Il consumo regolare di bevande zuccherate si associa a una
maggiore prevalenza di steatosi epatica, secondo un ampio studio osservazionale
appena pubblicato sul Journal of Hepatology e coordinato da Jiantao Ma
dell'Human Nutrition Research Center on Aging alla Tufts University di Boston,
Massachusetts. In particolare, analizzando i dati dei discendenti della coorte
originaria del Framingham Heart Study, emerge che gli adulti che bevono
abitualmente drink zuccherati hanno maggiori probabilità di sviluppare steatosi
epatica non alcolica rispetto ai non consumatori. Per giungere a questi
risultati i ricercatori hanno studiato 2.634 adulti di mezza età suddividendoli
in consumatori o non consumatori di bevande zuccherate. Tra i primi, la cola
con caffeina è risultata la bevanda preferita, bevuta nel 40% dei casi, seguita
dalle bevande non gassate alla frutta, 29%, da quelle gassate senza cola, 21%,
e dalla cola senza caffeina nel 10%.
«Attualmente, oltre un quinto della
popolazione adulta statunitense è affetto da steatosi epatica non alcolica, uno
spettro di disturbi patologici che comprende la semplice steatosi epatica, la
steatoepatite e la cirrosi che si sviluppano senza consumo di alcol» esordisce
l'autore, precisando che gli individui con steatosi epatica non alcolica sono a
maggior rischio di sviluppare diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari. «La
prevalenza di steatosi epatica non alcolica nella popolazione in studio,
verificata tramite tomografia computerizzata, è risultata di poco inferiore al
20%» affermano i ricercatori, che dopo aggiustamento per età, sesso, abitudine
al fumo, introito calorico, consumo di alcolici e indice di massa corporea,
hanno scoperto che rispetto ai non consumatori, l'assunzione abituale di
bevande zuccherate si associa positivamente sia al rischio di steatosi epatica
sia all'aumento dell'alanina transaminasi. «Questi risultati dimostrano che il
consumo regolare di bevande zuccherate è legato a una maggiore prevalenza di
steatosi epatica non alcolica, specie nei soggetti obesi e sovrappeso» scrivono
gli autori, sottolineando la necessità di ulteriori studi per confermare e
approfondire tale associazione.
J
Hepatology 2015. doi: 10.1016/j.jhep.2015.03.032