Autore Lorenzo Fantacuzzi
I conservanti sono un tema ricorrente nelle discussioni pubbliche e, ogni volta che se ne parla, molti consumatori li associano alle moderne sostanze chimiche nocive contenute negli alimenti. Ma la conservazione del cibo era già praticata diverse centinaia di anni fa, fin da quando l’uomo incominciò a usare il sale e il fumo per evitare che la carne e il pesce andassero a male. Malgrado una certa dose di apprensione, i conservanti sono diventati attualmente un componente indispensabile del cibo che mangiamo. In parte, grazie anche alla crescente domanda da parte dei consumatori di alimenti più variati, facili e pratici, nonché agli elevati standard di sicurezza.
Perché gli alimenti vengono conservati?
La conservazione si definisce solitamente come metodo utilizzato per mantenere una condizione esistente o impedire il deterioramento che può essere determinato da fattori chimici (ossidazione), fisici (temperatura, luce) o biologici (microrganismi). Grazie alla conservazione è stato possibile disporre di cibo da un raccolto all’altro. La principale funzione di questo procedimento è quindi quella di ritardare il deterioramento degli alimenti e di impedire le alterazioni del gusto o, in qualche caso, dell’aspetto. Può essere effettuata in modi diversi, mediante metodi di lavorazione tra cui l’inscatolamento, la disidratazione (essiccazione), l’affumicatura e il congelamento, l’uso di imballaggi e l’impiego di additivi alimentari come antiossidanti o altri conservanti. In questo articolo ci concentreremo sui conservanti.