Su invertebrati, moscerini e topolini c'è la certezza da tempo: mangiar poco allunga la vita, anche di parecchio. Qualche mese fa lo stesso risultato è stato dimostrato in animali che sono nostri parenti stretti, i macachi. Ora una ricerca condotta su cellule umane segna un altro punto a favore della teoria della restrizione calorica, secondo cui «tirar la cinghia» fa vivere più a lungo e molto probabilmente meglio. STUDIO SPERIMENTALE – La ricerca, uscita sul FASEB Journal, è stata condotta su cellule polmonari umane normali e precancerose, in uno stadio che precede di poco la trasformazione tumorale vera e propria. Entrambi i tipi cellulari sono stati fatti crescere in vari terreni di coltura, ricevendo quantità di glucosio normali o ridotte; i ricercatori, del Center for Aging e del Comprehensive Cancer Center dell'Università dell'Alabama, le hanno seguite nel corso di alcune settimane per vedere come e quanto si moltiplicavano e per registrarne la sopravvivenza. Chiari i risultati: se lo zucchero a disposizione scarseggiava, le cellule normali vivevano più a lungo, quelle pre-tumorali morivano. C'è dell'altro: valutando l'espressione e l'attività di alcuni geni-chiave delle cellule i ricercatori si sono accorti che la «dieta» a basso contenuto di glucosio stimolava un aumento dei livelli di telomerasi, l'enzima che «mantiene giovani» i telomeri (le strutture terminali dei cromosomi che si accorciano man mano che si invecchia); inoltre, la scarsità di glucosio riduceva l'attività di un altro gene che invece rallenta la funzione della telomerasi.
CONFERME – Tutti effetti che non dipendono da mutazioni nel DNA, ma sono una reazione all'ambiente in cui si trova la cellula: si chiamano effetti epigenetici e stanno assumendo una sempre maggiore importanza agli occhi degli scienziati perché possono condizionare il destino delle cellule molto più di quanto ci si aspettasse in passato. I dati degli statunitensi portano acqua al mulino di chi da anni sostiene che ridurre l'introito di cibo (specialmente dolce, parrebbe) possa farci vivere di più e meglio. Il direttore della rivista su cui è stato pubblicato il lavoro si spinge a prevedere che ci vorrà poco per «ottenere una fontana della giovinezza farmacologica, una pillola in grado di far vivere a lungo e senza tumori»; l'autore dell'articolo, Trygve Tollefsbol, spera dal canto suo che «la scoperta possa aiutare a capire come prevenire i tumori e altre malattie età-correlate, riducendo e controllando l'introito calorico in specifiche popolazioni cellulari». In altre parole, «affamare» selettivamente cellule che altrimenti invecchierebbero presto o le cellule tumorali: per farlo ci vorranno farmaci che per ora sono più che futuribili. Per stare meglio e invecchiare senza acciacchi, meglio cominciare allora mangiando poco e sano: la dimostrazione che basta introdurre cento calorie in meno al giorno per tagliare del 10 per cento il rischio di disabilità tipiche dell'anziano è arrivata poco tempo fa, da una ricerca presentata all'ultimo congresso della Società Italiana di Gerontologia e Geriatra. Condotta non su cellule, ma su uomini e donne in carne e ossa. E visto che gli indizi vanno tutti nello stesso senso, pare proprio che convenga essere parchi a tavola se vogliamo arrivare a soffiare su 80 o 90 candeline, magari in buona salute.
Elena Meli
21 gennaio 2010
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