Mi occupo di Nutrizione per patologie accertate, Lipedema, Policistosi Ovarica, Intolleranze Alimentari, Disbiosi, Dieta Chetogenica su misura. Ricevo a Messina e Catania. In queste pagine offro consigli nutrizionali, ricette per tutti coloro che si interessano di Dieta, Nutrizione e Salute. Sono disponibile a consulenze online. Questo blog è collegato alla pagina Facebook Camice&Mestoli ed Instagram Bionutrizionistacacciola
09 settembre 2012
04 settembre 2012
Meccanismo epigenetico della vitamina D contro l'infiammazione
Si stima che oltre il 50% della popolazione europea abbia una carenza di vitamina D. La carenza di vitamina D, oltre ad aumentare il rischio di insorgenza di alcuni disturbi come ad esempio l'osteoporosi, è correlata a numerosi disturbi infiammatori tuttavia non era stato fino ad oggi chiarito il meccanismo d'azione attraverso il quale la vitamina D contrastasse l'infiammazione. Zhang Y et al. hanno studiato gli effetti inibitori della vitamina D sulla risposta infiammatoria stimolata dal lipopolisaccaride LPS sui monociti circolanti e hanno indagato il potenziale meccanismo d'azione della vitamina D.
E' stato osservato che due forme di vitamina D (1,25(OH)2D3 e 25(OH)D3 ) in misura dose dipendente hanno inibito la fosforilazione della p38 (una chinasi citosolica del monocita che può attivare specifici fattori di trascrizione) indotta dal LPS a concentrazioni fisiologiche e hanno inibito la produzione di IL-6 e TNF-α da parte dei monociti. In seguito al trattamento con vitamina D è risultata significativamente sovra-regolata l'espressione della fosfatasiMAPK-1 in monociti umani e in macrofagi midollari del topo. Erano già dimostrati l'incremento del legame della vitamina D al recettore e l'aumento dell'acetilazione dell'istone H4 all'elemento di risposta alla vitamina D dei promotori MPK-1 (l'acetilazione degli istoni e la metilazione del DNA sono possibili meccanismi provocante effetti epigenetici*).
Questo studio ha ora identificato la sovra-regolazione della MKP-1 da parte della vitamina D come nuova via attraverso la quale la vitamina D inibisce la produzione di citochine ed inibisce l'attivazione della p38 indotta dal Lipopolisaccaride LPS nei monociti e nei macrofagi.
* L'epigenetica studia i meccanismi molecolari mediante i quali l'ambiente altera il grado di espressione dei geni senza tuttavia modificare l'informazione contenuta, ossia senza modificare la sequenza del DNA.
Bibliografia: Zhang Y. et al. 'Vitamin D inhibits monocyte/macrophage proinflammatory cytokine production by targeting MAPK Phosphatase-1' The Journal of Immunology 1012,188 (5): 2127-2135
31 agosto 2012
Vitamina D3 e Alzheimer
Un gruppo di ricercatori ha identificato il meccanismo intracellulare regolato dalla vitamina D3 che potrebbe aiutare il corpo a 'pulire' il cervello dal beta-amiloide, il principale componente delle placche associate al morbo di Alzheimer.
I risultati della ricerca, pubblicati nel Journal of Alzheimer's Disease, mostrano come la vitamina D3 possa attivare geni chiave e una rete di segnali cellulari che aiutano a stimolare il sistema immunitario a contrastare la proteina beta-amiloide. Questo studio evidenzia che la vitamina D, nei pazienti con morbo di Alzheimer, stimola i macrofagi a fagocitare il beta amiloide attraverso segnali genomici e non genomici. La clearance cerebrale del beta-amiloide ad opera dei macrofagi è necessaria per il mantenimento della normale funzionalità cerebrale. Questo processo di fagocitosi è carente in pazienti con morbo di Alzheimer.
Sono stati identificati due tipi di macrofagi nei pazienti con morbo di Alzheimer: macrofagi di tipo I e di tipo II. I ricercatori hanno evidenziato che la funzionalità dei macrofagi di tipo I può essere migliorata con vitamina D3 e curcuminoidi; i macrofagi di tipo II sono stati stimolati dalla sola vitamina D3. In particolare la vitamina D3 supporta la trascrizione di geni che codificano per il canale del cloro e del recettore della vitamina D3 nei macrofagi di tipo II. Il ripristino della fagocitosi del beta-amiloide nei macrofagi di tipo II ad opera della vitamina D3 è dipendente dal calcio e da un segnale che coinvolge una proteina chinasi attivata da mitogeni (MPAPK).
Bibliografia: Mizwicki MT et al. 'Genomic and nongenomic signaling induced by 1α,25(OH)2-Vitamin D3 promotes the recovery of amyloid-β phagocytosis by Alzheimer's disease macrophages' Journal of Alzheimer's Disease 2012: 51-62
OMOCISTEINA - scopriamo questo aminoacido
L'omocisteina viene oggi considerata come uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare.
Un alto tasso di omocisteina aumenta difatti di tre volte il rischio di ictus o infarto cardiaco.
Un suo aumento è determinato dalla carenza di vitamine del gruppo B (soprattutto acido folico, ma anche vitamine B6 e Vitamina B12).
Per questo motivo la somministrazione di acido folico diventa indispensabile nelle persone ad alto rischio vascolare.
L'acido folico è molto abbondante: nelle foglie verde scure, nel lievito, nel germe di grano, nei fagioli.
In gravidanza può esistere un deficiente apporto di acido folico, ciò induce rischio di spina bifida e di palatoschisi nei neonati.
Esiste nell'alimentazione attuale una diffusa carenza vitaminica, e pertanto diventa sempre più utile assumere sette, otto pasti di frutta e verdura cruda al giorno.
Alla luce delle conoscenze attuali il trattamento dell 'iperomocisteinemia prevede la somministrazione di acido folico 0,5 mg al giorno, di vitamina B6, (50 mg al giorno) più vitamina B12 (1 mg / die).
Contenuto in metionina dei principali alimenti ( grammi di aminoacido per 16 grammi di azoto):
- uva = 3,4
- pesche = 3,8
- albume di uovo = 3,5
- latte di mucca = 2,9
- pesce = 2,9
- manzo = 2,7
- pollo = 2,4
- crostacei =2,9
Sembra inoltre che la birra contrasti la formazione di omocisteina, per l'alto contenuto di vitamina B6.
Una pinta di birra al giorno ci protegge da attacchi al cuore ben più di un bicchiere di vino rosso o di altri alcolici: lo afferma un team di ricercatori olandesi in uno studio pubblicato a Londra dalla rivista scientifica “Lancet". Questo comunque non è un buon motivo per alzare troppo il gomito! E' sempre meglio optare per la moderazione.
21 agosto 2012
N-Acetilcistina terclatrata (c-NAC): nuova fonte per rigenerare il glutatione, il più potente antiossidante fisiologico a cura del dott. M. Radaelli (Saint George University, Milano-Darfo Boario)
Glutatione
Sappiamo da tempo che il Glutatione può
proteggere l'organismo dalla esposizione
a radiazioni ionizzanti, oltre che dagli effetti nocivi legati alla assunzione
di metalli pesanti.
Il glutatione è un tripeptide,
costituito da acido glutammico, cisteina
e glicina: la sua composizione chimica conferisce elevata capacità
ossidoriduttiva
Il glutatione entra nella composizione di un gruppo
di enzimi ad azione antiossidante (glutatione perossidasi):
questi enzimi catalizzano la neutralizzazione
del perossido di idrogeno (potente radicale libero) e di altri perossidi.
Glutatione ridotto (2 G-SH) +
Perossido di idrogeno (H2O2) → Glutatione ossidato
(G-S-S-G) + 2 H2O
2 G-SH + ROOH ----> GSSG + ROH
+ H2O
In pratica il glutatione ridotto cede il suo idrogeno
(H+), che funge da accettore di elettroni proveniente da molecole reattive
dell'ossigeno (radicali liberi).
Svolta la sua funzione il glutatione
ossidato, per riacquistare la propria attività, deve tornare nella forma
ridotta, per azione di un enzima NADPH
dipendente (glutatione redattasi): per questa capacità di rigenerarsi il
glutatione è considerato il più potente antiossidante fisiologico.
Il rapporto “fisiologico” fra glutatione
ridotto e glutatione ossidato è intorno
a 9:1; una diminuzione è indice di stress ossidativo.
Il
glutatione è particolarmente concentrato nel fegato, dove protegge gli epatociti da molecole
tossiche di origine esogena: in questo caso, il glutatione, una volta espletata
la propria attività detossificante non può rigenerarsi completamente essendo in
parte eliminato, principalmente per via biliare: una eccessiva
concentrazione di sostanze tossiche può quindi “depletare” i livelli di
glutatione, con grave danno epatico e perdita dei suoi effetti protettivi
sistemici.
Fonti di glutatione
Gli integratori di glutatione si sono
rivelati assolutamente inattivi in quanto non assorbiti a livello intestinale, mentre
la concentrazione di glutatione nell'organismo aumenta
efficacemente dopo somministrazione
orale di uno dei suoi precursori, l'amminoacido solforato cisteina, la cui
principale fonte in commercio è rappresentata dalla N-Acetil-Cisteina (NAC).
La NAC rientra nella composizione di
noti farmaci
mucolitici ed è proposta anche quale integratore alimentare: abbiamo
oggi a disposizione la forma terclatrata della NAC (c-NAC), che presenta il
vantaggio di proteggere la NAC dall’ossidazione, migliorarne l’aspetto
organolettico con un effetto “taste-masking”
e che è somministrabile a dosi largamente inferiori, a parità di
efficacia, ovviando così a frequenti effetti collaterali indesiderati
(gastralgie) e all’inconveniente del meteorismo sulfureo, tipico durante
assunzione orale di amminoacidi solforati
(la terclatrazione è una piattaforma tecnologica,
frutto della Ricerca italiana, che consente di ottimizzare la biodisponibilità
di principi attivi attraverso una attivazione meccano-chimica allo stato
solido. Il prodotto che ne deriva contiene almeno tre tipologie di componenti:
il principio attivo, NAC, nel caso della c-NAC, un carrier (ciclodestrina),
biocatalizzatori facilitanti
l’inclusione dell’attivo nel carrier.).
Il suggerimento è la sistematica
assunzione di prodotti a base di c-NAC nei soggetti esposti a maggior rischio
ambientale (radiazioni) o in cui sia comunque
importante un corretto approccio antiossidante,
16 agosto 2012
Dallo Zafferano un aiuto alla depressione
In Italia almeno 1,5 milioni di persone soffrono di depressione, mentre il 10% della popolazione italiana, cioè circa 6 milioni di persone, hanno sofferto almeno una volta, nel corso della loro vita, di un episodio depressivo.
Secondo le previsioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nell’anno 2020 la depressione sarà la seconda malattia più diffusa, dopo le malattie cardiovascolari, in tutto il mondo, Italia compresa. Le sindromi depressive colpiscono soprattutto la popolazione anziana (over 65) e il numero di anziani sofferenti di depressione è destinato a salire per il progressivo invecchiamento della popolazione. Per quanto riguarda la diffusione in rapporto al sesso, le donne, soprattutto nella fascia di età compresa tra i 40 e i 50 anni, sono colpite in misura doppia rispetto agli uomini. Le statistiche dicono che se una persona ha avuto un episodio depressivo, ha il 50% di probabilità di averne un altro nell’arco della sua vita. Questo significa che metà delle persone che hanno avuto un episodio depressivo, una volta guariti, poi stanno bene per sempre. Se l’individuo ha avuto due episodi depressivi, la probabilità che ne abbia un terzo sale al 75%. Questa percentuale raggiunge il 90% se la persona ha avuto tre episodi depressivi. Quando gli episodi depressivi diventano quattro o cinque o di più è praticamente sicuro che si avranno altri episodi. Le ricadute hanno un andamento prevalentemente stagionale e sono statisticamente più frequenti nei mesi di marzo–aprile e ottobre–novembre.
A causa dei molti pregiudizi presenti nei confronti del disturbo depressivo, solo il 25% dei pazienti (cioè uno su quattro) consulta lo specialista cui compete la cura, cioè lo psichiatra. Eppure nella maggior parte dei casi le fasi acute del disturbo, con un’adeguata terapia, regrediscono nel giro di 4–6 settimane. Dopo la nascita di un bambino può capitare che la donna si senta triste senza motivo, irritabile, incline al pianto, “inadeguata” nei confronti dei nuovi ed impegnativi compiti che la attendono. Nella maggior parte dei casi tale stato d’animo è del tutto fisiologico e nel giro di pochi giorni questi sentimenti negativi passano. Si parla in questi casi di “baby blues” (depressione post–partum) e si stima che circa il 70–80% delle donne ne soffra. In più del 90% dei casi i pazienti depressi, soprattutto anziani, presentano sintomi somatici: mal di schiena, mal di testa, dolori, sintomi gastroenterici. Nel 50% dei casi i sintomi della serie depressiva sono presenti assieme a quelli della serie ansiosa. Poterli affrontare entrambi con il supporto di un rimedio naturale può essere di aiuto.
03 agosto 2012
ALIMENTARSI CON FAME INIZIALE - VIVI TE STESSO, NON FARTI CONDIZIONARE (ALIMENTAZIONE OMEOSTATICA) di Mario Ciampolini e Lorenzo Ciampolini
L'essere umano si adatta, il più delle volte a spese delle difese. Mangia per non sentire la fame, seguita a stare perfettamente bene ma aumentano i rischi. L’attuale numero di malattie, leucemie, allergie, tumori ed infarti c'è sempre stato, ma non è una maledizione genetica. Può esser evitato diminuendo la resistenza all’insulina e le sue conseguenze: stato pro-infiammatorio, grandi rischi e deterioramenti. La resistenza all’insulina dipende dall’alimentarsi, che è abituale. Abbiamo studiato la glicemia cioè il nutrimento disponibile per le cellule corporee, prima dei tre pasti con diario di 7 giorni in 120 adulti. In 7 giorni, l’intervallo medio di confidenza era ± 3.8 mg/dL attorno alla glicemia media della settimana. La variazione della media dopo 5 mesi era 0 mg/dL, e tenendo conto delle variazioni assolute (aumenti e diminuzioni) la variazione delle medie setimanali era 6.0 ± 4.6 mg/dL in 31 soggetti di controllo dopo 5 mesi. Dai 60 mg/dL ai 115 mg/dL, I soggetti erano stratificati per la loro media glicemica settimanale in 8 – 10 livelli di abitudine alimentare (la media glicemica settimanale è la provvisione media di nutrimento alle proprie cellule), e ogni livello era significativamente diverso dagli altri. Coloro che tenevano una media glicemica elevata potevano stare bene o aver vari disturbi, ma avevano tutti resistenza all’insulina (più rischi e deterioramenti) rispetto ai soggetti che avevano un media glicemica bassa. Il 70% - 80% della popolazione ha livelli glicemici elevati.
Possono stare bene, ma le persone con livelli pre-prandiali più alti sono sfortunati: hanno uno stato di resistenza all’insulina e il conseguente stato d’infiammazione subclinica diffusa (allergie, ecc.); hanno più rischi, deterioramenti e dolori. I più sfortunati per la scelta alimentare che hanno inconsapevolmente fatto, possono apprendere le abitudini di quei pochi (20% - 30%) più sani. Questo volume insegna a riconoscere le sensazioni individuali di fame iniziale (Cap. VI e VII) misurando la glicemia per imparare a indovinarla.Richiede abilità e pazienza per imparare in una o due settimane, non occorrono assolutamente sacrifici, il pasto deve precedere la sofferenza. Alimentarsi con fame iniziale (AFI) è sufficiente per vivere bene durante la giornata e mantenere costante un peso che non è eccessivo, ma ideale per ogni funzione, anche per l’attrazione dell’altro sesso. Può essere scelta per tutta la vita per appareggiarsi a coloro che vivono meglio, più a lungo, senza deterioramenti, senza rischi.
Possono stare bene, ma le persone con livelli pre-prandiali più alti sono sfortunati: hanno uno stato di resistenza all’insulina e il conseguente stato d’infiammazione subclinica diffusa (allergie, ecc.); hanno più rischi, deterioramenti e dolori. I più sfortunati per la scelta alimentare che hanno inconsapevolmente fatto, possono apprendere le abitudini di quei pochi (20% - 30%) più sani. Questo volume insegna a riconoscere le sensazioni individuali di fame iniziale (Cap. VI e VII) misurando la glicemia per imparare a indovinarla.Richiede abilità e pazienza per imparare in una o due settimane, non occorrono assolutamente sacrifici, il pasto deve precedere la sofferenza. Alimentarsi con fame iniziale (AFI) è sufficiente per vivere bene durante la giornata e mantenere costante un peso che non è eccessivo, ma ideale per ogni funzione, anche per l’attrazione dell’altro sesso. Può essere scelta per tutta la vita per appareggiarsi a coloro che vivono meglio, più a lungo, senza deterioramenti, senza rischi.
CLA modula la risposta immunitaria in soggetti con il morbo di Chron
L'acido linoleico coniugato (CLA) è un isomero dell'acido linoleico, un acido grasso polinsaturo della serie omega 6. Il CLA è presente in natura nei tessuti animali e nei cibi e diversi studi hanno testato i suoi effetti di miglioramento della composizione corporea. Il CLA è infatti utile nella riduzione della massa grassa poiché contrasta l'accumulo di trigliceridi da parte degli adipociti.
Il CLA ha dimostrato inoltre di modulare la risposta immunitaria e di contrastare l'infiammazione in modelli animali di colite. Un recente studio ha valutato l'attività immunomodulatoria del CLA nell'uomo, in particolare in soggetti con disturbo di Chron lieve o moderato.
Lo studio ha coinvolto 13 soggetti con morbo di Chron lieve o moderato che hanno ricevuto CLA ad alto dosaggio per 12 settimane. Sono state isolate le cellule mononucleate circolanti all'inizio dello studio e dopo 6 e 12 settimane per valutare la proliferazione linfocitaria e la produzione di citochine.
L'integrazione con CLA ha dimostrato di ridurre significativamente la capacità dei sottoinsiemi CD4+ e CD8+ dei linfociti T di produrre IFN-γ, TNF-α ed IL-17 (marker di infiammazione) e la proliferazione linfocitaria dopo 12 settimane.
L'integrazione con CLA risulta ben tollerata e riduce la capacità delle cellule T periferiche di produrre citochine pro-infiammatorie, contrasta il disturbo infiammatorio e migliora la qualità della vita in soggetti con morbo di Chron.
Bibliografia: Bassaganya-Riera J et al. 'Conjugated linoleic acid modulates immune responses in patients with mild to moderately active Crohn's disease' Clin Nutr 2012
31 luglio 2012
Malattie Autoimmuni - Articolo scritto dal dott Mainardi Paolo - ricercatore presso Università degli Studi di Genova
Subito dopo la loro scoperta, circa un secolo fa, le patologie autoimmuni sono state studiate sulla base di diverse teorie incentrate sulla produzione di autoanticorpi. Cioè di anticorpi che, per motivi diversi, il corpo umano sarebbe capace di produrre contro se stesso. Anni di ricerche in tal senso non hanno prodotto terapie vincenti per queste devastanti patologie, pertanto sono necessari nuovi approcci, nuove idee.
Recentemente per le patologie autoimmuni è stato preso in considerazione il ruolo dell’intestino[1]. Infatti, in queste patologie autoimmuni è riportata un’elevata permeabilità intestinale. Un intestino troppo permeabile lascia passare grosse frazioni peptidiche prima che queste siano ridotte a piccoli peptidi. Contro questi grandi peptidi si scatenerà una risposta anticorpale, che dipende unicamente dalle dimensioni delle molecole che entrano nel torrente circolatorio.
Questi grandi peptidi potranno accumularsi presso sequenze amminoacidiche delle proteine tissutali a loro simili (simile cerca simile), ma in questo modo, portandosi dietro gli anticorpi questi si attiveranno questi attaccheranno anche le sequenze amminoacidiche delle proteine tissutali simili, in quanto la tollerabilità degli anticorpi non è in grado di distinguere la sequenza ammino acidica del peptone “clandestino”da quella della proteina tissutale.
In pratica la risposta immunitaria non è impazzita, ma attacca, giustamente, le proteine tissutali che hanno sequenze amminoacidiche simili a quelle delle grosse frazioni proteiche (peptidiche) “clandestine” che la hanno attivata.
Studi recenti confermano la presenza di elevata permeabilità intestinale nelle patologie autoimmuni, oggi misurabile in modo preciso grazie alla determinazione plasmatica di una proteina, lo Zonulin, che è stata vista controllare la permeabilità intestinale.
Elevati livelli di questa proteina corrispondono ad elevata permeabilità[2].
Oggi si è appreso che la permeabilità intestinale non è un fattore statico, ma dinamico, modulabile in base a stimolazioni, nell’arco di ore.
ELEVATI LIVELLI DI ZONULIN SONO STATI RIPORTATI NELLE PATOLOGIE AUTOIMMUNI, confermando l’elevata permeabilità.
L’alfa-lattoalbumina, sieroproteina del latte ha il compito di ridurre la permeabilità intestinale, che è massima al momento della nascita: nel colostro umano rappresenta il 40% delle proteine totali.
Altrimenti intere proteine possono attraversare la membrana intestinale.
In 6-7 giorni di allattamento la permeabilità viene ridotta e vengono attivati i processi difensivi intestinali e quelli assorbitivi.
Ridurre la permeabilità intestinale impedisce l’ingresso nel torrente circolatorio dei grossi peptidi responsabili della risposta anticorpale che attaccano le proteine tissutali, dando origine alle patologie autoimmuni. In questo modo si ferma il problema dalla sua origine.
[1] Fasano A, Shea-Donohue T. Mechanisms of disease: the role of intestinal barrier function in the pathogenesis of gastrointestinal autoimmune diseases. Nat Clin Pract Gastroenterol Hepatol. 2005 Sep;2(9):416-22
[2] Wang W, Uzzau S, Goldblum SE, Fasano A. Human zonulin, a potential modulator of intestinal tight junctions. J Cell Sci. 2000 Dec;113 Pt 24:4435-40.
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27 luglio 2012
Picnogenolo allevia i sintomi della menopausa
08-06-2012
L'assunzione giornaliera di estratto di Pino marittimo francese può alleviare i sintomi della menopausa e disturbi digestivi secondo i risultati di un recente studio italiano. L'assunzione per 8 settimane di Picnogenolo è risultata infatti associata ad un miglioramento dei segni e dei sintomi di menopausa tra cui vampate, sudorazione notturna, alterazioni dell'umore, perdita della libido e secchezza vaginale.
Lo studio ha coinvolto 70 donne in perimenopausa di età compresa tra i 40 e i 50 anni. Le donne sono state randomizzate per ricevere un trattamento giornaliero con Picnogenolo o con placebo per 8 settimane. I risultati hanno dimostrato che l'integrazione con Picnogenolo ha alleviato sintomi quali vampate, sudorazione notturna, alterazioni dell'umore, perdita della libido e secchezza vaginale. Oltre ad arginare i sintomi del climaterio l'estratto di pino marittimo francese ha dimostrato anche di contrastare lo stress ossidativo.
Infine le donne in menopausa presentano un elevato rischio di sviluppare patologie cardiovascolari e il miglioramento della funzione endoteliale che si ottiene con il Picnogenolo può perciò essere utile in questa fase della vita. Picnogenolo normalizza l'attività piastrinica se troppo elevata ed aiuta a contrastare l'insorgenza di trombosi.
Bibliografia: Errichi S. et al. 'Supplementation with Pycnogenol improbe signs and symptoms of menopausal transition' Panminerva Medica 2011; 53 (suppl 1 n.3): 65-70
13 luglio 2012
DAL MONDO DELLE ALGHE
Prime forme viventi, le alghe non solo testimoniano il nostro passato, ma rappresentano un’ancora di salvezza per il nostro futuro. Contengono in maniera concentrata tutte le sostanze nutritive necessarie all’organismo umano.
Prima ancora che la Natura decidesse cosa fare del nostro pianeta, era l’ALGA. Tre miliardi di anni fa, immerse in un’atmosfera di gas irrespirabili, alcune microsfere fotosintetiche, poco più che batteri, alghe appunto, iniziarono una lenta ma inesorabile opera di trasformazione. Il sottoprodotto della fotosintesi clorofilliana, l’ossigeno, occupava allora meno dell’1% dell’atmosfera.
Con quest’opera instancabile, che tuttora continua, le alghe hanno potuto lentamente trasformare i gas atmosferici producendo aria respirabile e ponendo così le basi per l’evoluzione delle forme di vita superiori.
Da allora anche le alghe si sono evolute e specializzate in oltre 20.000 specie oggi conosciute, che si distinguono secondo la pigmentazione: Cloroficee (alghe verdi), Feoficee (alghe brune), Rodoficee (alghe rosse), Cianoficee (alghe azzurre).
Con quest’opera instancabile, che tuttora continua, le alghe hanno potuto lentamente trasformare i gas atmosferici producendo aria respirabile e ponendo così le basi per l’evoluzione delle forme di vita superiori.
Da allora anche le alghe si sono evolute e specializzate in oltre 20.000 specie oggi conosciute, che si distinguono secondo la pigmentazione: Cloroficee (alghe verdi), Feoficee (alghe brune), Rodoficee (alghe rosse), Cianoficee (alghe azzurre).
Che le alghe si mangino in ogni angolo della terra è ormai risaputo, ma forse ancora pochi conoscono e riconoscono i sapori caratteristici e gli importantissimi valori nutrizionali che esse racchiudono. Sali minerali, oligoelementi, vitamine, aminoacidi, acidi grassi essenziali ….
Praticamente tutto quello che ci serve per star bene ad un bassissimo costo calorico ed un elevatissimo indice di digeribilità. Non solo sono commestibili per noi umani ma possono essere ancor più utili negli allevamenti e nelle colture a regime biologico, oltre che per i nostri animali domestici e le piante di casa.
C’è chi poi, semplicemente osservando le loro naturali caratteristiche, ha sperimentato con successo il loro utilizzo per la depurazione delle acque reflue. Le alghe, in simbiosi con i batteri, si nutrono dei nostri rifiuti organici, trasformandoli in biomassa ed ossigeno. Gia si producono petrolio e metano dalla biomassa algale, e ben presto, quando questo nuovo combustibile prenderà piede, con le alghe potremo produrre l’idrogeno in maniera pulita e sostenibile. Si intravedono ipotesi futuribili di sfruttamento su larga scala di una risorsa economica pulita e praticamente inesauribile. Già oggi, Compagnie multinazionali ne utilizzano alcuni elementi caratteristici (phycocolloidi) per le più svariate applicazioni, dall’industria chimica a quella alimentare.
L’industria farmaceutica e quella cosmetica trovano che parti più nobili delle alghe (vitamine, acidi grassi, etc.) siano specificamente indicate ai loro scopi. E l’uomo perpetua i suoi errori, smontando e rimontando la natura a proprio arbitrio con la presunzione di poterla migliorare, o semplicemente per colmare il vuoto di una vita troppo legata al suo valore materiale e quindi lontana dalla sua stessa essenza.
Le alghe, i nostri antenati geniali meritano quindi il rispetto che si deve ai patriarchi, che con la loro esperienza sono in grado di indirizzare i nostri passi verso la strada della consapevolezza, senza però volerne snaturare i principi, lasciando cioè il più possibile intatti gli equilibri naturali.
Per quanto riguarda la nostra salute possiamo trovare nelle alghe valide alleate per migliorarla.
Grazie al riequilibrio energetico indotto dall’assunzione regolare di piccole quantità di differenti qualità di alghe marine e microalghe, il nostro organismo può beneficiare di un considerevole apporto di “micronutrienti” proporzionalmente bilanciati ed equilibrati per far fronte a possibili carenze o sovraconsumi. La composizione biochimica della struttura algale è indice di quali possano essere gli imput positivi indotti dalla loro assunzione rispetto ai blocchi metabolici ed energetici che impediscono o limitano la funzionalità dei nostri organi . Lungi dall’essere medicine, le alghe sono però alimenti del tutto particolari, indicati principalmente per migliorare la funzionalità dell’apparato gastro-intestinale, per innalzare i livelli metabolici ed energetici, per favorire la circolazione dei fluidi organici, per depurare e disintossicare, per normalizzare la composizione ematica, per rallentare i processi degenerativi della senescenza.
Usate per l’alimentazione, per la cosmesi, in campo curativo, le alghe non hanno solo lo scopo di aiutarci a livello materiale, ma rappresentano il legame con una antica memoria inconscia, legata al mare nel quale la vita ebbe origine e dal quale possiamo attingere l’energia primordiale per ritornare alle origini, per avvicinarci all’assoluto.
Praticamente tutto quello che ci serve per star bene ad un bassissimo costo calorico ed un elevatissimo indice di digeribilità. Non solo sono commestibili per noi umani ma possono essere ancor più utili negli allevamenti e nelle colture a regime biologico, oltre che per i nostri animali domestici e le piante di casa.
C’è chi poi, semplicemente osservando le loro naturali caratteristiche, ha sperimentato con successo il loro utilizzo per la depurazione delle acque reflue. Le alghe, in simbiosi con i batteri, si nutrono dei nostri rifiuti organici, trasformandoli in biomassa ed ossigeno. Gia si producono petrolio e metano dalla biomassa algale, e ben presto, quando questo nuovo combustibile prenderà piede, con le alghe potremo produrre l’idrogeno in maniera pulita e sostenibile. Si intravedono ipotesi futuribili di sfruttamento su larga scala di una risorsa economica pulita e praticamente inesauribile. Già oggi, Compagnie multinazionali ne utilizzano alcuni elementi caratteristici (phycocolloidi) per le più svariate applicazioni, dall’industria chimica a quella alimentare.
L’industria farmaceutica e quella cosmetica trovano che parti più nobili delle alghe (vitamine, acidi grassi, etc.) siano specificamente indicate ai loro scopi. E l’uomo perpetua i suoi errori, smontando e rimontando la natura a proprio arbitrio con la presunzione di poterla migliorare, o semplicemente per colmare il vuoto di una vita troppo legata al suo valore materiale e quindi lontana dalla sua stessa essenza.
Le alghe, i nostri antenati geniali meritano quindi il rispetto che si deve ai patriarchi, che con la loro esperienza sono in grado di indirizzare i nostri passi verso la strada della consapevolezza, senza però volerne snaturare i principi, lasciando cioè il più possibile intatti gli equilibri naturali.
Per quanto riguarda la nostra salute possiamo trovare nelle alghe valide alleate per migliorarla.
Grazie al riequilibrio energetico indotto dall’assunzione regolare di piccole quantità di differenti qualità di alghe marine e microalghe, il nostro organismo può beneficiare di un considerevole apporto di “micronutrienti” proporzionalmente bilanciati ed equilibrati per far fronte a possibili carenze o sovraconsumi. La composizione biochimica della struttura algale è indice di quali possano essere gli imput positivi indotti dalla loro assunzione rispetto ai blocchi metabolici ed energetici che impediscono o limitano la funzionalità dei nostri organi . Lungi dall’essere medicine, le alghe sono però alimenti del tutto particolari, indicati principalmente per migliorare la funzionalità dell’apparato gastro-intestinale, per innalzare i livelli metabolici ed energetici, per favorire la circolazione dei fluidi organici, per depurare e disintossicare, per normalizzare la composizione ematica, per rallentare i processi degenerativi della senescenza.
Usate per l’alimentazione, per la cosmesi, in campo curativo, le alghe non hanno solo lo scopo di aiutarci a livello materiale, ma rappresentano il legame con una antica memoria inconscia, legata al mare nel quale la vita ebbe origine e dal quale possiamo attingere l’energia primordiale per ritornare alle origini, per avvicinarci all’assoluto.
COME SCEGLIERE LA FRUTTA GIUSTA DI STAGIONE
Imparare a fare la spesa di verdure e frutta di stagione oltre a essere un beneficio per la nostra salute lo è anche per il nostro portafoglio. I Km zero ci permettono di risparmiare, far funzionare l’economia locale e avere anche più gusto nei prodotti che andiamo a consumare. Inoltre teniamo presente che prodotti importati da oltremare – leggi Asia, Africa del Sud, Nuova Zelanda, … – hanno un bilancio ecologico capace di rendere amaro anche la torta più dolce; il consumo di carburante e le relative emissioni sono enormi.
Il trasporto di 1 kg di asparagi dal Sudafrica, ad esempio, consuma 4 litri di cherosene, mentre l’import di 3 kiwi dalla Nuova Zelanda produce 2 kg di CO2.
Pertanto quando fate la spesa non pensate che “l’erba del vicino è sempre più verde” … scegliete i prodotti in base alla loro provenienza regionale e secondo i periodi di raccolta elencati di seguito.
Verdura: gennaio – giugno
Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | |
---|---|---|---|---|---|---|
Asparagi | x | x | x | |||
Broccoli | ||||||
Carote | ||||||
Cavolfiore | ||||||
Cavolo nero | x | x | ||||
Cetrioli | ||||||
Cipolle | ||||||
Fagioli | x | |||||
Finocchio | ||||||
Mais | ||||||
Melanzane | ||||||
Patate | ||||||
Peperoni | x | |||||
Piselli | x | x | ||||
Pomodori | ||||||
Porri | x | x | ||||
Rape rosse | x | x | ||||
Sedano | x | |||||
Sedano rapa | ||||||
Spinaci | x | x | x | |||
Verze | x | x | ||||
Zucca | ||||||
Zucchini |
Verdura: luglio – dicembre
Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | |
---|---|---|---|---|---|---|
Asparagi | ||||||
Broccoli | x | x | x | x | x | |
Carote | x | x | x | x | ||
Cavolfiore | x | x | x | x | x | |
Cavolo nero | x | x | x | |||
Cetrioli | x | x | x | x | ||
Cipolle | x | x | x | x | x | x |
Fagioli | x | x | ||||
Finocchio | x | x | ||||
Mais | x | x | x | |||
Melanzane | x | x | x | |||
Patate | x | x | x | |||
Peperoni | x | x | x | x | ||
Piselli | x | x | ||||
Pomodori | x | x | x | x | ||
Porri | x | x | x | x | x | x |
Rape rosse | x | x | x | x | x | |
Sedano | x | x | x | x | ||
Sedano rapa | x | x | x | x | ||
Spinaci | x | x | x | |||
Verze | x | x | x | x | x | x |
Zucca | x | x | x | |||
Zucchini | x | x | x | x | x |
Frutta: gennaio – giugno
Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | |
---|---|---|---|---|---|---|
Albicocche | x | |||||
Arance | x | x | x | x | x | x |
Ciliege | x | x | ||||
Fragole | x | x | ||||
Lamponi | x | |||||
Limoni | x | x | x | x | x | x |
Mele | ||||||
Mirtilli | x | |||||
Mirtilli rossi | ||||||
More | ||||||
Pere | ||||||
Pesche | x | |||||
Prugne | ||||||
Ribes | x | |||||
Uva |
Frutta: luglio – dicembre
Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | |
---|---|---|---|---|---|---|
Albicocche | x | x | ||||
Arance | x | x | ||||
Ciliege | ||||||
Fragole | x | x | x | |||
Lamponi | x | x | x | |||
Limoni | x | x | x | |||
Mele | x | x | x | x | ||
Mirtilli | x | |||||
Mirtilli rossi | x | x | ||||
More | x | x | x | x | ||
Pere | x | x | x | |||
Pesche | x | x | ||||
Prugne | x | x | x | |||
Ribes | x | x | ||||
Uva | x | x |
Speriamo che tutto questo possa tornarvi utile e tornare utile anche all’ambiente riducendo le emissioni…..
Agnese Tondelli
11 luglio 2012
LG della British Dietetic Association per la sindrome dell'intestino irritabile: ancora poche e deboli le evidenze
La sindrome
dell'intestino irritabile (Irritable Bowel Syndrome, IBS) è una condizione
patologica che, secondo i dati della World Gastroenterology Organisation
(2009), interessa il 9-23% della popolazione mondiale. La IBS interferisce in
maniera rilevante sulla qualità della vita, essendo spesso associata ad una
personalità ansiosa indirizzata prevalentemente verso i disturbi intestinali.
La dieta è importante per la terapia, ma data anche la variabilità dei sintomi
(prevalenza di diarrea, IBS-D, prevalenza di stipsi, IBS-C, alternanza di
diarrea e stipsi, IBS-M), che si associano al dolore addominale, è difficile
trovare in letteratura indicazioni univoche e precise sul comportamento
alimentare più opportuno, nonostante qualche tentativo di inserire anche
consigli dietetici in linee guida terapeutiche più ampie (Linee guida NICE,
2008). È perciò motivo di interesse la lettura delle nuove linee guida
dietetiche elaborate dalla British Dietetic Association (BDA), che sono fo
ndate sulle evidenze deducibili dall'analisi di 30 studi pubblicati tra il
gennaio 1985 e il novembre 2009 nei principali database internazionali. La
terapia dietetica si realizza lungo 3 linee
1.
dopo un accurato
studio clinico per indagare sulla salubrità dell'alimentazione e dello stile di
vita e per definire i sintomi e il sottotipo dell'IBS, va posta l'attenzione
sul latte e i suoi derivati, valutando la tolleranza al lattosio con
l'esecuzione di un breath test; se tale esame non è realizzabile viene
consigliato di prescrivere una dieta a basso contenuto di lattosio e valutare
gli effetti a breve, medio e lungo termine; gli studi considerati documentano,
sia pure con una evidenza debole-moderata, la scomparsa dei sintomi o la loro
attenuazione in una buona percentuale di casi, qualunque sia stata la durata
del trattamento, da 3 settimane a 5 anni; la dieta deve porre attenzione anche
ai polisaccaridi non amilacei ed essere equilibrata nell'apporto di fibre, cibi
grassi, caffè, alcol, liquidi; anche per i polisaccaridi non amilacei vi è
un'evidenza non costante e lieve-moderata nella capacità di ridurre i sintomi
2.
in caso di insuccesso
dei provvedimenti di prima linea nei soggetti con IBS-C va eseguito un
tentativo con fibre vegetali non solubili, che aumentano il peso delle feci
senza incrementare in modo significativo i fenomeni di fermentazione;
naturalmente va invece ridotta l'assunzione di carboidrati fermentabili,
soprattutto nei soggetti con documentata o sospetta intolleranza al fruttosio e
nei soggetti con meteorismo, flatulenza e dolore addominale; in questa fase può
essere iniziato l'uso dei probiotici, valutando gli effetti di un solo
preparato per un periodo di almeno 4 settimane; i probiotici possono
ridurre i sintomi in modo significativo in una discreta percentuale di pazienti
(in uno studio hanno ridotto soltanto la flatulenza e in 2 studi dopo 6 e 8
settimane di impiego non hanno avuto alcun effetto sul quadro clinico)
3.
nei soggetti con IBS-D
la terza linea terapeutica prevede il ricorso a una dieta empirica che impieghi
solo alimenti abitualmente ben tollerati o una dieta di eliminazione,
rinunciando in maniera sequenziale a 1 o 2 alimenti per volta; se nell'arco di
2-4 settimane non vi è scomparsa o miglioramento dei sintomi, è poco probabile
che essi siano dovuti agli alimenti eliminati (è ovvio che la dieta di
eliminazione può richiedere anche tempi molto lunghi per dare risultati
terapeutici).
Le
procedure terapeutiche sopra riportate sono derivate da uno studio molto
attento e rigoroso. In prima istanza sono stati selezionati 1.130 lavori; di
essi 112 sono stati considerati utilizzabili, ma alla fine solo 30 avevano i
criteri di inclusione individuati dal gruppo di studio della BDA. Questo gruppo
perciò, preso atto della scarsa numerosità di studi attendibili e delle
evidenze in linea di massima deboli, esprime una corretta conclusione secondo
cui la ricerca in futuro s i deve fondare su studi controllati, ben disegnati,
con una casistica numerosa e con un lungo periodo di follow up. Inoltre
l'obiettivo di valutare il rapporto efficacia/sicurezza di terapie dietetiche
richiede una attenta stratificazione dei sottotipi di IBS.McKenzie YA et al. (per il Gruppo Specialistico Gastroenterologico della British Dietetic Association). British Dietetic Association evidence-based guidelines for the dietary management of irritable bowel syndrome in adults. J Hum Nutr Diet 2012; 25: 260-274
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