28 dicembre 2011


Una mela al giorno contro le malattie autoimmuni

Il vecchio proverbio “Una mela al giorno leva il medico di torno” secondo una nuova ricerca risulta assai vero, tuttavia prerogativa fondamentale è che si mangi anche la buccia, oltre al resto del frutto.

Infatti,  il consumo quotidiano di mele, con relativa buccia, potrebbe rivelarsi utile nel prevenire i disturbi legati ad infiammazioni intestinali, compresi la colite ulcerosa, il morbo di Crohn e altre malattie autoimmuni.

É quanto afferma una nuova ricerca della Montana State University, diretta dal Dottor David Pasqual (sezione Dipartimento di Immunologia e Malattie Infettive), pubblicata su “Journal of Leukocyte Biology“.

Secondo la suddetta ricerca infatti, i polifenoli contenuti all’interno della buccia della mela sarebbero in grado di sopprimere l’attivazione delle cellule T, cellule fondamentali del processo immunitario, riuscendo così a moderare l’infiammazione del colon.

Ai fini dello studio, il Dr. Pascual e il suo team di ricerca, hanno utilizzato un modello di colite indotta chimicamente, attraverso l’utilizzo del DSS (Destrano sodio solfato).  Il test è stato condotto su dei topi da laboratorio, che sono stati divisi in due gruppi distinti: ad un gruppo è stato somministrato un placebo e all’altro i polifenoli derivanti dalla buccia di mela.

I risultati dimostrerebbero come i polifenoli causino numerosi benefici.

I topi trattati con i polifenoli non sviluppavano colite, avevano inoltre un minor numero di cellule T attivate nel colon,  inoltre quando i topi consumatori erano privi di linfociti T, i polifenoli reprimevano le citochine pro-infiammatorie (responsabili  dello scatenarsi dell’ l’infiammazione).

Conseguentemente a tale ricerca  il Dr.Pascual ed i suoi colleghi hanno dedotto che l’azione dei polifenoli si concretizzi attraverso  l’eliminazione  delle cellule T o quelle di reclutamento, impedendo così a queste ultime  di attaccare l’organismo.

Tale studio  sarebbe il primo, a dimostrare un ruolo così decisivo delle cellule T mediato dai polifenoli, nella protezione contro una malattia autoimmune  ed ancora una volta, metterebbe in evidenza come spesso siano proprio sostanze  semplici  e naturali a risultare le più efficaci nel mantenimento della buona salute.

A tal proposito il Dr. Wherry dice:”Oltre agli evidenti benefici sulla salute  dei nutrienti e delle fibre contenuti in frutta e verdura, questo studio indica che  qualcosa di relativamente comune come la mela contienga  ingredienti sani  e quindi di  grande valore terapeutico“.

Gli autori dello studio suggeriscono che tali risultati, potrebbero portare alla creazione di nuove terapie per le persone con disturbi legati ad infiammazioni intestinali, la mela potrebbe quindi essere un rimedio naturale   tale da risultare complementare alle terapie convenzionali.

Infine i ricercatori concludono: “I nostri risultati mostrano che una sostanza naturale contenuta nella buccia di  mela,possa sopprimere l’infiammazione del colon, la sua attività infatti contrapponendosi alle cellule T infiammatorie permetterebbe  di migliorare la resistenza contro le malattie autoimmuni“.


Francesca Trinastich

Per poter leggere l’abstact dell’articolo cliccare sul seguente link:



http://www.jleukbio.org/content/early/2011/06/19/jlb.0311168.abstract?cited-by=yes&legid=jleub;jlb.0311168v1



20 dicembre 2011



I cavoli 
appartengono alla famigliadelle crucifere della varietà BrassicaLa parte alimentare di queste piante è rappresentata dalle foglie (cavolo cappuccio, verza, cinese, marino, nero, cavolini di Bruxelles) o dalle infiorescenze ancora immature ( broccolo, broccoletti, cavolfiore).

I cavoli sono un alimento molto importante poiché grazie al loro sapore caratteristico e le poche calorie si prestano ad essere inseriti nell'alimentazione umana.
Le varietà
I cavoli comprendono una grande varietà di piante, di seguito riportiamo quelle più utilizzate:
-Cavolo broccolo: fusto corto, infiorescenza verde e fiori bianchicci che possono sembrare quelli del cavolfiore ma sono molto più piccoli. La varietà di cavolo romano è a fiore verde.
-Cavolo broccolo ramoso: è simile al cavolfiore, si differenzia per il colore verde azzurro delle sue teste e per i piccoli germogli laterali chiamati broccoletti.
- Broccoletti: ad alto contenuto di minerali e vitamine sono le infiorescenze sia del cavolo broccolo che delle rape.
Cavolfiore: chiamato anche cimone, è uno dei cavoli più diffusi. La parte edibile è costituita dall'ingrossamento dei peduncoli floreali che si raggruppano al momento della maturazione.
I migliori devono essere sodi e compatti, senza presentare macchie marroni o grigiastre.
Il cavolfiore può essere bianco, bianco crema o violaceo. È un alimento molto versatile, utilizzato per preparare primi piatti, come contorno, nelle minestre, o conservati sott'olio osott'aceto.
Cavoletti di Bruxelles: non devono ingannare con il loro nome “straniero”. Sono italianissimi furono infatti gli antichi Romani a portarli in Belgio. Leggermente amari sono ideali come contorni.
Cavolo cappuccio: ha foglie lisce e si presenta sodo e compatto. Può essere bianco, rosso, verde o viola. Si può consumare anche crudo in insalata tagliandolo a strisce sottili. La varietà bianca é quella che viene lavorata per la produzione dei crauti.
Cavolo rapa: la parte commestibile di questa pianta è costituita dalla radice che ingrossandosi esce in parte dal terreno assumendo una forma rotonda. Viene coltivato e consumato in prevalenza nell'Italia meridionale.
-Cavolo cinese: presenta un ceppo allungato e foglie ricce di colore bianco o verde pallido, viene utilizzato crudo o cotto, saltato in padella insieme ad altre verdure. Lo troviamo spesso all'interno degli involtini primavera serviti nei ristoranti cinesi.
-Cavolo marino: è una pianta erbacea nota soprattutto in Liguria. La parte edibile è costituita da piccoli fogliari che diventano teneri e croccanti a seguito di particolari tecniche di coltura.
- Cavolo nero: il re dei primi piatti toscani. Si presenta con grandi foglie arricciate, ha un colore verde scurissimo e va sempre cotto.
-Cavolo verza : possiede foglie di colore verde e grinzose, che formano un cespo compatto ma meno denso del cavolo cappuccio. Si può mangiare anche crudo, tuttavia è maggiormente utilizzato per preparare minestre, zuppe e brasato insieme alla carne.
Principali componenti nutrizionali
Il cavolo contiene una grande quantità di vitamine: protovitamina e vitamina A, vitamine B1, B2, B9 (acido folico), PP, C, K, U. Molto ampia la gamma di minerali: fosforo, calcio, ferro, zolfo, potassio, rame, magnesio, iodio, e arsenico. Molto preziose le sue mucillagini, soprattutto per quel che riguarda la cura delle coliti ulcerose, ed altrettanto significativa la sua alta percentuale di clorofilla, che aiuta l'organismo nella produzione di emoglobina contrastando così le varie forme di anemia. Da sottolineare, in cavoli e broccoli, la presenza di antiossidanti e di isotiocianati ed indoli che si formano quando le pareti cellulari di questi vegetali vengono spezzate o dal taglio del coltello o dalla masticazione.
100 grammi di Cavolo Verza contengono:
27 calorie, 91 gr di acqua, 6,1 gr carboidrati, 3,1 gr fibre, 2 gr proteine, 0,1 gr grassi; tutte le altre varietà di cavoli mantengono grosso modo le suddette percentuali.
Disponibilità e Conservazione
I cavoli sono tipici ortaggi invernali, quando la qualità è migliore e i prezzi scendono notevolmente. Tuttavia sono disponibili tutto l'anno, a prezzi maggiori.
I cavoli più compatti come il cavolfiore, il broccolo verde ramoso, il cavolo cappuccio e verza, i cavolini di bruxelles, si conservano bene in frigorifero, fino a cinque giorni. Le altre varietà, più delicate in quanto più esposte agli agenti esterni, andrebbero consumate al più presto. 
Come cucinarlo
Il cavolo può essere consumato sia cotto che crudo. In base alla varietà, è preferibile utilizzare un metodo piuttosto di un altro. Il cavolo cappuccio ad esempio, si consuma spesso crudo, ma può essere anche cotto al vapore come la verza. Cavolfiore, cavolo broccolo e cavolini di Bruxelles vanno generalmente cotti, preferibilmente al vapore, ottimi per preparare zuppe o minestre.
Tutte le varietà di questi ortaggi, infatti, si consiglia di cuocerli al vapore per evitare che perdano nell'acqua di cottura tutte le vitamine ed i minerali.
Proprietà benefiche dei cavoli
Il cavolo ed i broccoli risultano fossero ben conosciuti fin dai tempi antichi; in particolare il cavolo era sacro per i Greci ed i Romani lo utilizzavano metodicamente per curare le più svariate malattie e addirittura lo consumavano crudo prima dei banchetti per consentire all'organismo di assorbire meglio l'alcool. Con il passare del tempo la diffusione del cavolo e dei broccoli sulle mense, grazie alle loro proprietà, non è mai venuta meno e, dobbiamo dire, che per un lungo periodo di tempo è stato considerato un cibo ideale per i giorni di magro.
Il cavolo è conosciuto per il suo forte potere curativo sin dall'antichità ed i suoi effetti benefici sull'organismo umano sono molteplici:
cavoli e cavolfiori per ridurre lo stress ossidativo
Cavolfiori, broccoli, cavolini di Bruxelles, rape e cavolo nero sono da sempre molto apprezzati e utilizzati nella cucina italiana non solo per la versatilità e il buon sapore, ma anche per le loro proprietà antiossidanti. Questi vegetali come detto prima sono ricchi di isotiocianati, composti aromatici contenenti zolfo responsabili del loro odore tipico, e di micronuetrienti importanti come vitamine e minerali. Recentemente è stato pubblicato uno studio ( Riso et al., Nutrition and Cancer 61: 232-7, 2009) che conferma gli effetti benefici delle brassicacee nel contrastare lo stress ossidativo che può essere causato dall'inquinamento dell'aria, dal fumo di sigaretta, dall'esposizione prolungata ai raggi ultravioletti e anche da un'alimentazione scorretta.
Lo studio ha coinvolto un gruppo di 20 individui di sesso maschile, fumatori e non, con l'obiettivo di valutare gli effetti dell'introduzione di sulforafano, il più importante fra gli isotiocianati, all'interno della dieta quotidiana.
I soggetti, per dieci giorni consecutivi, sono infatti stati sottoposti alla somministrazione di 200 μmol al giorno di sulforafano in aggiunta alla normale dieta. Dopo un periodo di interruzione di 20 giorni, ogni soggetto ha seguito di nuovo, per 10 giorni, la dieta abituale senza vegetali appartenenti alla famiglia delle brassicacee. In ogni soggetto sono stati quindi comparati alcuni indici di danno ossidativo confrontando il periodo a dieta supplementata con sulfurafano con quello in cui non erano state assunte brassicacee.
Dall'analisi dei risultati è emerso che, nei soggetti che avevano assunto la dieta addizionata con sulforafano, si registrava un miglioramento nei parametri di danno ossidativo a livello di DNA; miglioramento che risultava particolarmente evidente nei soggetti fumatori. Gli studiosi concludono quindi che l'assunzione giornaliera di isotiocianati provenienti da brassicacee eserciterebbe un importante effetto di protezione contro lo stress ossidativo associato al fumo.
Nella chemioprevenzione
Numerosi studi hanno evidenziato che la presenza di glucosinolati nelle Brassicacee prevengono alcuni tipi di tumore. I glucosinolati sono un gruppo di sostanze fitochimiche che comprendono una miscela di più di 130 differenti composti largamente distribuiti soprattutto nella famiglia delle Brassicacee. In seguito alla rottura del tessuto i glucosinolati, contenuti nella cellula, sono rapidamente idrolizzati dall'enzima mirosinasi a intermedi instabili che si riarrangiano spontaneamente in isotiocianati. L'interesse per i glucosinolati è dovuto alla correlazione riscontrata fra consumo di Brassicacae e ridotto rischio di cancro.
Le prime osservazioni sulle proprietà dei glucosinolati e dei rispettivi prodotti di idrolisi gli isotiocianati, risalgono ai primi anni del diciassettesimo secolo come risultati di numerosi sforzi ottenuti per comprendere l'origine chimica del caratteristico sapore aspro dei semi di mostarda. Fin dalle prime evidenze sperimentali, le proprietà benefiche di questi composti contenenti gruppi sulfidrilici ed ampiamente presenti nella famiglia delle brassicacee o crucifere, sono state maggiormente attribuite agli isotiocianati. Negli anni '60, prove sperimentali definirono gli isotiocianati agenti chemiopreventivi, in quanto riducevano la formazione di tumori epatici (Sasaki J. Nara Med. Assoc. 14: 101-115, 1963) ed a partire dagli anni '80, diversi altri studi , chiarirono i meccanismi alla base degli effetti chemiopreventivi di questi composti. Nei primi anni '90 Zhang e Talalay proposero che gli isotiocianati esplicassero la loro azione antitumorale mediante inibizione della formazione di addotti al DNA, inibizione di isoforme di CYP450 (enzima di fase 1 coinvolto nella bioattivazione di sostanze cancerogene) ed induzione di enzimi detossificanti ed antiossidanti (Zhang and Talalay, Cancer Research 54: 1976-1981, 1994).
Grazie a queste scoperte, negli ultimi venti anni è aumentato il consumo delle specie vegetali aventi un alto contenuto di glucosinolati e recenti evidenze ottenute da studi caso-controllo hanno riportato un'associazione inversa tra una dieta ricca di crucifere ed il rischio di insorgenza di alcuni tipi di cancro umani. Studi effettuati sulla popolazione tedesca di entrambi i sessi, su donne statunitensi e uomini finlandesi, evidenziavano una riduzione del rischio di sviluppare tumore polmonare in condizioni di elevato apporto dietetico di brassicacee (più di tre porzioni a settimana).
Alcuni tipi di glucosinolati sono presenti in uguale quantità nelle crucifere, mentre certi tipi di ortaggi, appartenenti a questa famiglia, contengono livelli molti elevati di un particolare tipo di glucosinolato, e quindi dell'isotiocianato corrispondente.
Questa differente composizione è molto importante, poiché alcuni isotiocianati possiedono proprietà antitumorali più potenti degli altri. Questo è proprio il caso del sulforafano presente nei broccoli. Questa sostanza è stata isolata per la prima volta nel 1959 dalla lattona (Cardaia draba), dove è presente in grandi quantità. Dal punto di vista nutrizionale, i broccoli sono di gran lunga la fonte migliore di sulforafano. È altrettanto interessante notare che i germogli dei broccoli possono contenerne in quantità anche 100 volte maggiore, rispetto al broccolo maturo, sarebbe dunque auspicabile che questo alimento fosse più diffuso e quindi consumato in misura maggiore, per esempio in un semplice panino. Uno studio condotto in Giappone ( Yanaka et al., Cancer Prev Res
2: 353-360, 2009) su una cinquantina di persone ha evidenziato che mangiare circa 70 gr di germogli freschi (raccolti tre giorni dopo essere spuntati) di broccolo al giorno per due mesi forniva una certa protezione allo stomaco. I ricercatori hanno somministrato a metà dei pazienti una porzione giornaliera di germogli di broccolo e all'altra metà la stessa porzione di germogli di erba medica, che non contengono sulforafano. L'obiettivo dello studio era identificare un cibo che, se mangiato regolarmente, potesse avere un effetto contro la causa di molti problemi gastrici, e forse perfino aiutare a prevenire il cancro allo stomaco.
Dopo due mesi i consumatori di broccoli hanno mostrato una marcata (40%) riduzione dei segni di presenza del batterio Helicobacter pylori, mentre lo stesso marker non ha indicato variazioni negli individui che hanno mangiato l'erba medica. Dopo altri due mesi dall'interruzione dell'assunzione però i livelli del batterio sono tornati a quelli precedenti lo studio. Questo dimostra che questi germogli possono tenere sotto controllo l'Helicobacter pylori, ma non distruggerlo. I ricercatori hanno attribuito il merito al sulforafano potente antibiotico efficace contro il microrganismo, di cui i broccoli, specie se raccolti in fase precocissima, sono ricchi. 
Nelle malattie cardiovascolari
Mangiare brassicacee ed in particolare broccoli potrebbe curare i danni causati dal diabete ai vasi sanguigni del cuore. E' stato osservato che è proprio il sulforafano che stimola la produzione di enzimi che proteggono i vasi sanguigni e riduce le molecole che causano gravi danni alle cellule. I pazienti diabetici hanno un rischio cinque volte maggiore delle persone sane di sviluppare malattie cardiovascolari, a causa dei danni ai vasi sanguigni. Sono stati testati gli effetti del sulforafano sulle cellule dei vasi sanguigni danneggiate dagli alti livelli di glucosio tipici dei diabetici. Il sulforafano era in grado di ridurre notevolmente i radicali liberi che a causa dell'iperglicemia i loro livelli possono aumentare anche di tre volte sopra il valore normale danneggiando le cellule. Inoltre è stato osservato che il sulforafano attivava una proteina chiamata nrf2, che protegge cellule e tessuti dai danni attivando a sua volta gli enzimi antiossidanti e detossificanti. Lo studio suggerisce che composti come il sulforafano possono aiutare a contrastare i processi che portano alla malattia cardiovascolare nei diabetici (Xue et al, Diabetes 57:2809-17, 2008).
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Cavolo broccolo verde ramoso crudo
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Il RESVERATROLO NELLE UVE E NEI VINI
Il resveratrolo (3,5,4'-triidrossistilbene) appartiene alla famiglia di composti polifenolici ed èpresente negli acini dell'uva, nel vino, in alcune bacche e semi oleosi (arachide) ed in particolari piante. Il resveratrolo è una delle fitoalessine prodotte naturalmente da parecchie piante, in difesa da agenti patogeni quali batteri e funghi. E' una sostanza che ha attirato molto interesse tra i ricercatori che si occupano di prevenzione di patologie o per rallentare l'invecchiamento. Periodicamente capita di assistere a servizi di telegiornali e di leggere articoli su riviste di ampia diffusione che parlano bene di un consumo costante di vino soprattutto rosso che contiene resveratrolo. 
Nell'uva è contenuto solo nella buccia, mentre il contenuto nel vino dipende dalla pianta della vite, dalla locazione geografica di coltivazione e dal tempo di fermentazione. Come conseguenza, il contenuto di resveratrolo dipende dal tipo di vino ed è maggiore nel vino rosso che in quello bianco o rosato.
Alcuni fattori che influenzano il contenuto di resveratrolo nel vino
COLORE: nella produzione del vino bianco la fermentazione avviene senza il contatto del mosto con le bucce. Dal momento che il resveratrolo è presente nella buccia dell'uva e non nella polpa, è logico aspettarsi che il contenuto della sostanza sia inferiore rispetto ai vini rossi, generalmente prodotti con fermentazione sulle bucce. Nel processo di vinificazione con macerazione, il tempo di contatto bucce-mosto aumenterebbe il contenuto di resveratrolo di circa 10 volte per i vini bianchi e 13 per i vini rossi, pertanto quantificare il resveratrolo nel vinofinito potrebbe essere un indice della pratica enologica utilizzata.E' stato osservato che vini rossi prodotti con il maggior tempo di contatto mosto-bucce presentavano un contenuto di resveratrolo superiore.
ORIGINE GEOGRAFICA: i vini prodotti ad elevate altitudinisembrano avere un contenuto in resveratrolo superiore (la pianta ne produce di più per proteggersi dai raggi ultravioletti). La latitudine non sembra invece influenzare significativamente la concentrazione della sostanza.
ANNATA: condizioni climatiche che favoriscono un leggero attacco fungino aumentano la sintesi di resveratrolo nella pianta dato che questa sostanza ha azione antifungina.
CONCIMAZIONE: la concentrazione di resveratrolo nell'uva dipende anche dal tipo di fertilizzazione ad esempio aumenta al diminuire della concimazione azotata. La spiegazione più probabile di questo fenomeno parrebbe essere il fatto che in condizioni limitanti di fertilizzazione azotata l'equilibrio tra metabolismo primario e secondario si sposta verso quello secondario, favorendo la sintesi di polifenoli e di stilbeni e quindi di resveratrolo.
Il resveratrolo ed il “ Paradosso Francese”
Sul finire degli anni '80, due scienziati (Renaud e De Lorgeril) studiarono la correlazione esistente tra mortalità dovuta a malattia coronarica e assunzione di grassi animali nella dieta. I campioni di popolazione studiati fornirono un risultato chiaro, ormai noto ai più: tanto maggiore era il consumo medio giornaliero di grassi animali e tanto più elevata era la mortalità.Tra tutti i Paesi esaminati solo il campione Francese (raccolto tra le città di Lille, Strasburgo e Tolosa) fornì risultati contrari a tale conclusione. Nonostante l'elevato consumo di grassi animali, i Francesi facevano infatti registrare il più basso tasso di mortalità per malattia coronarica. Dal momento che liquidare il fatto come l'eccezione che conferma la regola ha poco di scientifico, i due ricercatori francesi cercarono di dare una risposta a tale paradosso. Dall'osservazione statistica del maggior consumo di vino in terra francese, scaturì l'ipotesi che tale bevanda potesse controbilanciare gli effetti dell'elevata ingestione di grassi animali. Dal momento che gli effetti negativi dell'alcool erano già stati ampiamente documentati e che il vino si era dimostrato più efficace di altre bevande alcoliche nella riduzione dell'incidenza di queste malattie, il secondo passo fu quello di ipotizzare che alla base del paradosso francese non ci fosse l'alcool ma altre sostanze presenti nel vino e non ancora indagate.
Lo studio della bevanda portò alla scoperta del resveratrolo (Siemann e Creasy -Cornell University, Ithaca, NY, Usa- 1992) e di altre sostanze simili, quali il piceatannolo, lo pterostilbene, l'epsilon-viniferina, il piceide (glucoside del resveratrolo).
A cosa serve
Le attività biologiche di questa sostanza sono diverse. Come sostanza antinvecchiamento, il resveratrolo è considerato unantiossidanteè attivo contro alcuni radicali liberi ed impedisce l'ossidazione del colesterolo LDL. Questo primo effetto è quindi la motivazione di chi sostiene la sua efficacia contro l'invecchiamento e nella riduzione del rischio cardiovascolare, calcolato basandosi sui valori di colesterolo. Tuttavia gli effetti antiossidanti sono stati osservati in vitro, e non in vivo, quindi non si hanno conferme sulla sua utilità nell'organismo umano.
L'analogia della struttura chimica del resveratrolo con quella di un potente estrogeno sintetico ha suggerito la possibilità che il resveratrolo possa funzionare come antagonista dell'attività ormonale, in particolare nell'impedire l'assorbimento di estrogeni. Dal momento che questi complessi meccanismi sono coinvolti anche nella crescita delle cellule tumorali (per esempio in quelle del tumore al seno), alcune ricerche cercano di capire come sfruttare il resveratrolo come possibile integratore dalla funzione antitumorale. Tuttavia le ricerche sono discordanti, in quanto hanno raggiunto conclusioni opposte sul fatto che il resveratrolo possa essere un agonista o un antagonista della ricezione di ormoni estrogeni. Il resveratrolo è stato studiato anche per la possibilità di impedire la trasformazione di alcune sostanze in sostanze cancerogene. Tale effetto però è stato osservato solo in colture di cellule. Alcune ricerche hanno visto inoltre che, aggiungendo resveratrolo a colture di cellule tumorali, la loro crescita è risultata rallentata, come pure la loro capacità di autoalimentarsi tramite l'attività di angiogenesi (creazione di nuovi vasi sanguigni che alimentano il tumore). Comunque sia, l'ipotesi di sostanza antitumorale è, basandosi sulle ricerche attuali, da considerarsi azzardata.
L'effetto antinfiammatorio sarebbe invece supportato dalle capacità del resveratrolo di inibire alcune reazioni, come la ciclo-ossigenasi, esattamente come fanno i più classici antiinfiammatori. Inoltre il resveratrolo può interferire con il processo infiammatorio a vari livelli: dall'attivazione dei globuli bianchi del sangue e dei tessuti (protagonisti principali della risposta immunitaria) all'inibizione della produzione di proteine infiammatorie da parte di queste stesse cellule. La suaazione protettiva si può esplicare anche contro i virus influenzali impedendo al virus stesso di replicarsi all'interno delle cellule. Le molteplici proprietà del resveratrolo fanno di questa molecola un ottimo candidato per lo sviluppo di nuovi trattamenti particolarmente utili contro le sindromi influenzali.Comunque i dati riportati riguardano esperimenti eseguiti principalmente in vitro su colture cellulari.
Reale efficacia
La maggior parte dei benefici ipoteticamente derivanti dall'assunzione del resveratrolo è stata verificata, non sempre in modo concordante da tutte le ricerche effettuate. Le ragioni che mettono in dubbio l'utilità del resveratrolo sono il dosaggio e la biodisponibilità. Tutti gli esperimenti in genere utilizzano dosi di resveratrolo molto elevate; perché il resveratrolo possa avere effetto, deve avere una concentrazione nel sangue consigliata di almeno 10 mg/l. In altri termini devono circolarne nel nostro corpo circa 50 mg. Si parla quindi di quantità piuttosto elevate di uva rossa o di vino che un individuo dovrebbe assumere giornalmente per avere nel suo corpo queste concentrazioni di resveratrolo. La biodisponibilità invece indica la capacità del corpo umano di assorbire una sostanza: la biodisponibilità del resveratrolo è bassissima, in quanto viene metabolizzato molto velocemente. Se si pensa che nel vino rosso possiamo ritrovare al massimo 12,5 mg/litro di resveratrolo e nel succo d'uva rossa 8,7 mg/litro appare evidente come sia impossibile pensare di assumere una dose minima di resveratrolo tramite il vino, anche se gli effetti antitumorali, antinvecchiamento e per la prevenzione di patologie cardiache fossero confermati anche sull'organismo umano. Bisogna sempre ricordare che quando si parla di vino, si fissano limiti di assunzione ragionevoli a basso rischio, solitamente individuati in circa 24-30 g di alcol al giorno per l'uomo e 12-15 g al giorno per la donna, pari a 1-2 bicchieri di vino (150-300 ml). Consumi di vino più elevati possono creare problemi di tossicità epatica.
RECENSIONI RECENTI
E' stato visto che il resveratrolo ha un effetto neuroprotettivo e sembra che ciò sia dovuto alla capacità che esso ha di stimolare la chinasi AMPK nei neuroni. Questa chinasi rappresenta un vero e proprio sensore cellulare in quanto la sua attività dipende direttamente dai livelli di energia che la cellula ha a disposizione. Stimolare questa chinasi significa ristabilire l'energia necessaria alle cellule del nostro organismo per poter sopravvivere (Tang BL, Brain Res Bull, 2009).
Viene riportato che il resveratrolo migliora la funzione dell'endotelio e riduce i radicali liberi ( Soylemez et al., Cardiovasc Drugs Ther, 2009).
Il resveratrolo: una promettente molecola che promuove protezione cardiaca contro le malattie coronariche (Penumathsa SV and Maulik N, Canadian J Physiol Pharmacol, 87:275-86, 2009).
Il resveratrolo protegge dalla tossicità provocata dallo stress attraverso il blocco:
1. della sintesi di molecole infiammatorie
2. del danno cellulare
3. della formazione dei radicali liberi (Bisht K et al, Toxicology, 2009).

09 dicembre 2011


Dietetica per volumi

A cura della Dott.ssa Elisa Strona

Alcune delle più frequenti difficoltà che i pazienti incontrano nell'ambito di una consultazione dietetica “classica” sono:
  1. La difficoltà di ricordare e quantizzare i propri consumi di questo cibo nella raccolta dell'anamnesi alimentare.
  2. L'assenza di un sistematico sforzo di armonizzare la personalizzazione della prescrizione dietetica con la struttura alimentare del contesto familiare o del contesto dove il soggetto consuma la maggior parte dei suoi pasti. È un limite operativo a volte importante: per la maggior parte dei pazienti non è facile confezionare o far preparare il proprio pasto in forma differente dal resto della famiglia. I pasti da “separati in casa” hanno, nella maggior parte delle esperienze, una “sopravvivenza” applicativa abbastanza limitata nel tempo, mentre i pazienti affetti da malattie croniche (diabetedislipidemieobesità etc.) beneficiano di una continuità nell'applicazione delle norme dietetiche.
  3. Il vincolo della prescrizione in forma grammata. È un limite operativo e psicologico. Operativo perché prevede la costante disponibilità di una bilancia e comporta la preparazione di una gran parte dei cibi in forma separata dal contesto abituale di consumo. Costituisce anche un limite psicologico perché può rassicurare alcuni nella certezza applicativa di uno strumento quantitativo, ma contemporaneamente renderli incerti, quando, per ragioni diverse, non sia loro possibile misurare con precisione ciò che mangiano.
Un sistema che non prevede obbligatoriamente la pesata dei cibi può essere più facilmente utilizzabile da parte del paziente.
Nel complesso, tutto ciò riduce la possibile compliance di pazienti alla prescrizione dietetica, elemento chiave dell'efficacia della stessa.
Dieta dei volumiIl concetto di dietetica per volumi nasce proprio nell'ottica di superare questi problemi.
Il primo impatto concettuale del cibo è un prodotto in volume. Le persone, infatti, quando pensano ad un cibo lo “pensano” in modo visivo.
È appunto un sistema di quantificazione delle porzioni tridimensionale, semplice e di facile comprensione, e utilizza un linguaggio di comunicazione prevalentemente gestuale. È una tecnica basata sul confronto di cibi con volumi di oggetti di uso comune (palla da tennis, mazzo di carte da gioco ecc.) o con i volumi della mano del soggetto che fa la scelta alimentare (pugno, palmo, dita): qualcosa di pratico, reale, e non concettuale.
Il primo passo consiste nel misurare le dimensioni della propria mano utilizzando una sagoma standardizzata (vedi figura).
Dopo aver definito la propria “taglia della mano” il metodo consiste appunto nel valutare volumetricamente gli alimenti, paragonandoli ad un pugno chiuso, una mano aperta, due - tre o quattro dita, uno due pollici.
Col pugno chiuso si possono valutare alimenti pronti da mangiare (quindi anche cotti) che si sviluppano in altezza, come primi piatti, verdure cotte e crude, pane tipo rosetta.

Dieta dei volumi 1

Dieta dei volumi 2

Foto Dott. O. Sculati

Con la mano distesa (a dita chiuse, dalla cima del dito medio fino all'attaccatura del polso escludendo il pollice) valutiamo invece cibi quali bistecche, filetti di pesce, affettati, pane a fette.

La dietetica per volumi

Dieta volumi

Foto Dott. O. Sculati

Le dita sono utili per valutare lo spessore dei cibi (un dito medio è alto circa 1 cm), sono quindi utili per la valutazione dei formaggi o di piccoli dolci.

Dieta volumi

Il metodo della dietetica per volumi consente dunque un risparmio di tempo sia nella fase di anamnesi che nella fase di prescrizione.
Inoltre crea nel paziente quell'elemento di novità che rende più interessante e quindi incisivo quello che diciamo verbalmente.

03 dicembre 2011

Storia dei vini della Sicilia


La Sicilia è la regione italiana con il più elevato patrimonio vitivinicolo di tutta la nazione

Storia dei vini della Sicilia

La Sicilia è la più grande isola del Mediterraneo e, certamente, è la più importante per arte, storia ed attività economiche
© Redazione NEWSFOOD.com - 20/10/2011
Bicchieri di vino


Per merito del ritrovamento dei vasi enoici di Pyrgos, possiamo dedurre che l'uva fu coltivata nell'isola già da prima del secondo millennio avanti cristo. I coloni greci, giunti a Naxos, per primi si dedicarono "in maniera professionale" alla cultura della vite, dando inizio alla produzione degli ormai celebri vini siciliani.
I Fenici fecero diventare molto importanti i vini siciliani per gli scambi commerciali di quell'epoca. Il Marsala e il Moscato ne sono ancora oggi testimonianza.
La produzione in quel tempo era notevole e infatti uno storico ci ricorda in uno scritto che durante un viaggio "Policleto, in visita con le milizie, trovò una cantina con 300 botti scavate nella roccia e una botte colossale dalla quale il vino si distribuiva nelle botti minori".
Poi con il passare degli anni la produzione diminuì sempre più fino alle invasioni degli Arabi che portarono un miglioramento in agricoltura ma non nella coltivazione della vite, anzi l'uva era prodotta solo per l'appassimento e per creare vini dolci secondo il loro uso e gusto.
La storia della Sicilia enoica paragona spesso i vini siciliani al vino più importante prodotto fino ad allora, il Mamertino. Nel XVIII secolo poi ci fu un'altra svolta, con l'arrivo sull'isola di John Woodhouse che spedì in Inghilterra il "bianco vino di Marsala" aggiungendo alcol per mantenerlo durante il viaggio in nave.
Il vino ottenne molto successo e ancora oggi conosciamo molto bene il Marsala in tutte le sue tipologie, anche se diverso da come veniva prodotto a quei tempi.
Il resto della Sicilia non ebbe la stessa fortuna in quanto i vini robusti prodotti venivano usati principalmente da taglio e non interessavano ai consumatori. Attorno al 1950 si iniziò ad abbandonare la coltura ad alberello a favore di quella a spalliera e tendone e la qualità dei vini migliorò, tanto da ricevere il primo riconoscimento nel 1968 con la DOC Etna seguita da Marsala nel 1969 (poi modificata nel 1984) e da Moscato di Pantelleria nel 1971.
Negli ultimi anni, grazie anche agli aiuti economici all'agricoltura dovuti al fatto di essere regione a statuto speciale, ha portato molti produttori a passare ad allevamento a controspalliera e Guyot che, con la riscoperta di vitigni autoctoni, ha portato ad un salto di qualità enorme; ricordiamo ad esempio i vini prodotti con uve nero d'Avola.
La Sicilia è la regione italiana con il più elevato patrimonio vitivinicolo di tutta la nazione, seguita dalla Puglia e dal Veneto. Il territorio è per il 25% montuoso, per il 61% collinare e per il restante 14% pianeggiante; molto importante l'influenza del mare anche sul clima che è mediterraneo e caldo, arido nella fascia costiera.
I terreni sono di tre diverse tipologie, la zona collinare ad est è arenario-argillosa con rocce scistoso-quarzose, le Madonie hanno invece terreni calcarei.
La zona centrale è composta da terreno gessoso-argilloso con presenza di zolfo. La zona occidentale infine è composta da argille e arenarie mentre le isole minori (Pantelleria, Eolie, Ustica) sono di origine vulcanica.
La provincia di Trapani è la zona con maggiore coltivazione di vite in particolare vitigni autoctoni a bacca nera seguita dalla zona sud dell'isola, tra Ragusa e Siracusa e da due zone storiche, Faro tutto il comune di Messina e Etna, sulle pendici del vulcano in provincia di Catania. Poi le isole con i vini dolci e passiti.
La coltivazione delle uve bianche si concentra soprattutto nella Sicilia occidentale, nelle zone di Trapani, Agrigento e Palermo, invece quelle a bacca rossa nella Sicilia orientale. La Sicilia è famosa anche per i vini dolci e liquorosi, si va dal Marsala, conosciuto in tutto il mondo alla Malvasia delle Lipari, dal Moscato di Noto e Siracusa al Passito di Pantelleria fino allo Zibibbo.
Tra i vini da tavola, oltre al Nero d'Avola, ci sono anche il Bianco d'Alcamo, prodotte nelle province di Palermo e Trapani, l'Eloro bianco e rosso, il Contessa Entellina, il Delia Nivolelli, l'Etna, il Faro, Menfi, Monreale, Riesi, Santa Margherita di Belice e Sciacca e per finire il Sambuca di Sicilia.
Ci sono i vini prodotti con uve autoctone a bacca bianca , come il Carricante, il Cataratto, il Grecanico, il Grillo, l'Inzolia, la Malvasia delle Lipari, il Moscato Bianco, lo Zibibbo e il Moscato d'Alessandria.
Invece tra i vini prodotti con uve a bacca rossa troviamo il Frappato, il Nerello Cappuccio o Mantelleto, il Nerello Mascalese, il Nero d'Avola o Calabrese e Perricione o Pignatello. Poi ci sono anche le uve internazionali come le uve Chardonnay, Cabernet Sauvignon, Merlot, Muller Thurgau, Pinot Nero e Syrah, e vini italiani come Trebbiano Toscano, Sangiovese e barbera. Si vogliono valorizzare i territori vinicoli, in particolare i luoghi delle produzioni qualitative. Infatti le strade del vino sono indicate con appositi cartelli. Questi percorsi si snodano lungo vigneti e cantine di aziende agricole singole o associate aperte al pubblico.
Lungo queste strade del vino si sviluppano attività di ricezione e ospitalità , compresa la degustazione di prodotti aziendali, e organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche. La Strada del vino Alcamo Doc caratterizzato da un vino non molto alcolico che si può gustare lungo i percorsi che vanno dalla Riserva Naturale dello Zingaro alla cittadina di Castellamare del Golfo, passando per il centro archeologico di Segesta per arrivare a Calatafimi cittadina araba.
Poi c'è la Strada dell'Inzolia o Ansonica dove si trovano vini bianchi e di qualità; a seguire la Strada della Malvasia e delle Lipari, è proprio nelle Isole Eolie che viene coltivato e prodotto il vino Malvasia di Lipari. Le sette isole vulcaniche sono famose per le loro grotte, spiagge e fondali marini, sono famose anche per i capperi, l'olio e la frutta; la Strada del vino dell'Etna, il vino dell'Etna primo vino siciliano che ha ottenuto il riconoscimento della denominazione controllata si produce nelle tipologie rosso, rosato, bianco e bianco superiore. L'Etna è il più alto vulcano attivo d'Europa, troviamo molto turismo anche a Catania, Giardini Naxos, Taormina soprattutto d'estate; Strada del Marsala e del Moscato di Pantelleria, è caratterizzata dal vino Marsala dal gusto dolce secco o semisecco.
Un vino già apprezzato nel 1844; Strada del Nero D'Avola e Cerasuolo di Vittoria, il Nero d'Avola oggi è tra i vini di più alta qualità anche Doc e I.G.T, Strada del moscato di Noto itinerario pieno di storia e cultura tra Noto città riconosciuta capitale mondiale del barocco e Siracusa città greca più importante del V secolo. I moscati di Noto e Siracusa hanno un sapore classico e gradevole.

Laura Genovese
Newsfood.com

26 novembre 2011

Il fumo e la pelle: accoppiata perdente



Una opinione diffusa associa il fumo solo a patologie gravi, come malattie cardiovascolari o tumori polmonari. Così non è: i danni potenziali ed effettivi del tabagismo colpiscono quasi tutti gli organi, e tra questi certamente la cute.
Vari studi hanno dimostrato lo sviluppo della cosiddetta “smoker’s face” (viso da fumatore), un processo lento ma inesorabile nei forti fumatori, specialmente di sesso femminile. Le caratteristiche peculiari sono rugosità localizzate attorno ad occhi e bocca, anche per la stessa attività di aspirazione, nonché perdita di elasticità della cute del viso con afflosciamento delle guance, macchie ed arrossamenti, secchezza, borse palpebrali . Queste modificazioni aumentano negli ultraquarantenni di razza bianca di sesso femminile, e sono potenziate dalla esposizione solare.
Alla base di tutto ciò è la esposizione cronica a nicotina, catrami, benzopirene ed oltre tremila componenti tossici contenuti nelle sigarette, alcuni con caratteristiche non del tutto definite.
Le varie tossine assorbite causano notevoli danni a livello dermico attraverso unaischemia ed atrofia della rete capillare, con riduzione dell’apporto di ossigeno ai tessuti. Si creano inoltre interferenze con le capacità rigenerative e di cicatrizzazione, tanto da rendere opportuno di vietare il fumo ai pazienti sottoposti a chirurgia. Si riscontrano danni anche a carico dei denti e delle unghie, con tipiche alterazioni cromatiche, e dei capelli con aumento della canizie e della caduta. Inoltre aumenta l’incidenza di cellulite.
Come accennato, l’esposizione solare amplifica grandemente il danno dermico, caratterizzando un grado di “photoaging” sensibilmente superiore rispetto alle “patite del sole” non fumatrici…
Ma il tabagismo viene correlato anche a patologie dermatologiche di grave impatto, come melanoma maligno, epitelioma spinocellulare (specialmente orale), psoriasi, dermatiti,gengiviti.
E in questi casi non si parla più di fatti estetici, ma di patologie piuttosto preoccupanti.
In conclusione si potrebbe dire che il fumatore dovrebbe avere perlomeno una spinta motivazionale in più per smettere di fumare: salvare il proprio aspetto! Anche perché fino ad un certo punto questi danni sono reversibili cessando l’ abitudine al fumo…


Dr. Giampiero Griselli


Adesso pasta!




pastaAdesso pasta!
Chiara Spadaro
AltrEconomia edizioni
Pag. 104
Euro 5
Si tratta della prima guida alla pasta biologica, equa, artigianale, equa e solidale. Un modo per essere informati sulla diverse tipologie di pasta che esistono al di fuori dei marchi più diffusi nella grande distribuzione. C'è pasta e pasta è proprio il caso di dirlo. Interessante la premessa in cui si parla della legislazione italiana e soprattutto sulle differenze tra pasta industriale e pasta artigianale. Senza togliere niente all’industria, come afferma l’autrice, il produrre e l’assaggiare un piatto di pasta è un “fatto agricolo” e culturale che merita la giusta attenzione. Nel manuale sono raccontate le storie dei produttori e dei pastifici biologici, ben 175; è riportata la mappa dei mulini bio ed artigianali; si parla di pasta sociale ovvero quella coltivata sulle terre liberate dalla mafia, di pasta speciale come quella confezionata con quinoa della Bolivia e grano duro italiano. Non potevano mancare cenni sulle diverse farine e sui cereali alternativi, come orzo, avena, riso, mais, kamut; le antiche varietà di grano, Senatore Cappelli, Saragolla, Solina. Non potevano mancare i consigli per farsi la pasta in casa. Non lasciatevi ingannare dall’aspetto semplice della guida: è una vera miniera di informazioni e spunti utili.