Secondo uno studio da poco pubblicato su Jama Internal
Medicine, nel contesto di un'alimentazione equilibrata il consumo di cereali
integrali è correlato a un calo della mortalità, in special modo correlata a
eventi cardiovascolari. In compenso, non sembra esserci alcun effetto per
quanto riguarda i decessi per cancro. Lo studio è stato diretto da Hongyu Wu
della Harvard school of public health di Boston, negli Stati Uniti: «I cereali
sono semi di frumento, segale, orzo, avena e riso che da secoli fanno parte
dell'alimentazione umana» spiega Wu. «In epoca industriale i progressi in
molitura e lavorazione hanno permesso la produzione di farine raffinate
ottenute in gran parte dall'endosperma ricco in amido».
Crusca e germe contengono nutrienti che però vanno perduti
con la raffinazione, e i risultati di molti studi indicano che il consumo
regolare di cereali integrali riduce il rischio di disturbi cardiaci e di
altre
malattie croniche come il diabete, oltre a favorire un peso equilibrato. «Meno
noti e non sempre coerenti, invece, sono i dati sulla mortalità legata a una
dieta ricca in cereali integrali» riprende Wu, che per provare a rispondere al
quesito ha preso in esame due grandi trial osservazionali: il Nurses' health
study (che tra il 1984 e il 2010 ha coinvolto oltre 70.000 infermiere), e
l'Health professionals follow-up study, che ha seguito oltre 40.000 uomini per
quindici anni, tra il 1986 e il 2010. Tutti i partecipanti di entrambi gli
studi erano liberi da cancro e malattie cardiovascolari al momento del
reclutamento. Tra loro, Wu e colleghi hanno documentato 26.920 decessi: dopo
aver tenuto conto di età, fumo e indice di massa corporea, il maggiore consumo
di cereali integrali è risultato associato a una minore mortalità totale e
cardiovascolare, ma non a quella per cancro. «Questi dati supportano le attuali
raccomandazioni delle linee guida alimentari non solo per facilitare la
prevenzione primaria e secondaria delle malattie cardiovascolari, ma anche per
migliorare l'aspettativa di vita» concludono gli autori.
JAMA Intern
Med. Published online January 05, 2015. doi:10.1001/jamainternmed.2014.6283