Sono dieci anni che mi
occupo di intolleranze alimentari. Come tutte le cose che ti cambiano la vita
arrivano quasi per caso!
Infatti la mia passione
è nata quando mi sono rivolta ad una collega BN, che faceva anche il test
citotossico, nell’ulteriore tentativo di perdere un paio di chili resistenti.
La collega attuò una “dieta
di eliminazione” totale degli alimenti cui ero risultata intollerante.
Finalmente riuscivo a
superare la soglia tanto desiderata!
Ma c’è un ma...
Infatti , nonostante
avessi riportato un successo insperato dal punto di vista della riduzione del
peso, avevo spesso un fastidioso mal di testa che si calmava solo quando andavo
in palestra o correvo!
Inspiegabile!
A questo punto però mi
sono molto appassionata ed ho iniziato a leggere tutto quello che l’attuale
letteratura proponeva, ho partecipato a seminari a favore e contro (più questi
ultimi!), sono andata a Roma per fare il corso per la lettura del test
citotossico. Sono stata a fare uno stage in un centro di Bologna, dove facevano
centinaia di test citotossici ogni giorno.
Ancora una volta mi si
propone di fare il test citotossico e scopro intolleranze diverse da quello
precedente. Mi sarei aspettata di non trovarne affatto invece ero ancora
intollerante!
Latte e leviti! Non se
ne parlava proprio! Togliere il latte? I lieviti? Non avevo alcuna intenzione
di sobbarcarmi all’iter di eliminazione totale per 3 mesi!
Ho iniziato anch’io a
fare i test citotossici ai pazienti in collaborazione con un laboratorio di
analisi. Per ogni test prima ricevevo il paziente, facevo un’accurata anamnesi,
dopo facevo il test, impiegando anche 2 ore per ciascuno, cercando di fare attenzione
all’impilamento dei Globuli Rossi, alla vacuolizzazione dei Globuli Bianchi,
alle interruzioni di continuità della membrana, ai danni più eclatanti,
controllavo molti campi ecc.
Posso dire che quello
che provavo a fare era trovare dei parametri di lettura oggettivi! Ma spesso mi
accorgevo che se stavo troppo a lungo ad osservare un vetrino, il campione si
modificava e si alterava, probabilmente a causa del calore indotto dal sistema
di illuminazione del microscopio stesso. Il tentativo di essere più accurati,
precisi e oggettivi si risolveva nell’alterazione del campione, quindi
diventava controproducente.
L’esperienza è qualcosa
di meraviglioso! Col tempo si diventa capaci di fare le stesse cose in minor
tempo! Ma siamo certi che sia sempre a favore del “fatto bene” ?
Nel frattempo ho deciso di provare a fare anch’io
la dieta di eliminazione di latte, latticini e lieviti con risultati veramente
importanti e ottenendo finalmente anche
la scomparsa del fastidioso mal di testa.
Questo può essere soggetto a diverse interpretazioni. Possiamo ipotizzare
ad esempio che il primo test sia stato
letto in modo corretto ed oggettivo e le intolleranze al latte e ai lieviti
siano subentrate in seguito. Questa ipotesi non tiene conto del mal di testa
comparso durante il primo trattamento dietetico e scomparso nel secondo con
l’eliminazione del latte, latticini e lieviti e non convince la spiegazione che
queste intolleranze si siano sviluppate in un secondo tempo, a causa dell’uso
continuativo di quei cibi, perché in
realtà non era stato così cioè non avevo consumato più latte, latticini e
lieviti di prima.
È più semplice pensare che tutte queste intolleranze erano
presenti fin dal principio e che non sono state individuate precedentemente
perché forse il quadro era complesso e lo stato infiammatorio molto importante.
Anzi l’eliminazione del primo gruppo di alimenti aveva apportato il beneficio
di sboccare un metabolismo rallentato ma non aveva ridotto in modo ottimale
l’infiammazione minima persistente causata dal latte, latticini e lieviti e mi
avevano resa più sensibile alle altre intolleranze causandomi il fastidioso mal
di testa.
In seguito ho sempre più
riscontrato la cosa anche in altre persone da me seguite nutrizionalmente.
La BN che aveva fatto
il primo test aveva fatto un buon lavoro ma non aveva individuato con
completezza i cibi cui ero intollerante.
Questo ci riporta ad
una riflessione importante sulla soggettività della lettura del test
citotossico e sulla possibilità di omettere più o meno consapevolmente
intolleranze a cibi che potrebbero essere molto importanti ai fini di un corretto
impiego per l’elaborazione di piani nutrizionali assolutamente personalizzati.
Ricordo bene che
qualche anno fa ci dicevano che un buon test citotossico deve dare intolleranza
a pochi alimenti, 2 o 3, massimo 4.
E se ne troviamo 10-15
allora cosa facciamo?
A tal riguardo vorrei
porre l’attenzione sull’intolleranza al nickel! Se si omettono informazioni
perché non valutate importanti si rischia di non riuscire a diagnosticarla in
modo corretto.
Si tratta infatti di una delle più difficili delle intolleranze
da inquadrare perché coinvolge moltissimi alimenti non collocabili per famiglie biologiche e tal volta si
riscontra in persone che apparentemente non sono allergiche al nickel o
comunque hanno una reazione allergica molto bassa!
Mi sono spesso chiesta
come fidarsi, alla luce di tutte queste importanti conoscenze, di test
citotossici fatti presso laboratori privati, letti da operatori frettolosi o
comunque ignari delle informazioni sul paziente che solo il nutrizionista può avere
e troppo spesso gestiti in modo autonomo dai pazienti, che non essendo
consapevoli dei danni provocati dalle diete di eliminazione possono provocarsi
malnutrizioni importanti?
Per alcuni anni non ho
più né fatto test citotossici né richiesto test ai miei pazienti, in qualche
caso qualcuno mi portava quello che aveva già fatto fare ed io lo accettavo, lo
valutavo, ma ho imparato ad interrogare le persone accuratamente e farmi dare
moltissime informazioni e a stilare piani nutrizionali tenendo in
considerazione tutti questi dati raccolti.
In qualche caso, però
restano i dubbi, rimane qualcosa di inspiegabile!
Proprio per tutte
queste considerazioni mi sono interessata ad altri test, come la ricerca delle
IgG ma non sempre ho avuto buon riscontro perché non sempre i soggetti
intolleranti hanno le IgG aumentate e viceversa!
È molto interessante
l’ALCAT test, che in realtà è sempre un test citotossico ma non viene
effettuato su sangue intero ma solo sui globuli bianchi neutrofili e cosa ancor
più importante non richiede la lettura di un operatore ma i pozzetti con
alimenti o sostanze chimiche e sangue sono letti attraverso uno specifico
strumento di conteggio e misurazione cellulare, denominato ROBOCATII (validato
dall’US Food & Drug Administration), che individua le eventuali variazioni
volumetriche e cliniche dei globuli bianchi (granulociti neutrofili) a contatto
con le sostanze testate. Quando si verifica una variazione del numero e delle
dimensioni dei globuli bianchi, significa che è presente una reazione avversa a
quella determinata sostanza.
Questo sistema permette
una determinazione oggettiva delle intolleranze ad alimenti e sostanze chimiche
inoltre il risultato che viene fornito è corredato da tutta una serie di
informazioni che non solo aiutano il nutrizionista nella stesura del piano
nutrizionale corretto superando la vecchia modalità di eliminazione
assoluta di tutti i cibi incriminati per 3 o 4 mesi, con una più moderna che è
quella della “dieta di rotazione”, cioè l’esclusione degli alimenti solo per
alcuni giorni alla settimana e la reintroduzione negli altri giorni.
Altro effetto importante
è certamente quello di costituire una rete di nutrizionisti che utilizzando lo
stesso test a lettura oggettiva ed i medesimi principi di stesura della dieta
che è quella di rotazione, può dare
anche la possibilità a tutti i componenti di interagire direttamente in
workshop organizzati appositamente e magari pubblicare i risultati di queste
interazioni.
dott.ssa Cacciola Maria
Stella
biologa nutrizionista
esperta in intolleranze
alimentari e fitointegrazione