L’intestino di un soggetto adulto ospita circa 500 specie unicellulari. Queste, quasi tutte batteriche, vengono identificate come ‘flora’ o ‘microflora’ intestinale con funzioni fondamentali e vitali per il benessere e la sopravvivenza stessa dell’individuo.
L’intestino umano, sterile alla nascita, viene rapidamente colonizzato da microrganismi (piogeni, patogeni, funghi e altri più rari organismi unicellulari) fino ad ammontare, in un individuo adulto, a circa 1014 cellule vive.
Lo sviluppo della flora intestinale segue uno schema ben noto: all’inizio l’intestino è sterile nell’utero materno, e subisce la prima contaminazione per via orale a partire dalla flora vaginale materna. Tra il 20° giorno dalla nascita, e fino al 4°-6° mese di vita, si sviluppa una flora primariamente costituita da bifidobatteri. Con lo svezzamento si assiste ad una lenta transizione che condurrà infine il giovane intestino ad una composizione sovrapponibile a quella tipica di un soggetto adulto.
Una volta stabilizzata nell’intestino adulto, la flora risulterà essere piuttosto segmento-specifica lungo l’asse gastrointestinale: lo stomaco, con meno di 104 microrganismi totali/ml, conterrà essenzialmente i generi candida, helicobacter, lattobacillus e streptococcus; il duodeno e il digiuno (circa 104 /10 5 cellule totali/ml) conterranno bacteroides, candida, lattobacillus e streptococcus; l’ileo (circa 107 /108 cellule totali/ml) conterrà bacteroides, clostridium, enterococcus, lattobacillus e veillonella; il colon (circa 1010/1011 cellule totali/ml) conterrà bacteroides, bacillus, bifidobacterium, clostridium, enterococcus, eubacterium, fusobacterium, peptostreptococcus, ruminococcus, streptococcus.
Un’analisi numerica, non segmento-specifica, consente invece di evidenziare le popolazioni in relazione alla loro presenza quantitativa totale. In base a quest’analisi riconosciamo: 1010 bacteroidi
(organismi patogeni solo nei tessuti al di fuori dell’ambito intestinale); 109 bifidobatteri; 109 eubacteriaceae (tra cui coliformi e clostridi non necessariamente patogeni); 109 streptococchi e 108 batteri lattici. Nel loro insieme compongono la microflora.
Per quanto concerne il trattamento prebiotico, è potenzialmente possibile costituire uno strumento preventivo-terapeutico per le disbiosi in genere, tenendo in attenta considerazione i rapporti quantitativi tra bifidobatteri e batteri lattici che, nel loro insieme, sono il reale bersaglio del trattamento prebiotico (Composizione prebiotica ad alta specificità per lattobacilli e bifido batteri in prevenzione e trattamento delle alterazioni della flora intestinale, F. Di Pierro, A. Callegari, M. Speroni, R. Prazzoli, G. Rapacioli, L’ Integratore Nutrizionale 2009, 12 ).
Largamente riconosciuti dalla comunità scientifica come in grado di influenzare positivamente il benessere intestinale inteso come capacità immunologica, digestiva, di transito, anti-stipsi, anti-diarroica e di assorbimento dei nutrienti, bifidi e lattobacilli possono essere infatti ‘alimentati’ ricorrendo all’uso di fibre prebiotiche, costituendo queste un vero e proprio substrato nutritizio solo per queste due specie batteriche.
Secondo la definizione del Ministero della Salute ‘le fibre prebiotiche sono sostanze non digeribili di origine alimentare che, quando assunte in quantità adeguata, favoriscono selettivamente la crescita e l’attività di uno o più batteri già presenti nel tratto intestinale o che vengono assunti insieme al prebiotico’.
Fibre prebiotiche scientificamente documentate, e quindi impiegabili in sicurezza, per uso umano sono: l’inulina, i galatto-oligosaccaridi (GOS), i frutto-oligosaccaridi (FOS), il lattosaccarosio, le pirodestrine, i soia-oligosaccaridi, i trans-galatto-oligosaccaridi, gli isomalto-oligosaccaridi, il lattilolo, il lattulosio, gli xilo-oligosaccaridi e il polidestrosio.
L’inulina è una miscela di oligosaccaridi caratterizzata dalla presenza di fruttosio polimerico a 10-12 subunità (legame beta-2-1-glucosidico); è presente in natura e rintracciabile, ad esempio, nella radice di Cichorium intybus (la comune cicoria) e in altre specie vegetali. L’inulina è una fibra bifido-specifica.
I GOS sono invece oligomeri del galattosio (epimero del glucosio), ma anch’essi mostrano elevata ceppo-specificità verso i bifidobatteri.
I FOS sono polimeri a corta catena, contenenti alternanza di D-fruttosio e D-glucosio (3-5 subunità). Anche i FOS sono fibre bifido-specifiche.
- Fibre lattobacillo-specifiche.
Gli isomalto-oligosaccaridi (IMO) sono polimeri dell’isomalto, a sua volta disaccaride costituito da glucosio e mannitolo, fermentabili anche, e principalmente, dai batteri lattici.
Il lattilolo e il lattulosio sono fibre disaccaridiche analoghe (D-lattosio e D-fruttosio) ottenute per via semi-sintetica e normalmente impiegate nel trattamento della costipazione e dell’encefalopatia epatica. Sono anch’esse fermentabili anche dai lattobacilli ad acidi organici a corta catena (lattato, acetato, butirrato e propinato).
Infine il polidestrosio, polimero del destrosio, che è invece particolarmente fermentabile dai batteri lattici.
Già da questa elencazione è possibile notare un certo grado di specificità, per genere, in favore delle fibre con caratteristiche di bifidogenicità, almeno in termini numerici. La conoscenza di questa caratteristica però non è sufficiente per elaborare, sotto il profilo teorico, un optimum nutrizionale prebiotico.
Altre caratteristiche devono infatti essere considerate: il rapporto numerico tra le popolazioni, la loro locazione specifica (soprattutto a livello di colon ascendente, trasverso e discendente) e il grado di fermentabilità di una determinata fibra nei diversi acidi organici a corta catena.
- Correlazioni numeriche necessarie alla corretta formulazione della miscela prebiotica.
Come già detto, in un intestino sano i due ceppi, bifidobacterium e lattobacillus, coesistono in rapporto 10:1: di conseguenza i componenti prebiotici bifidogenici e lattogenici dovranno essere opportunamente miscelati in rapporto 10:1 così da riprodurre le naturali proporzioni intestinali.
Tra i bifidogenici, particolare attenzione deve essere rivolta soprattutto ai rapporti tra inulina, GOS e FOS; nell’insieme tali fibre risultano essere la scelta d’elezione, se non altro per mole di documentazione disponibile in ambito clinico.
Degno di nota e rilievo, GOS e FOS sono naturalmente presenti, in rapporto 9:1, nel latte materno. Questo rapporto deve essere ritenuto fondamentale, e quindi mantenuto invariato, se si considera il latte materno come il primo elemento dietetico naturale formante la microflora intestinale bilanciata del neonato.
In considerazione del fatto che GOS e FOS hanno tempi di fermentabilità più brevi, e quindi teoricamente vengono scisse nella prima porzione del colon, rispetto all’inulina, a sua volta fermentata specialmente nel tratto finale di quest’ultimo, la miscela GOS/FOS dovrà risultare in rapporto 1:1 con l’inulina.
Essendo inoltre bifidobatteri e lattobacilli bilanciati, in un intestino sano, in rapporto 10:1, la quota di fibra bifidogenica dovrà essere in rapporto 10:1 con quella lattogenica.
Nel formulare quest’ultima, la miscela con caratteristiche di lattogenicità, bisognerà poi valutare la necessità di avere fibre capaci di determinare da parte loro una equa e proporzionata produzione di acidi organici a corta catena, avendo questi (butirrato, propionato, acetato e lattato) un ruolo trofico per l’epitelio intestinale e anti-patogenico differente. In questo senso la miscela di fibre funzionalmente più attiva è costituita dalla miscelazione, in rapporto 2:1:1, di isomaltooligosaccaride:lattulosio:polidestrosio.
- Composizione e sicurezza della miscela prebiotica.
Sulla base di quanto fin qui descritto, e con l’obiettivo di ottenere un formulato ad azione prebiotica specifica, è stata sviluppata una miscela costituita da: inulina, GOS, FOS, isomalto-oligosaccaride, lattulosio e polidestrosio.
Su tale formulato, oggetto di brevetto, è stato condotto uno studio di tossicità orale acuta (dose fissa) somministrando una dose di 2000 mg/kg/per os ad un gruppo di 5 ratti femmina (SD) mediante sondino gastrico. Secondo i risultati di tale studio la miscela prebiotica risulta priva di tossicità.
Il preparato prebiotico in oggetto è stato sottoposto ad indagine clinica pilota ambulatoriale su 10 pazienti con diagnosi di sindrome del colon irritabile (IBS) già trattata con un preparato a base di olio essenziale di menta microincapsulato e risolta, almeno in termini di manifestazione dolorosa, ma nei quali sussisteva ancora un’evidente produzione di gas intestinale con discomfort e possibile evidenza di alvo alterno, diarrea e stipsi in linea con un quadro di disbiosi e alterazione della flora.
Questi soggetti (8 femmine e 2 maschi) di età compresa tra i 18 e i 55 anni, in assenza di ulteriore diversa terapia, sono stati trattati con una bustina di prodotto al giorno, al mattino a stomaco vuoto, per 14 giorni.
Ad inizio e fin trattamento, mediante scala analogico visiva di Scott-Huskisson (score tra 0 e 10), è stata eseguita una valutazione sintomatologica. Da tale valutazione si evince come il prodotto, dopo 14 giorni di terapia riduca sensibilmente la produzione di gas intestinali ed il discomfort conseguente, contrastando efficacemente anche i quadri di alvo alterno e diarrea e, parzialmente, quelli di stipsi che residua evidente in un paziente su due.
Il prodotto inoltre è risultato ben tollerato e, tranne un episodio di cefalea, non sono stati registrati segni avversi sicuramente imputabili al trattamento e, di conseguenza, nessun caso di abbandono è stato registrato.
Le alterazioni della flora intestinale, secondarie ad IBS, antibiotico-terapia, sbilanciamenti dietetici, stress, colite, diarrea ad eziologia varia, etc, vengono oggi trattate principalmente con farmaci (principalmente OTC) e/o integratori alimentari contenenti ingredienti probiotici e/o prebiotici.
Nonostante i probiotici abbiano nella scarsa vitalità dei ceppi impiegati nel formulato finito, sempre più spesso rivendicato come ‘stabile’ anche a temperatura ambiente, il loro grande limite, i prebiotici vengono, nella maggior parte dei casi, considerati complementi di formula che consentono semplicemente al prodotto probiotico di essere rivendicato come simbiotico grazie alla loro presenza.
Al contrario, oltre ad essere un valido principio attivo, le fibre prebiotiche hanno il grande vantaggio di essere facilmente stabilizzate all’interno del formulato finito.
Per esse, inoltre, non deve essere verificata la vitalità dopo il superamento della barriera gastrica e di quella biliare e, soprattutto, non devono essere eseguiti test per verificarne la capacità colonizzante. Anche lo svantaggio, non certo loro esclusivo, di provocare gonfiore, meteorismo e flatulenza può essere poi modulato razionalizzando i dosaggi e le posologie giornaliere.
Nonostante ciò, l’attivo a funzione prebiotico non viene considerato con l’attenzione che, quindi, meriterebbe.
Con una evidente inversione di tendenza, il nostro gruppo di ricerca (Velleja Research) ha sviluppato un preparato a base di fibre prebiotiche partendo dalla considerazione che queste sono nutrizionalmente valide esclusivamente per ceppi di bifidobatteri e lattobacilli che, a loro volta, colonizzano l’intestino sano secondo un determinato rapporto.
La miscela prebiotica formulata è frutto di tutte queste considerazioni e, per questo, è da considerarsi il primo esempio nutrizionale di miscela di fibre prebiotiche sviluppata per un’azione specifica sulla microflora intestinale residente.