03 agosto 2012

ALIMENTARSI CON FAME INIZIALE - VIVI TE STESSO, NON FARTI CONDIZIONARE (ALIMENTAZIONE OMEOSTATICA) di Mario Ciampolini e Lorenzo Ciampolini

L'essere umano si adatta, il più delle volte a spese delle difese. Mangia per non sentire la fame, seguita a stare perfettamente bene ma aumentano i rischi. L’attuale numero di malattie, leucemie, allergie, tumori ed infarti c'è sempre stato, ma non è una maledizione genetica. Può esser evitato diminuendo la resistenza all’insulina e le sue conseguenze: stato pro-infiammatorio, grandi rischi e deterioramenti. La resistenza all’insulina dipende dall’alimentarsi, che è abituale. Abbiamo studiato la glicemia cioè il nutrimento disponibile per le cellule corporee, prima dei tre pasti con diario di 7 giorni in 120 adulti. In 7 giorni, l’intervallo medio di confidenza era ± 3.8 mg/dL attorno alla glicemia media della settimana. La variazione della media dopo 5 mesi era 0 mg/dL, e tenendo conto delle variazioni assolute (aumenti e diminuzioni) la variazione delle medie setimanali era 6.0 ± 4.6 mg/dL in 31 soggetti di controllo dopo 5 mesi. Dai 60 mg/dL ai 115 mg/dL, I soggetti erano stratificati per la loro media glicemica settimanale in 8 – 10 livelli di abitudine alimentare (la media glicemica settimanale è la provvisione media di nutrimento alle proprie cellule), e ogni livello era significativamente diverso dagli altri. Coloro che tenevano una media glicemica elevata potevano stare bene o aver vari disturbi, ma avevano tutti resistenza all’insulina (più rischi e deterioramenti) rispetto ai soggetti che avevano un media glicemica bassa. Il 70% - 80% della popolazione ha livelli glicemici elevati.
Possono stare bene, ma le persone con livelli pre-prandiali più alti sono sfortunati: hanno uno stato di resistenza all’insulina e il conseguente stato d’infiammazione subclinica diffusa (allergie, ecc.); hanno più rischi, deterioramenti e dolori. I più sfortunati per la scelta alimentare che hanno inconsapevolmente fatto, possono apprendere le abitudini di quei pochi (20% - 30%) più sani. Questo volume insegna a riconoscere le sensazioni individuali di fame iniziale (Cap. VI e VII) misurando la glicemia per imparare a indovinarla.
Richiede abilità e pazienza per imparare in una o due settimane, non occorrono assolutamente sacrifici, il pasto deve precedere la sofferenza. Alimentarsi con fame iniziale (AFI) è sufficiente per vivere bene durante la giornata e mantenere costante un peso che non è eccessivo, ma ideale per ogni funzione, anche per l’attrazione dell’altro sesso. Può essere scelta per tutta la vita per appareggiarsi a coloro che vivono meglio, più a lungo, senza deterioramenti, senza rischi. 

CLA modula la risposta immunitaria in soggetti con il morbo di Chron



L'acido linoleico coniugato (CLA) è un isomero dell'acido linoleico, un acido grasso polinsaturo della serie omega 6. Il CLA è presente in natura nei tessuti animali e nei cibi e diversi studi hanno testato i suoi effetti di miglioramento della composizione corporea. Il CLA è infatti utile nella riduzione della massa grassa poiché contrasta l'accumulo di trigliceridi da parte degli adipociti.
Il CLA ha dimostrato inoltre di modulare la risposta immunitaria e di contrastare l'infiammazione in modelli animali di colite. Un recente studio ha valutato l'attività immunomodulatoria del CLA nell'uomo, in particolare in soggetti con disturbo di Chron lieve o moderato.
Lo studio ha coinvolto 13 soggetti con morbo di Chron lieve o moderato che hanno ricevuto CLA ad alto dosaggio per 12 settimane. Sono state isolate le cellule mononucleate circolanti all'inizio dello studio e dopo 6 e 12 settimane per valutare la proliferazione linfocitaria e la produzione di citochine.
L'integrazione con CLA ha dimostrato di ridurre significativamente la capacità dei sottoinsiemi CD4+ e CD8+ dei linfociti T di produrre IFN-γ, TNF-α ed IL-17 (marker di infiammazione) e la proliferazione linfocitaria dopo 12 settimane.
L'integrazione con CLA risulta ben tollerata e riduce la capacità delle cellule T periferiche di produrre citochine pro-infiammatoriecontrasta il disturbo infiammatorio e migliora la qualità della vita in soggetti con morbo di Chron.

Bibliografia: Bassaganya-Riera J et al. 'Conjugated linoleic acid modulates immune responses in patients with mild to moderately active Crohn's disease' Clin Nutr 2012

31 luglio 2012

Malattie Autoimmuni - Articolo scritto dal dott Mainardi Paolo - ricercatore presso Università degli Studi di Genova



Subito dopo la loro scoperta, circa un secolo fa, le patologie autoimmuni sono state studiate sulla base di diverse teorie incentrate sulla produzione di autoanticorpi. Cioè di anticorpi che, per motivi diversi, il corpo umano sarebbe capace di produrre contro se stesso.  Anni di ricerche in tal senso non hanno prodotto terapie vincenti per queste devastanti patologie, pertanto sono necessari nuovi approcci, nuove idee.
Recentemente per le patologie autoimmuni è stato preso in considerazione il ruolo dell’intestino[1]. Infatti, in queste patologie autoimmuni è riportata un’elevata permeabilità intestinale. Un intestino troppo permeabile lascia passare grosse frazioni peptidiche prima che queste siano ridotte a piccoli peptidi. Contro questi grandi peptidi si scatenerà una risposta anticorpale, che dipende unicamente dalle dimensioni delle molecole che entrano nel torrente circolatorio.
Questi grandi peptidi potranno accumularsi presso sequenze amminoacidiche delle proteine tissutali a loro simili (simile cerca simile), ma in questo modo, portandosi dietro  gli anticorpi questi si attiveranno questi attaccheranno anche le sequenze amminoacidiche delle proteine tissutali simili, in quanto la tollerabilità degli anticorpi non è in grado di distinguere la sequenza ammino acidica del peptone “clandestino”da quella della proteina tissutale.
In pratica la risposta immunitaria non è impazzita, ma attacca, giustamente, le proteine tissutali che hanno sequenze amminoacidiche simili a quelle delle grosse frazioni proteiche (peptidiche) “clandestine” che la hanno attivata.
Studi recenti confermano la presenza di elevata permeabilità intestinale nelle patologie autoimmuni, oggi misurabile in modo preciso grazie alla determinazione plasmatica di una proteina, lo Zonulin, che è stata vista controllare la permeabilità intestinale.
Elevati livelli di questa proteina corrispondono ad elevata permeabilità[2].
Oggi si è appreso che la permeabilità intestinale non è un fattore statico, ma dinamico, modulabile in base a stimolazioni, nell’arco di ore.
ELEVATI LIVELLI DI ZONULIN SONO STATI RIPORTATI NELLE PATOLOGIE AUTOIMMUNI, confermando l’elevata permeabilità.
L’alfa-lattoalbumina, sieroproteina del latte ha il compito di ridurre la permeabilità intestinale, che è massima al momento della nascita: nel colostro umano rappresenta il 40% delle proteine totali.
Altrimenti intere proteine possono attraversare la membrana intestinale.
In 6-7 giorni di allattamento la permeabilità viene ridotta e vengono attivati i processi difensivi intestinali e quelli assorbitivi.
Ridurre la permeabilità intestinale impedisce l’ingresso nel torrente circolatorio dei grossi peptidi responsabili della risposta anticorpale che attaccano le proteine tissutali, dando origine alle patologie autoimmuni.  In questo modo si ferma il problema dalla sua origine.
[1] Fasano A, Shea-Donohue T. Mechanisms of disease: the role of intestinal barrier function in the pathogenesis of gastrointestinal autoimmune diseases. Nat Clin Pract Gastroenterol Hepatol. 2005 Sep;2(9):416-22
[2] Wang W, Uzzau S, Goldblum SE, Fasano A. Human zonulin, a potential modulator of intestinal tight junctions. J Cell Sci. 2000 Dec;113 Pt 24:4435-40.


27 luglio 2012

Picnogenolo allevia i sintomi della menopausa


08-06-2012

L'assunzione giornaliera di estratto di Pino marittimo francese può alleviare i sintomi della menopausa e disturbi digestivi secondo i risultati di un recente studio italiano. L'assunzione per 8 settimane di Picnogenolo è risultata infatti associata ad un miglioramento dei segni e dei sintomi di menopausa tra cui vampate, sudorazione notturna, alterazioni dell'umore, perdita della libido e secchezza vaginale.
Lo studio ha coinvolto 70 donne in perimenopausa di età compresa tra i 40 e i 50 anni. Le donne sono state randomizzate per ricevere un trattamento giornaliero con Picnogenolo o con placebo per 8 settimane. I risultati hanno dimostrato che l'integrazione con Picnogenolo ha alleviato sintomi quali vampate, sudorazione notturna, alterazioni dell'umore, perdita della libido e secchezza vaginale. Oltre ad arginare i sintomi del climaterio l'estratto di pino marittimo francese ha dimostrato anche di contrastare lo stress ossidativo.
Infine le donne in menopausa presentano un elevato rischio di sviluppare patologie cardiovascolari e il miglioramento della funzione endoteliale che si ottiene con il Picnogenolo può perciò essere utile in questa fase della vita. Picnogenolo normalizza l'attività piastrinica se troppo elevata ed aiuta a contrastare l'insorgenza di trombosi. 

Bibliografia: Errichi S. et al. 'Supplementation with Pycnogenol improbe signs and symptoms of menopausal transition' Panminerva Medica 2011; 53 (suppl 1 n.3): 65-70

13 luglio 2012

DAL MONDO DELLE ALGHE


 
Prime forme viventi, le alghe non solo testimoniano il nostro passato, ma rappresentano un’ancora di salvezza per il nostro futuro. Contengono in maniera concentrata tutte le sostanze nutritive necessarie all’organismo umano.
Fossil Diatoms - Natural History Museum London
Prima ancora che la Natura decidesse cosa fare del nostro pianeta, era l’ALGA. Tre miliardi di anni fa, immerse in un’atmosfera di gas irrespirabili, alcune microsfere fotosintetiche, poco più che batteri, alghe appunto, iniziarono una lenta ma inesorabile opera di trasformazione. Il sottoprodotto della fotosintesi clorofilliana, l’ossigeno, occupava allora meno dell’1% dell’atmosfera.
Con quest’opera instancabile, che tuttora continua, le alghe hanno potuto lentamente trasformare i gas atmosferici producendo aria respirabile e ponendo così le basi per l’evoluzione delle forme di vita superiori.
Da allora anche le alghe si sono evolute e specializzate in oltre 20.000 specie oggi conosciute, che si distinguono secondo la pigmentazione: Cloroficee (alghe verdi), Feoficee (alghe brune), Rodoficee (alghe rosse), Cianoficee (alghe azzurre).
Che le alghe si mangino in ogni angolo della terra è ormai risaputo, ma forse ancora pochi conoscono e riconoscono i sapori caratteristici e gli importantissimi valori nutrizionali che esse racchiudono. Sali minerali, oligoelementi, vitamine, aminoacidi, acidi grassi essenziali ….
Praticamente tutto quello che ci serve per star bene ad un bassissimo costo calorico ed un elevatissimo indice di digeribilità. Non solo sono commestibili per noi umani ma possono essere ancor più utili negli allevamenti e nelle colture a regime biologico, oltre che per i nostri animali domestici e le piante di casa.
C’è chi poi, semplicemente osservando le loro naturali caratteristiche, ha sperimentato con successo il loro utilizzo per la depurazione delle acque reflue. Le alghe, in simbiosi con i batteri, si nutrono dei nostri rifiuti organici, trasformandoli in biomassa ed ossigeno. Gia si producono petrolio e metano dalla biomassa algale, e ben presto, quando questo nuovo combustibile prenderà piede, con le alghe potremo produrre l’idrogeno in maniera pulita e sostenibile. Si intravedono ipotesi futuribili di sfruttamento su larga scala di una risorsa economica pulita e praticamente inesauribile. Già oggi, Compagnie multinazionali ne utilizzano alcuni elementi caratteristici (phycocolloidi) per le più svariate applicazioni, dall’industria chimica a quella alimentare.
L’industria farmaceutica e quella cosmetica trovano che parti più nobili delle alghe (vitamine, acidi grassi, etc.) siano specificamente indicate ai loro scopi. E l’uomo perpetua i suoi errori, smontando e rimontando la natura a proprio arbitrio con la presunzione di poterla migliorare, o semplicemente per colmare il vuoto di una vita troppo legata al suo valore materiale e quindi lontana dalla sua stessa essenza.
Le alghe, i nostri antenati geniali meritano quindi il rispetto che si deve ai patriarchi, che con la loro esperienza sono in grado di indirizzare i nostri passi verso la strada della consapevolezza, senza però volerne snaturare i principi, lasciando cioè il più possibile intatti gli equilibri naturali.
Per quanto riguarda la nostra salute possiamo trovare nelle alghe valide alleate per migliorarla.
Grazie al riequilibrio energetico indotto dall’assunzione regolare di piccole quantità di differenti qualità di alghe marine e microalghe, il nostro organismo può beneficiare di un considerevole apporto di “micronutrienti” proporzionalmente bilanciati ed equilibrati per far fronte a possibili carenze o sovraconsumi. La composizione biochimica della struttura algale è indice di quali possano essere gli imput positivi indotti dalla loro assunzione rispetto ai blocchi metabolici ed energetici che impediscono o limitano la funzionalità dei nostri organi . Lungi dall’essere medicine, le alghe sono però alimenti del tutto particolari, indicati principalmente per migliorare la funzionalità dell’apparato gastro-intestinale, per innalzare i livelli metabolici ed energetici, per favorire la circolazione dei fluidi organici, per depurare e disintossicare, per normalizzare la composizione ematica, per rallentare i processi degenerativi della senescenza.
Usate per l’alimentazione, per la cosmesi, in campo curativo, le alghe non hanno solo lo scopo di aiutarci a livello materiale, ma rappresentano il legame con una antica memoria inconscia, legata al mare nel quale la vita ebbe origine e dal quale possiamo attingere l’energia primordiale per ritornare alle origini, per avvicinarci all’assoluto.

COME SCEGLIERE LA FRUTTA GIUSTA DI STAGIONE


frutta e verdura km 150x150 Come scegliere la frutta giusta di stagioneImparare a fare la spesa di verdure e frutta di stagione oltre a essere un beneficio per la nostra salute lo è anche per il nostro portafoglio. I Km zero ci permettono di risparmiare, far funzionare l’economia locale e avere anche più gusto nei prodotti che andiamo a consumare. Inoltre teniamo presente che prodotti importati da oltremare – leggi Asia, Africa del Sud, Nuova Zelanda, … – hanno un bilancio ecologico capace di rendere amaro anche la torta più dolce; il consumo di carburante e le relative emissioni sono enormi.
Il trasporto di 1 kg di asparagi dal Sudafrica, ad esempio, consuma 4 litri di cherosene, mentre l’import di 3 kiwi dalla Nuova Zelanda produce 2 kg di CO2.
Pertanto quando fate la spesa non pensate che “l’erba del vicino è sempre più verde” … scegliete i prodotti in base alla loro provenienza regionale e secondo i periodi di raccolta elencati di seguito.

Verdura: gennaio – giugno

GenFebMarAprMagGiu
Asparagixxx
Broccoli
Carote
Cavolfiore
Cavolo neroxx
Cetrioli
Cipolle
Fagiolix
Finocchio
Mais
Melanzane
Patate
Peperonix
Pisellixx
Pomodori
Porrixx
Rape rossexx
Sedanox
Sedano rapa
Spinacixxx
Verzexx
Zucca
Zucchini

Verdura: luglio – dicembre

LugAgoSetOttNovDic
Asparagi
Broccolixxxxx
Carotexxxx
Cavolfiorexxxxx
Cavolo neroxxx
Cetriolixxxx
Cipollexxxxxx
Fagiolixx
Finocchioxx
Maisxxx
Melanzanexxx
Patatexxx
Peperonixxxx
Pisellixx
Pomodorixxxx
Porrixxxxxx
Rape rossexxxxx
Sedanoxxxx
Sedano rapaxxxx
Spinacixxx
Verzexxxxxx
Zuccaxxx
Zucchinixxxxx

Frutta: gennaio – giugno

GenFebMarAprMagGiu
Albicocchex
Arancexxxxxx
Ciliegexx
Fragolexx
Lamponix
Limonixxxxxx
Mele
Mirtillix
Mirtilli rossi
More
Pere
Peschex
Prugne
Ribesx
Uva

Frutta: luglio – dicembre

LugAgoSetOttNovDic
Albicocchexx
Arancexx
Ciliege
Fragolexxx
Lamponixxx
Limonixxx
Melexxxx
Mirtillix
Mirtilli rossixx
Morexxxx
Perexxx
Peschexx
Prugnexxx
Ribesxx
Uvaxx
Speriamo che tutto questo possa tornarvi utile e tornare utile anche all’ambiente riducendo le emissioni…..
Agnese Tondelli

11 luglio 2012

LG della British Dietetic Association per la sindrome dell'intestino irritabile: ancora poche e deboli le evidenze


La sindrome dell'intestino irritabile (Irritable Bowel Syndrome, IBS) è una condizione patologica che, secondo i dati della World Gastroenterology Organisation (2009), interessa il 9-23% della popolazione mondiale. La IBS interferisce in maniera rilevante sulla qualità della vita, essendo spesso associata ad una personalità ansiosa indirizzata prevalentemente verso i disturbi intestinali. La dieta è importante per la terapia, ma data anche la variabilità dei sintomi (prevalenza di diarrea, IBS-D, prevalenza di stipsi, IBS-C, alternanza di diarrea e stipsi, IBS-M), che si associano al dolore addominale, è difficile trovare in letteratura indicazioni univoche e precise sul comportamento alimentare più opportuno, nonostante qualche tentativo di inserire anche consigli dietetici in linee guida terapeutiche più ampie (Linee guida NICE, 2008). È perciò motivo di interesse la lettura delle nuove linee guida dietetiche elaborate dalla British Dietetic Association (BDA), che sono fo ndate sulle evidenze deducibili dall'analisi di 30 studi pubblicati tra il gennaio 1985 e il novembre 2009 nei principali database internazionali. La terapia dietetica si realizza lungo 3 linee
1.    dopo un accurato studio clinico per indagare sulla salubrità dell'alimentazione e dello stile di vita e per definire i sintomi e il sottotipo dell'IBS, va posta l'attenzione sul latte e i suoi derivati, valutando la tolleranza al lattosio con l'esecuzione di un breath test; se tale esame non è realizzabile viene consigliato di prescrivere una dieta a basso contenuto di lattosio e valutare gli effetti a breve, medio e lungo termine; gli studi considerati documentano, sia pure con una evidenza debole-moderata, la scomparsa dei sintomi o la loro attenuazione in una buona percentuale di casi, qualunque sia stata la durata del trattamento, da 3 settimane a 5 anni; la dieta deve porre attenzione anche ai polisaccaridi non amilacei ed essere equilibrata nell'apporto di fibre, cibi grassi, caffè, alcol, liquidi; anche per i polisaccaridi non amilacei vi è un'evidenza non costante e lieve-moderata nella capacità di ridurre i sintomi
2.    in caso di insuccesso dei provvedimenti di prima linea nei soggetti con IBS-C va eseguito un tentativo con fibre vegetali non solubili, che aumentano il peso delle feci senza incrementare in modo significativo i fenomeni di fermentazione; naturalmente va invece ridotta l'assunzione di carboidrati fermentabili, soprattutto nei soggetti con documentata o sospetta intolleranza al fruttosio e nei soggetti con meteorismo, flatulenza e dolore addominale; in questa fase può essere iniziato l'uso dei probiotici, valutando gli effetti di un solo preparato per un periodo di almeno 4 settimane; i probiotici possono  ridurre i sintomi in modo significativo in una discreta percentuale di pazienti (in uno studio hanno ridotto soltanto la flatulenza e in 2 studi dopo 6 e 8 settimane di impiego non hanno avuto alcun effetto sul quadro clinico)
3.    nei soggetti con IBS-D la terza linea terapeutica prevede il ricorso a una dieta empirica che impieghi solo alimenti abitualmente ben tollerati o una dieta di eliminazione, rinunciando in maniera sequenziale a 1 o 2 alimenti per volta; se nell'arco di 2-4 settimane non vi è scomparsa o miglioramento dei sintomi, è poco probabile che essi siano dovuti agli alimenti eliminati (è ovvio che la dieta di eliminazione può richiedere anche tempi molto lunghi per dare risultati terapeutici).
Le procedure terapeutiche sopra riportate sono derivate da uno studio molto attento e rigoroso. In prima istanza sono stati selezionati 1.130 lavori; di essi 112 sono stati considerati utilizzabili, ma alla fine solo 30 avevano i criteri di inclusione individuati dal gruppo di studio della BDA. Questo gruppo perciò, preso atto della scarsa numerosità di studi attendibili e delle evidenze in linea di massima deboli, esprime una corretta conclusione secondo cui la ricerca in futuro s i deve fondare su studi controllati, ben disegnati, con una casistica numerosa e con un lungo periodo di follow up. Inoltre l'obiettivo di valutare il rapporto efficacia/sicurezza di terapie dietetiche richiede una attenta stratificazione dei sottotipi di IBS.

McKenzie YA et al. (per il Gruppo Specialistico Gastroenterologico della British Dietetic Association). British Dietetic Association evidence-based guidelines for the dietary management of irritable bowel syndrome in adults. J Hum Nutr Diet 2012; 25: 260-274