvolto 70.000 donne osservate nell'arco di 12 anni durante i quali i ricercatori, guidati da Stacey Missmer, hanno esaminato il collegamento tra la dieta abituale delle donne e l’incidenza dell’endometriosi.
La ricerca ha coinvolto 70.000 donne osservate nell'arco di 12 anni durante i quali i ricercatori, guidati da Stacey Missmer, hanno esaminato il collegamento tra la dieta abituale delle donne e l’incidenza dell’endometriosi.
I risultati hanno evidenziato che per le donne che assumevano la più elevata quantità di acidi grassi omega-3, il rischio di endometriosi si riduceva del 22% rispetto alle altre donne.
Non solo, lo studio ha anche osservato come un eccessivo consumo di grassi trans (comunemente definiti “grassi cattivi”) contribuisse ad aumentare del 48% il rischio di endometriosi.
I ricercatori della HMS non sono al momento in grado di determinare l’esatta correlazione tra i due fattori, ma nel frattempo si mostrano soddisfatti per i risultati ottenuti (anche se la correlazione tra omega3 ed riduzione dell'endometriosi è da tempo nota e in particolare attribuibile alla relazione tra acidi grassi omega 3 e metabolismo delle prostaglandine PGE1).
ENDOMETRIOSI E ALIMENTAZIONE
Una dieta equilibrata a base di alimenti integrali e biologici ricca di acidi grassi omega-3 favorisce la prevenzione dell’endometriosi.
Sottolineo integrali e biologici per il semplice fatto che i cibi raffinati sono depauperati delle loro poprietà nutritive e che i cibi non biologici sono poveri a livello nutrizionale e carichi di residui di pesticidi e diserbanti chimici.
Sottolineo integrali e biologici per il semplice fatto che i cibi raffinati sono depauperati delle loro poprietà nutritive e che i cibi non biologici sono poveri a livello nutrizionale e carichi di residui di pesticidi e diserbanti chimici.
Omega 3: un aumentato consumo di acidi grassi omega 3 promuove la produzione della prostaglandina PGE1 che riduce il livello di infiammazione addominale determinato dalla endometriosi. Si consiglia un incremento di consumo nella dieta di: olio extravergine di oliva e oli vegetali (lino e canapa i più ricchi in Omega3) usati a crudo, noci e semi oleosi (lino, girasole, canapa, noci, zucca), pesce azzurro pescato.
Ricchi in omega 3 anche gli olii di pesce che personalmente continuo a sconsigliare per la presenza dei residui chimici usati per l'estrazione e per il crescente inquinamento in metalli pesanti specialmente nei pesci grassi da cui questi acidi grassi vengono estratti.
Le fibre: è noto che un aumentato consumo di fibre nella dieta aiuta la digestione ed il buon funzionamento dell’intestino.
L’aumentato consumo di fibre determina una riduzione degli estrogeni circolanti nel sangue con un minore impatto sui tessuti estrogeno dipendenti.
Pertanto è opportuno mettere alla base dell'alimentazione il consumo di: cereali integrali (riso, orzo, farro ecc..), frutta e verdura, legumi.
L’aumentato consumo di fibre determina una riduzione degli estrogeni circolanti nel sangue con un minore impatto sui tessuti estrogeno dipendenti.
Pertanto è opportuno mettere alla base dell'alimentazione il consumo di: cereali integrali (riso, orzo, farro ecc..), frutta e verdura, legumi.
Tra le verdure in particolare quelle ricche di flavoni (pigmenti gialli, dalla tossicità quasi nulla che costituiscono la vitamina P, attiva nel regolarizzare le contrazioni e la frequenza cardiaca, la vasodilatazione delle coronirie, la pressione arteriosa, le funzioni intestinali e dell'utero, la secrezione biliare, il ricambio del calcio) quali sedano, prezzemolo e timo da consumare freschi e crudi.
Sono particolarmente indicate le verdure appartenenti alla famiglia delle Crocifere (broccoli, cavolfiori, crauti, cavoletti di bruxelles), grazie al contenuto in indolo-3-carpinolo, naturale regolatore del metabolismo degli estrogeni e agente antitumorale.
Latte e derivati: tali prodotti possono contribuire alla stimolazione della produzione di prostaglandine PGE2 e PGF2A, responsabili di alcuni processi infiammatori. Si consiglia pertanto una assunzione estremamente ridotta di tali cibi.
Carni e grassi di origine animale: stesso discorso fatto per i latticini in quanto anche il consumo di carni (specialmente carni rosse e insaccati) e pesci da allevamento promuove la produzione di PGF2A. Inoltre se industriali tali cibi possono contenere dosi elevate di inquinanti ambientali, in particolare la presenza di diossine nelle carni non biologiche da allevamento intensivo è dimostrato assumere un ruolo determinante nell'insorgenza dell'endometriosi.
Caffè e fumo: Tra le sostanze eccitanti di uso comune andrebbero evitate quelle contenute in caffè e fumo. In particolare caffeina e nicotina, tra i numerosi effetti acuti sul sistema endocrino, stimolano il rilascio di cortisolo e adrenalina: questo meccanismo ripetuto continuamente con l'assunzione di dosi quotidiane delle sostanze eleva il livello di stress psicofisico con tutto quello che ne consegue in generale e in particolare su patologie ad andamento cronico come l'endometriosi.
Altri alimenti da ridurre :
- alcool,
- cioccolato,
- grassi saturi,
- burro e margarina,
- bevande ad alto contenuto di zucchero,
- carboidrati raffinati (pane e pasta bianca, merendine confezionate, prodotti da forno non integrali in genere).
- alcool,
- cioccolato,
- grassi saturi,
- burro e margarina,
- bevande ad alto contenuto di zucchero,
- carboidrati raffinati (pane e pasta bianca, merendine confezionate, prodotti da forno non integrali in genere).
Da evitare: tutti i prodotti a base di soia per il loro contenuto di fitoestrogeni.
Stile di vita: periodi di stress prolungato portano a uno squilibrio dei livelli di cortisolo al quale si accompagna l'abbassamento dei livelli di progesterone, condizione questa può favorire l'insorgenza dell'endometriosi.
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