10 aprile 2015

Emicrania: alimentazione tra le cause primarie di Attilio Speciani

La relazione tra emicrania e alimentazione ha superato le limitative classificazioni dell'emicrania da ristorante cinese (eccesso di glutammato nei cibi) o dell'emicrania scatenata da cioccolato o da vino. 

Le cause del dolore cefalico sono ormai molto più chiare se si valuta il preesistente stato di infiammazione su cui si innesta la reazione dolorosa. Nella maggior parte dei casi si tratta del superamento di un livello di soglia, stimolato magari dal glutammato, da un gamberetto o dai solfiti del vino, che agiscono come una "goccia che fa traboccare il vaso". 

L'infiammazione legata a stimoli provenienti dal quotidiano, come quelli dovuti a cibo, farmaci o stimoli tossicologici ripetuti, diventa quindi la causa primaria del fenomeno. 
Il rumore, il freddo e lo stress possono allora diventare gli stimoli finali che scatenano la crisi emicranica non certo per un loro effetto specifico ma per l'aggiunta di uno stimolo irritativo a un'infiammazione diffusa che rende reattive tutte le strutture dell'organismo. 

Ci sono alcuni importanti lavori che hanno correlato emicrania e alimentazione con questo innovativo paradigma. Il più recente, pubblicato da Alpay1 su Cephalalgiadescrive l'efficacia terapeutica di un test di valutazione delle IgG (come ad esempio Recaller o Biomarkers, oggi diffusi in Italia) e del relativo profilo alimentare individuale per la cura dell'emicrania. Gli anticorpi IgG verso alimenti sono indicatori di un'eccessiva assunzione2 del rispettivo gruppo alimentare e non esprimono certo una reazione avversa al cibo stesso, che rimane, secondo la teoria evoluzionistica, la fonte primaria di energia. 
Nel lavoro di Alpay, il controllo dietetico degli alimenti verso cui esisteva un aumentato livello di IgG ha portato in breve tempo alla significativa riduzione delle crisi emicraniche. 
Si tratta di uno dei primi lavori randomizzati, controllati e in doppio cieco svolti in questo campo. 

Riferendoci alla reattività al glutine non celiaca, Gluten sensitivity (descritta suNutrizione33), impressiona pensare che questa chiave di lettura fosse già stata descritta su Neurology nel 20013 e addirittura ripresa da Ford4 su Medical Hypothesisnel 2009, arrivando a parlare di "Gluten Syndrome" per i forti risvolti neurologici indotti dalla ingestione di un particolare alimento. 

Oggi sappiamo che l'emicrania non è prerogativa di una reattività al glutine ma che il glutine ne è spesso causa anche in soggetti non celiaci. Qualsiasi alimento è in grado, se usato in eccesso, di determinare reazioni infiammatorie che portano anche all'emicrania. L'impostazione diagnostica e quella terapeutica devono quindi prendere atto di queste conoscenze per una corretta ed efficace gestione del disturbo. 

1. Alpay K et al, Cephalalgia. 2010 Jul;30(7):829-37. Epub 2010 Mar 10
2. Ligaarden SC et al, BMC Gastroenterol.2012 Nov 21;12:166. doi: 10.1186/1471-230X-12-166
3. Hadjivassiliou M et al, Neurology 2001 Feb 13;56(3):385-388
4. Ford RP. Med Hypotheses. 2009 Sep;73(3):438-40

Attilio Speciani

Olio di pesce e chemioterapia: coesistenza incompatibile





Mangiare aringhe e sgombri o altre fonti di olio di pesce aumenta i livelli di acidi grassi polinsaturi (Pufa) n-3, che secondo esperimenti sui modelli murini potrebbero indurre resistenza alla chemioterapia nel trattamento del cancro. Questo è quanto conclude uno studio pubblicato su Jama oncology coordinato da Emile Voest del Cancer institute Netherlands ad Amsterdam. «I malati di tumore adottano spesso modifiche dello stile di vita che includono l'uso di integratori» esordisce il ricercatore, sottolineando la crescente preoccupazione riguardo l'assunzione di integratori durante la somministrazione di antitumorali, nonché sulla possibile interferenza in termini di risultati del trattamento. Così Voest e coautori hanno esaminato gli effetti dell'esposizione ai Pufa provenienti dal pesce o dall'olio di pesce tra i pazienti sottoposti a cure anticancro, reclutando anche cinquanta volontari sani per esaminare i livelli ematici di acidi grassi dopo l'ingestione di Pufa. «Tra i 118 malati di tumore che hanno risposto a un sondaggio circa l'uso di integratori alimentari, il 30% riferiva l'uso regolare, e l'11% occasionale, di integratori contenenti acidi grassi omega-3» riprendono gli autori, che hanno rilevato un aumento dei livelli ematici di Pufa n-3 nei soggetti sani che avevano assunto la dose giornaliera raccomandata di 10 ml di olio di pesce, con quasi completa normalizzazione otto ore dopo. Più lenta, ovviamente, è stata la normalizzazione dopo una dose di 50 ml. Anche mangiare 100 grammi di aringhe e sgombri aumenta i livelli ematici di Pufa n-3, mentre il tonno non ne influenza in alcun modo i livelli ematici e il salmone provoca un picco ridotto e di breve durata. 
«Questi risultati sono in linea con la crescente consapevolezza dell'attività biologica di diversi acidi grassi, mettendo in guardia sull'uso simultaneo della chemioterapia e dell'olio di pesce» aggiunge Voest. 












JAMA Oncol 2015. doi:10.1001/jamaoncol.2015.0388