06 aprile 2011

TANTO RUMORE PER NULLA

TANTO RUMORE PER NULLA
È proprio così, tanto rumore si è levato dopo la pronuncia della sentenza n.
3527/2011 della I sezione civile del Tribunale di Roma. I colleghi medici
hanno gridato alla riaffermazione del ruolo centrale del medico nella cura
delle malattie e che sarebbe stato sventato il tentativo dell’ONB di ottenere
un pronunciamento che potesse attribuire alla categoria professionale dei
biologi competenze esclusive del medico nelle fattispecie inerenti la
prescrizione di diete. E ancora si grida da parte medica che consentire ai
biologi di sostituirsi ai medici nella prescrizione di diete avrebbe significato
demolire (addirittura) la figura del medico quale garante del bene salute.
Perché diciamo tanto rumore per nulla? Lo diciamo perché i biologi non
hanno mai pensato e non pensano di sostituirsi al medico nella cura
delle patologie e hanno sempre detto chiaramente e lo dicono ancora che
non pensano e non hanno mai pensato di essere abilitati ad
accertamenti di stati patologici e di pretendere di curarli con la
prescrizione di diete.
Ciò che i biologi rivendicano e lo si legge in maniera inconfutabile
nell’autorevole parere del Ministro della Salute del 15/12/2009, è di
potere stabilire in maniera autonoma le diete necessarie per mantenere
l’individuo in buona salute, valutando non solo le caratteristiche
nutrizionali dei vari alimenti, ma altresì se sia il caso di ricorrere ad
integratori alimentari.
Se invece il cliente sospetta di presumere di essere affetto da una qualche
patologia e vorrebbe dal biologo consigli alimentari per curarla, è ovvio che
il biologo lo rinvierà al medico perché accerti, con le sue competenze, se il
soggetto è affetto da una qualche patologia quale essa sia e solo dopo questo
accertamento potrà consigliare, determinare, proporre, suggerire, e di certo
prescrivere la dieta che consenta, unitamente ai farmaci consigliati dal
medico, il recupero dello stato di benessere.
Stupisce che i colleghi medici e purtroppo anche il Giudice unico del
Tribunale di Roma si attardino a discutere se possa essere utilizzato dai
biologi il verbo “prescrivere” e dare quindi al cliente delle prescrizioni. Nella
lingua italiana il verbo “prescrivere” è sinonimo di stabilire, determinare e
talvolta consigliare. Non per nulla nel linguaggio comune si dice: “Il medico
mi ha consigliato queste medicine”, come altrettante volte si può dire: “Il
medico mi ha prescritto determinati farmaci”.
E l’equivalenza dei termini prescrivere, determinare, consigliare, risulta dal
fatto indubitabile che nessuno può imporre l’assunzione o l’uso di un
farmaco o il rispetto di una dieta. Ogni “prescrizione” vale per il paziente
come un invito, un consiglio a tenere un certo comportamento, ma il paziente
rimane arbitro indiscusso della scelta se utilizzare o meno i consigli del suo
medico.
Come si vede, quindi, attardarsi a discutere se il biologo possa “prescrivere”
o se lo possa fare solo il medico equivale a un’inutile perdita di tempo
perché ogni prescrizione non ha mai carattere imperativo e cogente , ma si
presenta all’uomo come un consiglio sia pure autorevole, ma pur sempre un
consiglio, che può essere disatteso secondo l’autonoma e inviolabile
decisione del soggetto a cui si rivolge.
Deve essere chiaro, quindi, che la sentenza n. 3527/2011 del Giudice
unico non ha modificato di una virgola la situazione preesistente:
l’accertamento e la cura delle patologie spettano al medico. Se la
patologia accertata può essere fronteggiata oltre che con i farmaci suggeriti
dal medico anche con una dieta adeguata, questa può essere consigliata dal
biologo, che ha, per legge, la competenza a valutare i bisogni nutritivi
dell’uomo sino al punto da giudicare se sia il caso, oltre che consigliare e
sconsigliare determinati cibi, di ricorrere a integratori alimentari.
Se l’individuo è invece in buona salute e vuole restarci o vuole intraprendere
un’attività sportiva, può indifferentemente rivolgersi tanto al medico quanto
al biologo perché in questo caso non viene in rilievo l’accertamento e la cura
di nessuna patologia.
Ma se così stanno le cose c’è da chiedersi che cosa ha stabilito la sentenza n.
3527/2011 che ha scatenato l’entusiasmo dei colleghi medici?
La sentenza ha semplicemente stabilito che il prof. Del Toma Eugenio, che
era stato ritenuto dall’Ordine responsabile di avere usato espressioni
ingiuriose nei confronti dei biologi nutrizionisti, si era limitato in realtà a
manifestare un’opinione soggettiva e peraltro l’opinione che il prof. Del
Toma aveva sostenuto “rientra nell’espressione – come si legge nella
sentenza - del diritto di libera manifestazione del pensiero, di opinione e di
critica sui fatti che interessano il pubblico”. Il prof. Del Toma, quindi, non è
stato ritenuto dal Giudice unico responsabile di espressioni ingiuriose e
diffamatorie, anche se l’Ordine Nazionale dei Biologi si riserva di valutare,
tramite i suoi legali, la correttezza della decisione assunta e di valutare se
procedere ad appello. In breve l’oggetto della decisione è stato il
riconoscimento che le opinioni espresse dal prof. Del Toma non erano
offensive – a giudizio del Tribunale – nei confronti dei biologi.
Ma, per quanto attiene alle competenze dei biologi nulla è stato cambiato.
Valga quanto si legge a conclusione della sentenza: “Il biologo può solo
elaborare determinate diete (il giudice ha cura di precisare “non prescrivere”,
malgrado come si è visto, ciò non significhi proprio nulla), quindi
riprendiamo “il biologo può solo elaborare determinate diete sia nei
confronti di soggetti sani sia di soggetti cui è stata diagnosticata una
patologia, solo previo accertamento delle condizioni fisiopatologiche
effettuate dal medico chirurgo e altresì il biologo può autonomamente
elaborare profili nutrizionali al fine di proporre alla persona che ne fa
richiesta un miglioramento del proprio benessere”.
“In tale ambito - continua il Giudice unico - può suggerire o consigliare
integratori alimentari stabilendone o indicandone anche le modalità di
assunzione che è sempre cosa diversa dalla prescrizione della dieta come
atto curativo, che rimane sempre un’attribuzione esclusiva del medico”.
L’Ordine dei biologi sottoscrive l’affermazione che gli atti curativi
appartengono al medico e che l’accertamento delle patologie spetta al
medico, si rallegra che nella stessa sentenza sia riconosciuta la competenza
del biologo a elaborare in maniera autonoma profili nutrizionali e proporli
alla persona che ne fa richiesta (cioè il cliente), ai fini del miglioramento del
proprio benessere e della propria salute.
Non dubita che, una volta che sia stata accertata dal medico una patologia, il
cliente possa scegliere in condizioni di libertà se, oltre ai farmaci, utilizzare
cautele alimentari e cibi appropriati alla sua patologia e possa quindi
rivolgersi indifferentemente, a tal fine, sia al medico che al biologo.
Come dicevamo prima tanto rumore per nulla e i colleghi medici, anziché
arroccarsi e rinchiudersi nel fortilizio dove sventola la bandiera dell’atto
medico, portino rispetto agli altri professionisti che acquisiscono,
frequentando corsi universitari ricchi di insegnamenti in parte uguali a quelli
dei medici, competenze altrettanto valide di quelle che acquisiscono i medici
insieme ai quali possono contribuire al mantenimento di un adeguato livello
di benessere e di salute della collettività. Ma mi raccomando, sottovoce,
senza fare troppo rumore.
Roma, 5 aprile 2011
IL PRESIDENTE
Dott. Ermanno Calcatelli

02 marzo 2011

Intolleranze alimentari ed emicrania: una nuova via per guarire di Attilio Speciani


PDF Stampa E-mail
  
headache-sofa.jpgUna cosa è l'emicrania da ristorante cinese (legata all'eccesso di glutammato nei cibi) o l'emicrania scatenata dal cioccolato o dal vino. Tutti la hanno sempre riconosciuta come un dato di fatto legato all'eccesso di alcune sostanze presenti in uno o nell'altro cibo.
L'emicrania da intolleranza alimentare invece, legata cioè all'uso ripetuto di cibi comuni, ha sempre rappresentato un tema controverso. Non capiamo per quale motivo, ma riconoscere che l'emicrania e il mal di testa dipendano da come mangia una persona sembra essere uno sgarbo nei confronti della utilizzazione farmacologica. Eurosalus ha sempre sostenuto questa tesi e nella nostra pratica clinica, anche sulla base di lavori già esistenti, abbiamo sempre affrontato le cefalee e le emicranie ricorrenti cercando di ridurre, attraverso l'alimentazione, lo stato infiammatorio indotto dalla reazione immunologica agli alimenti.
Il lavoro pubblicato alla fine di luglio su Cephalalgia (una delle riviste internazionali più importanti nel campo dell'emicrania) è invece uno di quei lavori impostati in modo assolutamente inequivocabile (Alpay K et al, Cephalalgia. 2010 Jul;30(7):829-37. Epub 2010 Mar 10). Si tratta di un lavoro randomizzato, controllato ed effettuato in doppio cieco, sfruttando la diagnosi di intolleranza alimentare proveniente da un test IgG. Si valuta cioè la presenza di un certo tipo di anticorpi, quelli attivati nella via alternativa dell'allergia, che sono espressione di una allergia alimentare ritardata.
I soggetti che hanno controllato i cibi indicati dal test IgG hanno avuto una importante e significativa riduzione della frequenza e della durata degli attacchi emicranici. 

22 febbraio 2011

Fondamentali i primi cinque mesi di vita I SAPORI DEL LATTE MATERNO INFLUENZANO IL GUSTO

(AGI) - Washington, 21 feb. - Per far imparare ai bimbi a mangiare frutta e verdura meglio iniziare dai primissimi mesi di vita. I sapori assorbiti dai bambini attraverso il latte materno, infatti, influenzano i gusti anche per il resto dell'infanzia e dell'adolescenza. Lo afferma uno studio dell'Universita' di Philadelphia, presentato al meeting dell'American Association for the Advancement of Science in corso a Washington. I ricercatori hanno dimostrato la loro teoria dando ai neonati un latte artificiale arricchito che aveva un sapore amarognolo e acido che poi i soggetti hanno continuato a cercare e apprezzare anche nei mesi successivi fino all'adolescenza. Bambini a cui questo latte era stato dato dopo i sei mesi, invece, lo hanno rifiutato. ''Abbiamo dimostrato che il periodo tra i due e i cinque mesi di vita e' fondamentale per formare il gusto dei bambini - ha spiegato Gary Beauchamp, uno degli autori - e crediamo che la madre sia in grado di orientarlo, ad esempio mangiando molta frutta e verdura durante la gravidanza e l'allattamento''.
Latte materno
Una ricerca dell'Università di Philadelphia, diretta dal dottor Gary Beauchamp e presentata alla riunione dell'America Association for the Advancement of Science
Il periodo dai 2 ai 5 mesi è fondamentale per determinare l'alimentazione futura del neonato
L'alimentazione della madre ricade su quella dei figli. I cibi che la donna ingerisce determinano il sapore del suo latte che, a sua volta pesa sui gusti dei bambini, sopratutto nell'infanzia ed adolescenza.
Così spiega una ricerca dell'Università di Philadelphia, diretta dal dottor Gary Beauchamp e presentata alla riunione dell'America Association for the Advancement of Science in corso a Washington.
Il gruppo dell'Università ha lavorato con alcuni neonati, dividendoli in due gruppi. Tutti i piccoli sono stati nutriti con un latte artificiale, dalla particolare composizione e dal caratteristico sapore, acido ed amarognolo. Tuttavia, il primo gruppo ha ricevuto il latte subito, mentre il secondo lo ha potuto gustare solo dopo i 6 mesi.
E' così risultato come i soggetti del primo gruppo apprezzassero molto il latte, consumandolo regolarmente fino all'adolescenza. Totalmente diversa la reazione dei pari età del secondo, che lo hanno rifiutato con decisione.
Secondo il Beauchamp, il lavoro svolto dimostra come l'intervallo tra i 2 ed i 5 mesi sia periodo fondamentale in cui si forma il gusto dei bambini. Perciò, lo scienziato consiglia alla donne che allattano di consumare cibi sani, come frutta e verdura. Così facendo, il loro sapore si trasmetterà al latte ed il bambino imparerà ad amare i prodotti in questione ancora prima di averli assaggiati "dal vivo".
FONTE: Richard Gray, "Flavours in mothers milk may determine the foods children like", Telegraph 20/02/011

Gravidanza con un basso indice glicemico

Le abitudini alimentari della donna durante la gravidanza possono influire, positivamente o negativamente, sul fenotipo del nascituro, inducendo segni che permangono tutta la vita.

Oltre alla classica supplementazione di Ferro, Calcio e Folati, nei primi mesi della gravidanza, è necessario pianificare un regime alimentare adatto sia alla madre, che allo sviluppo strutturale e funzionale del feto.  Uno dei modelli più accreditati in tal senso sarebbe quello mediterraneo a basso indice glicemico. Un regime di questo tipo ha dimostrato di migliorare diversi problemi concernenti l'apparato riproduttivo della donna, come quello dell'infertilità ovulatoria. Per quanto riguarda la vitamina D, si è visto che un apporto adeguato in gravidanza è utile non solo per le ossa, ma anche per la regolazione del glucosio, per le funzioni immunitarie e per la contrattilità uterina durante il parto. Al riguardo, a molte donne degli Stati Uniti d'America, caratterizzate dalla carenza di vitamina D e di folati, si raccomanda l'assunzione di supplementi polivitaminici in età fertile, ancora prima del concepimento. Va valutato anche un altro beneficio della dieta mediterranea che è quello di assumere buone quantità di omega3 dal pesce. Secondo gli americani, al momento di pianificare una dieta salutare per l'unità materno-fetale è bene intervenire con un counselling costante e scrupoloso e in mancanza di questo, è essenziale assumere integratori polivitaminici e minerali. Data la ricchezza del nostro modello mediterraneo, è forse più corretto per noi fornire una supplementazione mirata allo specifico nutriente, effettivamente carente.
Fonte: Maternal nutrition and perinatal outcomes.

20 febbraio 2011

I rischi dei rimedi naturali usati per dimagrire




L'utilizzo di prodotti dimagranti di origine vegetale, è ormai una pratica particolarmente diffusa e in rapido incremento per il controllo del peso, dal momento che due terzi della popolazione adulta mondiale ha problemi di sovrappeso. I consumatori hanno un accesso diretto a questi prodotti, sempre più spesso schivano il consiglio del medico o del farmacista e si affidano anche ad acquisti di prodotti su siti web, che ne sponsorizzano l'efficacia. Spesso le etichette presenti sulle confezioni, non contengono le informazioni necessarie ai fini della sicurezza del prodotto. Inoltre, i consumatori fanno uso di supplementi dietetici insieme a farmaci convenzionali, ignari dei potenziali rischi di interazioni farmacologiche a cui possono andare incontro. Le piante medicinali comunemente utilizzate sono Amorphophallus konjac, chitosano, Cyamoppsis tetragonolobus, acido linoleico coniugato, Ephedra, Garcinia cambogia e Plantago ovata. Un recente studio ha analizzato una serie di sospette reazioni avverse provocate da formulazioni dimagranti di origine vegetale, allo scopo di sensibilizzare un utilizzo responsabile di tali prodotti(1). Le reazioni sono state a carico del sistema cardiovascolare, pelle, apparato digerente, sistema nervoso centrale, fegato e altri organi come reni tiroide e pancreas. La maggior parte dei prodotti conteneva un elevato numero di componenti. Reazioni cardiovascolari come ipertensione, tachicardia, fibrillazione ventricolare sono state associate a prodotti contenenti Citrus aurantium, guarana, o ma huang, poiché tali sostanze contengono diversi alcaloidi (come sinefrina, caffeina ed efedrina) che stimolano il sistema nervoso simpatico e aumentano il rischio di aritmia, ictus e infarto del miocardio. Queste reazioni cardiovascolari sono sufficienti per evidenziare la necessità di un'attenta considerazione quando si utilizzano le piante medicinali che contengono sostanze cardioattive, soprattutto in quei soggetti che presentano fattori di rischio cardiovascolari e/o soffrono di ipertensione. Per quanto riguarda, invece, i farmaci con attività anticoagulante e/o antiaggregante piastrinica, questi sono spesso implicati in interazioni erbe-farmaco, e alcune piante medicinali contenute nei prodotti sospetti (per esempio, tarassaco, ortica, papaia) sono note per indurre le isoforme degli enzimi CYPs. Pertanto, al fine di evitare interazioni pericolose, i pazienti più anziani con malattie croniche, che sono di solito trattate in politerapia farmacologica, devono evitare di assumere rimedi naturali. Supplementi dietetici contenenti Coleus Forskohlii, sono stati ritenuti responsabili di effetti avversi al sistema nervoso centrale. La radice di questa pianta contiene infatti, forskolina, la quale, attivando l'adenilato ciclasi, aumenta i livelli di adenosina monofosfato ciclico (cAMP), stimola la lipolisi nelle cellule grasse, e promuove la secrezione dell'ormone tiroideo, contribuendo al controllo del peso. In alcuni soggetti, l'assunzione di tale sostanza ha provocato una sindrome anticolinergica. Disturbi gastrointestinali nei pazienti trattati con preparazioni a base di fibre solubili sono ben noti, tuttavia, un caso ha richiesto ulteriore attenzione. Una giovane donna di 22 anni è stata sottoposta ad un intervento chirurgico a causa di una lesione esofagea dopo una grave ostruzione dovuta all'ingestione di una compressa contenente chitosano, inulina, e altri ingredienti. Per quanto riguarda le reazioni avverse epatiche, sono stati segnalati sei casi di epatite. Due di questi erano legati a prodotti contenenti Garcinia Cambogia. In un caso l'uso di Garcinia Cambogia è stato associato con tè verde e acido linoleico. Un altro caso riguarda una donna di 45 anni di età, asmatica, che è stata ricoverata in ospedale, una settimana dopo l'assunzione per 7 giorni di due supplementi dietetici dimagranti che contengono, tra gli altri ingredienti, Garcinia Cambogia e Citrus aurantium. La paziente era in trattamento cronico con montelukast, un antagonista del recettore dei leucotrieni, da 5 anni prima della comparsa di insufficienza epatica fatale. È significativo che i citroflavonoidi contenuti nel  Citrus aurantium possano aver inibito l'isoforma CYP3A4 con un conseguente aumento della concentrazione plasmatica e della relativa tossicità del farmaco metabolizzato dallo stesso sistema. Altre reazioni avverse di tipo dermatologico sono state attribuite a formulazioni contenenti Ginkgo biloba. Molti prodotti utilizzati per il controllo del peso contengono sostanze di origine vegetale con caratteristiche farmacologiche ben note che sono anche responsabili di effetti indesiderati prevedibili e quindi evitabili. Per questi motivi, alcuni integratori alimentari devono essere utilizzati sotto stretto controllo medico, e non come automedicazione. Un'altra recente indagine(2), condotta in Brasile ha utilizzato metodologie analitiche particolarmente sofisticate (tra cui tecniche cromatografiche ed elettroforetiche, spettroscopiche ed elettrochimiche) allo scopo di identificare selettivamente tutti i componenti di alcune formulazioni fitoterapiche dimagranti, che avevano provocato reazioni avverse segnalate dai consumatori (mal di testa, insonnia, nausea, dolore al petto, palpitazioni e stanchezza). Le analisi sui prodotti hanno rivelato la presenza di principi attivi di origine sintetica, aggiunti quali adulteranti, allo scopo di rendere maggiormente efficace il prodotto, a scapito della salute del consumatore. Tali sofisticazioni riguardano l'aggiunta di agenti farmaceutici anoressizzanti, ansiolitici e antidepressivi oltre a lassativi e diuretici. Sono stati identificati fenproporex, clordiazepossido, fluoxetina e sibutramina. In un altro studio pubblicato in Brasile, il 50% dei campioni di formulazioni analizzati era adulterato da benzodiazepine ma anche da fenolftaleina, spironolattone, furosemide, idroclorotiazide e altri agenti stimolanti come fenfluramina e fenilpropanolamina. Alla luce di quanto riportato, al fine di migliorare la qualità e la sicurezza dei supplementi dietetici, risulta importante lo sviluppo di tecniche innovative nel campo della chimica analitica per la caratterizzazione di componenti bioattivi e l'individuazione di adulteranti pericolosi e contaminanti. Allo stesso tempo sarebbe necessario migliorare la qualità dell'informazione nei mezzi di comunicazione di massa con un chiaro ed esplicito profilo del rapporto rischio/beneficio.
  1. Vitalone A, Menniti-Ippolito F, Moro PA, Firenzuoli F, Raschetti R, Mazzanti G. Suspected adverse reactions associated with herbal products used for weight loss: a case series reported to the Italian National Institute of Health. Eur J Clin Pharmacol. 2011 Jan 18.
  2. de Carvalho LM, Martini M, Moreira AP, de Lima AP, Correia D, Falcão T, Garcia SC, de Bairros AV, do Nascimento PC, Bohrer D. Presence of synthetic pharmaceuticals as adulterants in slimming phytotherapeutic formulations and their analytical determination.  Forensic Sci Int. 2011 Jan 30;204(1-3):6-12.
Loreta Longo ed Eugenia Gallo
Istituto di Farmacologia preclinica e clinica
Università degli Studi di Firenze