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20 aprile 2016
18 aprile 2016
IL MINERALOGRAMMA
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17 marzo 2016
Per persone a rischio, mangiare mirtilli contrasta l’Alzheimer
I
mirtilli appaiono confermati come frutti anti-aging
per
il cervello. E’ probabile, infatti, che grazie al loro elevato
contenuto in antiossidanti, i mirtilli aiutino a proteggere
dall’Alzheimer
le
persone a rischio di malattia, perché già colpite da un lieve
declino cognitivo. Lo rivelano gli studi presentati da Robert
Krikorian dell’Università
di Cincinnnati in occasione del XXV Meeting della American Chemical
Society (ACS) che si tiene a San Diego. Non è la prima volta che
viene suggerito un ruolo protettivo dei mirtilli per il cervello, ma
le ricerche di Krikorian mostrano che ad avere più benefici sono
proprio gli anziani con un rischio reale di malattia di Alzheimer,
perché hanno già ricevuto una diagnosi di lieve declino cognitivo,
una riduzione patologica delle funzioni cognitive che spesso è
l’anticamera della demenza vera e propria.
Primo
studio
Krikorian ha in realtà condotto due studi: il primo su un campione di persone oltre i 68 anni di età con lieve declino cognitivo. A metà di questi anziani Krikorian ha somministrato tutti i giorni per 16 settimane polvere di mirtilli essiccati (una dose è equivalente a una tazza di mirtilli freschi); all’altra metà una polvere placebo, ovvero priva di qualsiasi ingrediente attivo. Ebbene è emerso – con misurazioni oggettive mediante test ad hoc – un miglioramento delle funzioni cognitive e della memoria proprio nel gruppo che ha consumato polvere di mirtilli essiccati. Inoltre tramite la risonanza magnetica è emerso un aumento della loro attività cerebrale.
Krikorian ha in realtà condotto due studi: il primo su un campione di persone oltre i 68 anni di età con lieve declino cognitivo. A metà di questi anziani Krikorian ha somministrato tutti i giorni per 16 settimane polvere di mirtilli essiccati (una dose è equivalente a una tazza di mirtilli freschi); all’altra metà una polvere placebo, ovvero priva di qualsiasi ingrediente attivo. Ebbene è emerso – con misurazioni oggettive mediante test ad hoc – un miglioramento delle funzioni cognitive e della memoria proprio nel gruppo che ha consumato polvere di mirtilli essiccati. Inoltre tramite la risonanza magnetica è emerso un aumento della loro attività cerebrale.
Secondo
studio
Nel secondo studio Krikorian ha coinvolto un altro gruppo di persone dai 62 agli 80 anni, tutte sane (senza evidenze di declino cognitivo), ma che avevano lamentato dei problemi generici di memoria. In questo caso la polvere di mirtillo è risultata non sempre efficace nel migliorare le funzioni cognitive, lo studio, insomma, ha dato risultati più dubbi. Probabilmente ciò si spiega col fatto che l’estratto di mirtilli funziona laddove vi sia un vero declino cognitivo già clinicamente accertato.
Nel secondo studio Krikorian ha coinvolto un altro gruppo di persone dai 62 agli 80 anni, tutte sane (senza evidenze di declino cognitivo), ma che avevano lamentato dei problemi generici di memoria. In questo caso la polvere di mirtillo è risultata non sempre efficace nel migliorare le funzioni cognitive, lo studio, insomma, ha dato risultati più dubbi. Probabilmente ciò si spiega col fatto che l’estratto di mirtilli funziona laddove vi sia un vero declino cognitivo già clinicamente accertato.
Patrizia Maria Gatti
16 marzo 2016
15 marzo 2016
Dimagrire con i Pesi è Possibile? Come
Dallo scrittore Myprotein Roberto Flenghi, personal trainer laureato in Scienze Motorie e Sportive.
Quante volte avete sentito dire: “non faccio i pesi perchè poi mi ingrosso”, “per dimagrire devi fare cardio per tanto tempo a bassa intensità”, “quando facevo sala pesi ero ingrassata!!”?
Tante volte, vero? Purtroppo in gran parte dell’ambiente fitness troneggia ancora la regola che l’allenamento con i pesi sia nemico deldimagrimento, mentre interminabili ed estenuanti sedute cardio rappresentano il santo Graal per tutte quelle persone (soprattutto donne) che identificano nella bilancia il loro peggior nemico.
Ma è vero che i pesi non servono a dimagrire (anzi peggiorano le cose) mentre il cardio si?
La risposta è ovviamente no, ma andiamo con ordine.
Come Siamo Fatti?
Il nostro corpo è un sistema incredibilmente complesso, ma possiamo individuare in esso quattro grandi componenti: ossa, organi, muscolo epannicolo adiposo, a cui vanno aggiunti i liquidi.
Ossa e organi sono componenti che, tendenzialmente possiamo considerare fisse (ovvero non sottoposte ad oscillazioni), mentre muscoli e tessuto adiposo sono le due componenti variabili a cui possiamo e dobbiamo fare riferimento quando parliamo di dimagrimento.
Cos’è il Dimagrimento?
Per dimagrimento si intende il miglioramento del rapporto tra massa grassa e massa magra, all’aumentare della seconda diminuirà la prima e viceversa; e in tutto questo il peso ricopre un ruolo marginale se non nullo (tranne in particolari condizioni).
Inoltre va detto che grasso e muscolo hanno due densità completamente diverse a parità di peso, il che significa che, se in un lasso di tempo X ci allenassimo con i pesi e perdessimo 3 kg di massa adiposa, a favore di 3 kg di massa magra, davanti allo specchio risulteremmo molto più asciutti, pur pesando sempre uguale.
Il Peso
Croce e delizia di chiunque debba (o pensa di dovere) dimagrire, alcuni arrivano a consultare la bilancia anche più volte al giorno disperandosi o gioendo di oscillazioni di pochi etti, sprecando tempo ed energie preziose. Il nostro peso infatti è un valore di per se abbastanza vuoto, che indica la somma di tutti i nostri tessuti, liquidi e quant’altro; ci da una stima quantitativa, ma non qualitativa, della nostra condizione attuale.
Quindi, a meno che non rientriate nella categoria del forte sovrappeso o dell’obesità (condizione nella quale, perdere peso è necessario, almeno in una prima fase), potete tranquillamente consultare la bilancia non più di una volta ogni settimana, o anche meglio ogni due).
Il Metabolismo, Questo Sconosciuto
Il nostro corpo consuma una certa quantità di calorie ogni giorno per mantenere le proprie funzioni vitali (metabolismo basale) e per permetterci di svolgere tutte le nostre attività giornaliere, dal lavoro all’allenamento; e noi ingeriamo giornalmente una certa quantità di calorie per far si che tutto funzioni a dovere.
Ogni tessuto del nostro corpo utilizza una certa quantità di calorie, e il tessuto che ne utilizza la quantità maggiore è il muscolo; va da se che più muscolo (massa magra) abbiamo, e più calorie il nostro corpo utilizzerà per le proprie funzioni.
Cardio VS Pesi
Ricapitolando, il dimagrimento si considera rapportando la percentuale di massa grassa con la percentuale di massa magra, il peso non è una discriminante fondamentale e il muscolo è il nostro principale alleato per innalzare il metabolismo e rendere più efficace il processo di dimagrimento.
Da queste considerazioni si evince che il lavoro con i pesi (ovviamente ben organizzato e strutturato) è sicuramente preferibile all’allenamento cardio(che può comunque essere abbinato), perchè ci consente di rafforzare e potenziare quelle strutture che ci consentiranno di avere un metabolismo più efficiente e più veloce, a discapito della massa grassa.
Avere una percentuale più alta di muscolo vi consentirà inoltre di mangiare di più (non cheesecake), perchè è un substrato energeticamente più efficiente.
In tutto questo non dimentichiamo che l’allenamento cardio può essere un ottimo alleato, se eseguito anch’esso con criterio; sono infatti sconsigliateinterminabili sedute di camminata sul tappeto che hanno come unico risultato quello di farvi morire di noia, molto meglio una sessione più breve (anche venti, trenta minuti massimo), ma organizzata secondo degli intervalli di intensità variabili, che permetteranno al vostro corpo di non abituarsi mai a quello che state facendo, reagendo e migliorando la risposta metabolica.
Un Consiglio da Non Dimenticare
Per concludere, il dimagrimento è senza dubbio un processo che va affrontato da più versanti (alimentazione, allenamento, integrazione), ma che trova nell’allenamento con i pesi il suo principale strumento di successo, e se riuscirete a superare tutte le leggende e i miti (per lo più sbagliati) che lo circondano, vi renderete conto di quanti e quali risultati positivi e durature potrete ottenere per mezzo di esso.
Inoltre, e questo vale soprattutto per le donne, non fatevi ingannare dalla storiella che fare pesi equivale a diventare come gli uomini, perchè il vostroquadro ormonale ve lo impedirebbe anche se lo voleste, inoltre la qualità muscolare e la compattezza che potete ottenere con allenamenti di forza sono irraggiungibili seguendo qualsiasi altra pratica, men che meno facendo soltanto cardio.
L’unico rischio che correrete facendo seriamente pesi è che diventi una dipendenza!
Curcumina e sindrome metabolica
La curcumina è il componente attivo più studiato della curcuma, é dotata di un ampio spettro di attività farmacologiche e mostra una potenziale attività per il trattamento della sindrome metabolica, l'obesità e il diabete. Nel tessuto adiposo umano, la curcumina riduce l'espressione di adipochine, interleuchina-6 (IL-6) e tumore necrosis factor-alfa (TNF), potenti agenti pro infiammatori e induce l'espressione di adiponectina, l'agente antinfiammatorio più importante secreto dagli adipociti. La curcumina presenta effetti anti-iperglicemici e insulina sensibilizzanti. Inoltre, la curcumina ⪚rav e; inibitore selettivo della 11-betaHSD122 umana, la cui attività è in relazione con alte concentrazioni di cortisolo nel tessuto adiposo e con lo sviluppo di obesità centrale, insulino-resistenza, e diabete in modelli murini. Nell'uomo il cortisolo è uno dei fattori importanti nel promuovere la sindrome metabolica. La curcumina è purtroppo una molecola scarsamente biodisponibile quando assunta per via orale ed è per questo che negli ultimi anni sono sorte diverse forme di curcumina, dove la sostanza si trova coniugata ad altre molecole allo scopo di favorirne l'assorbimento e un'emivita più lunga. Sulla base di queste conoscenze, alcuni ricercatori hanno valutato in uno studio(1) controllato randomizzato, la tollerabilità e l'efficacia di un complesso curcumina-fosfatidilserina in forma di fitosoma e di fosfatidilserina pura in soggetti in sovrappeso affetti da sindrome metabolica, con particolare attenzione alla intolleranza a l glucosio e all'accumulo di grasso di tipo androide. Un gruppo di 127 soggetti, sono stati sottoposti a un trattamento di 30 giorni che includeva correzione dietetica e modificazione dello stile di vita. I soggetti hanno mostrato una perdita di peso inferiore al 2%. Tra questi, 44 soggetti sono stati assegnati casualmente rispettivamente o a un gruppo che per ulteriori 30 giorni ha proseguito aggiungendo l'assunzione CUR-SER o a un gruppo che ha proseguito aggiungendo solo fosfatildiserina.
I risultati riguardanti le misurazioni antropometriche e la composizione corporea sono stati analizzati al momento dell'arruolamento e dopo 30 e 60 giorni.
La somministrazione di curcumina aumenta la perdita di peso dall' 1,88 al 4,91%, una percentuale di riduzione del grasso corporeo (0,70-8,43%), una riduzione del girovita (2,36-4,14%), il miglioramento della riduzione della circonferenza fianchi 0,74-2,51% e la riduzione del BMI (dalle 2.10 al 6,43% del) (p
La tollerabilità è stata molto buona per entrambi i trattamenti. Anche se preliminari, i risultati suggeriscono che una forma biodisponibile di curcumina è ben tollerata e in grado di influenzare positivamente la gestione di peso nelle persone in sovrappeso affetti da sindrome metabolica. Di Pierro F, et al. Eur Rev Med Pharmacol Sci. 2015 Nov;19(21):4195-202.
Eugenia Gallo
CERFIT Fitovigilanza
AOU Careggi - Università di Firenze
08 febbraio 2016
LA BARRIERA ANTIOSSIDANTE E LE VARIANTI GENETICHE CHE LA MODULANO
Lo
stress ossidativo è la conseguenza di uno squilibrio tra l'attività
dei radicali liberi e il sistema antiossidante dell'organismo. Gli
antiossidanti esogeni ottenuti con la dieta, come vitamina C, E,
carotenoidi hanno un ruolo molto importante nella prevenzione e nella
riduzione dello stress ossidativo. Le variazioni genetiche
individuali coinvolte nell'assorbimento, nell'utilizzo e nel
metabolismo di questi antiossidanti possono alterarne i livelli
ematici, la loro esposizione a cellule bersaglio e conseguentemente
l'avanzamento dello stress ossidativo. Gli antiossidanti endogeni
includono enzimi come superossido dismutasi, catalasi, glutatione
perossidasi e glutatione S tranferasi. Variazioni nei geni che
codificano per questi enzimi possono influenzare l'attività del
sistema antiossidante e il rischio di sviluppo di determinate
patologie. I livelli circolanti di acido ascorbico sono influenzati
da polimorfismi a singolo nucleotide (Snps) nel gene SLC23A1 che
codifica per il trasportatore di tipo 1 della vitamina C (SVCT1),
responsabile del trasporto attivo della vitamina C dall'intestino.
Anche i livelli circolanti di tocoferolo sono influenzati da
polimorfismi nei geni codificanti proteine coinvolte
nell'assorbimento, trasporto e metabolismo come apoliproteine,
citocromo P450 ed il gene SR-B1. MnSOD è la più importante tra le
isoforme dell'enzima superossido dismutasi. Il polimorfismo più
studiato di questo gene, Val16Ala, altera la funzionalità
dell'enzima e la capacità del suo precursore di difendere le cellule
dallo stress ossidativo. L'enzima catalasi è codificato dal
gene catalasi (CAT) ed è espresso principalmente nel fegato, nei
reni e negli eritrociti. Un polimorfismo comune nella posizione -262
della regione non tradotta del gene CAT, dove una C (citosina) è
sostituita con una T (timidina), determina una bassa attività
dell'enzima, come riportato in alcuni studi. L'impatto di questo
polimorfismo può essere anche influenzato dall'etnia, dal sesso e
dal consumo di frutta e verdura. In uno studio di 1008 casi di cancro
alla mammella e 1056 controlli del progetto Long Island Breast Cancer
Study, il genotipo CAT-262 CC è associato con il 17% di diminuzione
del rischio di sviluppo della patologia, rispetto ai portatori
dell'allele T. Inoltre un alto consumo di frutta (>10 porzioni a
settimana) o una supplementazione di vitamina C (> 133.7 mg/die)
associato al genotipo CC ha dimostrato il più basso rischio di
cancro alla mammella in questo studio. Ulteriori ricerche su altre
Snps di questo e altri geni coinvolti nei processi antiossidanti sono
in corso per migliorare la comprensione della complessa interazione
geni-dieta.
Approfondimenti:Cahill LE, El-Sohemy A: Vitamin C transporter gene polymorphisms, dietary vitamin C and serum ascorbic acid. J Nutrigenet Nutrigenomics 2009;2:292-301.
Bastaki M, Huen K, Manzanillo P, Chande N, Chen C, Balmes JR, Tager IB, Holland N: Genotype-activity relationship for Mn-superoxide dismutase, glutathione peroxidase 1 and catalase in humans. Pharmacogenet Genomics 2006;16:279-286
Possible risk modifications in the association between MnSOD Ala-9Val polymorphism and breast cancer risk: subgroup analysis and evidence-based sample size calculation for a future trial. Breast Cancer Res Treat 2011;125:495-504.Elena Giordano
http://www.nutrizione33.it
14 dicembre 2015
Cancro ed antiossidanti
Come evidente dal titolo di questo articolo nella giornata mondiale del cancro si è discusso della prevenzione del cancro con gli antiossidanti anche di origine naturale. In questo sommario di lavori scientifici sull'argomento è evidente che la loro efficacia è dimostrata per lo più in vitro. E troppo spesso è stata presa forse come prova definitiva nella prevenzione del cancro. In realtà in numerosi studi epidemiologici molti antiossidanti si sono dimostrati definitivamente efficaci, ma alcuni di essi, in particolare nei fumatori, hanno aumentato il rischio di cancro, per cui l'argomento è molto più complesso di quanto possa sembrare. L'articolo merita essere letto. È disponibile in Free full text.
Luigi Gori
Cerfit Aou Careggi - Università degli Studi di Firenze
Rafieian-Kopaie M On the Occasion of World Cancer Day 2015; the Possibility of Cancer Prevention or Treatment with Antioxidants: The Ongoing Cancer Prevention Researches. Int J Prev Med. 2015 Nov 4;6:108.
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12 novembre 2015
ALIMENTAZIONE E SALUTE all'EXPO FOOD & WINE DI CATANIA
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Tumminia
23 settembre 2015
07 settembre 2015
L'alimentazione personalizzata come rimedio all'infiammazione
L'infiammazione è esperienza condivisa da tutti, tanto che i farmaci antinfiammatori sono in assoluto i più venduti al mondo, come numero di pezzi. Ogni medico inoltre si confronta quotidianamente con fenomeni di infiammazione a bassa intensità che spesso durano a lungo e che per anni sono stati scarsamente compresi. Il sospetto di una relazione diretta con l'alimentazione è sempre stato molto forte, ma molti ricercatori si sono avvicinati in modo spesso controverso al tema delle cosiddette intolleranze alimentari scontrandosi con pregiudizi, petizioni di principio e proponendo in molti casi pratiche diagnostiche dubbie. La scoperta che un alimento può indurre la produzione di Baff (B Cell Activating Factor) o di Paf (Platelet Activating Factor) e provocare tutti i sintomi infiammatori che usualmente sono ascritti al cibo risale agli studi di Lied (1) del 2010 ma solo da poco è applicata in ambito clinico. La misurazione di queste citochine consente di capire il livello di infiammazione correlata al cibo eventualmente presente in una persona e di agire sugli aspetti nutrizionali per ridurla e per controllarne gli effetti sulla salute. Si tratta di una vera rivoluzione concettuale che consente di andare oltre la conoscenza di Ves e Pcr che da oltre 50 anni restano incredibilmente gli unici due "indicatori di infiammazione" usati dalla medicina in ambito clinico. Baff e Paf invece sono effettivi indicatori di una reazione dovuta anche al cibo, come documentato da Piuri (2). Si tratta di un primo passo verso la migliore comprensione delle reazioni dell'organismo che porterà in breve alla acquisizione e alla valorizzazione di altri biomarkers specifici che consentiranno sempre di più di caratterizzare il fenotipo di una reazione alimentare. Sappiamo che si tratta di una reazione dovuta all'immunità innata e all'attivazione di Toll Like Receptors (soprattutto Tlr2 e Tlr4), recettori che svolgono nell'organismo la funzione di segnalare un pericolo, che nel caso del cibo è il superamento di un livello di soglia nell'assunzione di cibo e manifestano la reazione infiammatoria come fosse una "luce di allarme" perché si cambi il comportamento alimentare. Poiché questa reazione non riguarda solo la Sindrome del colon irritabile o la colite ma anche patologie come artrite reumatoide, morbo di Crohn, lupus, diabete (3) e molte altre, l'approccio più moderno è quello di interpretare la reazione infiammatoria come un avvertimento o un segnale per un reale cambio di comportamenti che guidi il recupero dello stato di benessere attraverso una alimentazione personalizzata.
1) Lied GA et al, Aliment Pharmacol Ther. 2010 Jul;32(1):66-73. Epub 2010 Mar 26
2) Piuri G, Soriano J, Speciani MC, Speciani AF (2013) B cell activating factor (BAFF) and platelet activating factor (PAF) could both be markers of non-IgE-mediated reactions. Clin Transl Allergy 3:O5.
3) Kim YH et al, Exp Mol Med. 2009 Mar 31;41(3):208-16.
2) Piuri G, Soriano J, Speciani MC, Speciani AF (2013) B cell activating factor (BAFF) and platelet activating factor (PAF) could both be markers of non-IgE-mediated reactions. Clin Transl Allergy 3:O5.
3) Kim YH et al, Exp Mol Med. 2009 Mar 31;41(3):208-16.
Attilio Speciani
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03 agosto 2015
La dieta per favorire il concepimento
Uno
stile di vita sano è un elemento imprescindibile quando si decide di
avere un bambino.
La
giusta attività fisica, una corretta alimentazione e la messa al
bando di fumo, alcool e sostanze nocive, permettono non solo
si diminuire le
probabilità di problemi
in gravidanza ma
al contempo, anche diaumentare le
possibilità di concepimento.
Uno
studio pubblicato sul Journal
of Nutritional & Enviromental Medicine e
condotto su 367
coppie che
avevano precedentemente sofferto
di infertilità primaria
e secondaria, ha messo in evidenza l’importanza di una corretta
alimentazione e i suoi risvolti sulla fertilità.
Le
donne partecipanti avevano un’età media di 34 anni e i maschi di
36.
Lo
studio è durato ben 3 anni, le coppie sono state sottoposte a un
preciso programma alimentare e l’89% di esse è riuscita a
concepire un bambino e dare alla luce bimbi sani. Non si è
registrato alcun aborto
spontaneo,
tutti bimbi sono nati normopeso e in buona salute.
Delle
204 coppie con problemi di fertilità, l’86% ha portato a termine
la gravidanza. Se considerate che le tecniche di procreazione
assistita hanno una percentuale di successo mediamente del 25% (1 su
4), potete ben capire l’importanza dello studio: una cura mirata
allo stile di vita influisce direttamente sull’esito della
gravidanza.
Quali sono i cambiamenti utili da apportare alla dieta?
Vediamoli
assieme. Innanzitutto al
giorno d’oggi è sempre più complicato assumere le sostanze
nutritive essenziali a causa degli alimenti sempre più lavorati e
impregnate di sostanze tossiche (come pesticidi). Però tutto ciò
che mangiamo e beviamo può influire sulla nostra fertilità e ciò
non va sottovalutato.
Per
capire se ci sono particolari carenze si potrebbe fare qualche
analisi particolare, come l’esame della composizione mineraria del
capello ad esempio. In ogni caso si può
cominciare semplicemente iniziando
a scindere tra alimenti “buoni” e “cattivi”.
Seguire
una dieta sana pre-concepimento significa semplicemente introdurre
tutte le sostanze nutritive per concepire e far crescere bene il
bambino eliminando al contempo tutte quelle sostanze che
interferiscono con questo processo.
Tra
le varie sostanze che interferiscono con la fertilità ci sono:
caffeina, fumo di sigaretta, alcool, droghe, mercurio, piombo,
pesticidi e diserbanti.
La
dieta pre-concepimento (e
per dieta non si intende un programma per perdere peso!)oltre
a bandire tali sostanze si propone di fornire alla coppia tutte le
sostanze necessarie per il concepimento e una gravidanza salutare.
Il
massimo sarebbe quello di poter disporre di un orticello dove
coltivare pomodori, carote, frutta… ma non è possibile al giorno
d’oggi, soprattutto per chi vive in città.
I
prodotti biologici che acquistate vanno bene ma solo se
effettivamente tali. Attenzione sempre a quello che comprate, mi
raccomando! Qualità prima di tutto! Ne va della vostra salute.
Servono
circa 3 mesi di corretta alimentazione affinché la coppia possa
iniziare a sentire i primi benefici del nuovo stile di vita.
La
dieta pre-concepimento consiste nella giusta quantità di
carboidrati, grassi , proteine, fibre, molta acqua (pura).
Carboidrati
I
carboidrati si dividono in semplici (zuccheri) e complessi
(amidi e fibre), entrambi sani ed importanti.
Quando
gli zuccheri semplici vengono lavorati per ottenere biscotti, dolci,
bevande frizzanti o caramelle, perdono
qualsiasi minerale e vitamina,
non fanno altro che aumentare i livelli di zucchero nel sangue senza
fornire alcuna sostanza nutritiva necessaria.
Meglio
quindi tralasciare fonti come lo zucchero raffinato, la farina
bianca, il pane e la pasta bianca, dolciumi, biscotti, bevande
gassate, marmellate e gelatine, e meglio optare per pari alimenti
integrali e cereali. E ovviamente ottima fonte di carboidrati sono la
frutta, le patate, i legumi e la verdura fresca o cotta a vapore.
Proteine
Le
proteine svolgono un ruolo importantissimo nel nostro corpo in quanto
“mattoncini” essenziali di muscoli, enzimi, organi , tessuti,
capelli…
Le
proteine sono catene di amminoacidi che hanno un ruolo
importantissimo anche nella fertilità.
La
spermina e la spermidina hanno un ruolo fondamentale nella sintesi
dello sperma e maschi con una bassa conta di spermatozoi hanno
anche bassi livelli di entrambe. I livelli di spermina e spermidina
possono essere ripristinati con gli alimenti e gli integratori
giusti. Da evitare fonti proteiche come le torte e le merende
preconfezionate, salsicce, salami, hamburger, wurstel, patè e carni
lavorate.
Grassi
Quando
si sente nominare la parola grasso di pensa ahimè troppo spesso in
negativo. Ci sono grassi e grassi +. Alcuni di questi infatti sono
fondamentali per la fertilità. I grassi “buoni” sono
rappresentati da i grassi non saturi, che si trovano in pesce, oli,
noccioline, semi e contengono acidi grassi essenziali che non possono
essere sintetizzati dall’organismo e devono essere introdotto con
la dieta. Ok quindi ad omega 3-6 9 mentre le fonti di grassi
“cattivi” da evitare sono rappresentate da: carne rossa, agnello,
maiale, panna, formaggi grassi, olio di palma, margarina, pasticci,
biscotti, torte, patatine fritte, cibi fritti in genere, gelati e
barrette di cereali.
Fibre
Le
fibre hanno un ruolo fondamentale nel conservare sano il sistema
digerente e eliminare sostanze tossiche dall’organismo.
Le
fibre aiutano anche ad alleviare i sintomi di alcune patologie come
endometriosi, sindrome dell’ovaio
policistico (PCOS)
che sono associate ad alti livelli di estrogeni nel corpo. Le fibre
agiscono impedendo agli estrogeni di essere riassorbiti nel sangue.
Acqua
Assicurarsi
sempre che l’acqua sia di buona qualità e priva di sostanze
inquinanti. Sono raccomandati almeno 8 bicchieri di acqua al giorno.
Vitamine e minerali
Alcune
vitamine (ad esempio l’acido folico) e alcuni minerali sono
importantissimi prima, durante e dopo la gravidanza.
Ecco
uno schema riguardante le quantità raccomandate dei principali
nutrienti:
Vitamina
A:
indispensabile per la produzione di ormoni sessuali femminili. Non
vanno assunti integratori di Vitamina A nè durante la gravidanza, nè
quando si è in procinto di concepire. Alti tassi di retinolo infatti
sono associati a possibili anomalie fetali.
VitamineB :
è un gruppo di vitamine molto importanti per la fertilità e il loro
assorbimento è inibito da fumo, alcol, stress e antibiotici.
L’ipotalamo che rilascia gli ormoni sessuali è molto sensibile
alle carenze di vitamina B.
- Vitamina B1: la carenzadi questa vitamina è associata ad assenza di ovulazione o a mancato impianto dell’ovulo.
- Vitamina B2: la sua carenza è associata a sterilità, aborto spontaneo e scarso peso alla nascita.Il fegato usa la vit. B2 per eliminare gli ormoni che hanno esaurito il loro compito e che potrebbero, se accumulati, interferire nelle comunicazioni per la produzione di ormoni nuovi, determinando così disfunzioni.
- Vitamina B5: importante al momento del concepimento per lo sviluppo del feto.
- Vitamina B6: importante per la formazione degli ormoni sessuali femminili.
- Vitamina B12: necessaria per la sintesi di DNA e RNA.
- Folati: Livelli di assunzione raccomandati per le donne in gravidanza 400 mcg/giorno,
Vitamina
C:antiossidante
e contrasta i radicali liberi ma un eccesso (più di 1000 mg/giorno)
può agre come antistaminico e asciugare il muco cervicale.Vitamina
E:
da studi l’associazione di questa vitamina con la Vitamina C, ha
effetti positivi sull’ovulazione. Ha effetti positivi anche sulla
funzionalità degli spermatozoi.Zinco:
aiuta al mantenimento dei livelli ormonali negli uomini e nelle donne
. E’ una componente importante del liquido seminaleFerro:
la carenza di ferro può influire negativamente sulla fertilità,
mentre una sua adeguata presenza può aiutare a prevenire gli aborti
spontanei.Selenio: una
carenza di selenio è associata a infertilità e rischio di
abortoCalcio:
carenza è associata a scarso peso alla nascita e a nascite
prematureMagnesio:
come nel caso del selenio, una sua carenza è associata a
infertilità e rischio di abortoManganese:
secondo alcuni studi una carenza di manganese è associata a
disfunzioni nell’ovulazione e inibisce la sintesi di
ormoni sessuali.Co-Enzima
Q10:
la sua integrazione può innalzare i tassi di fertilizzazione nelle
pratiche di fecondazione in vitro.
Per
capire dove sono contenuti questi nutrienti vi consiglio di
utilizzare questo database dell’Istituto Nazionale di Ricerca per
gli alimenti e la nutrizione
(INRAN): http://www.inran.it/646/tabelle_di_composizione_degli_alimenti.html
Fonti:
Marina
Nicholas, 3 steps to fertility
Zita
West:Fertilità e concepimento
http://www.periodofertile.it
01 agosto 2015
Alimentazione e geni: le risposte della nutrigenomica per il sistema cardiovascolare e in oncologia
Abbiamo chiesto a Francesco Visioli, professore di Nutrizione Umana all'Università di Padova (Dipartimento di Medicina Molecolare), quali risposte può dare la nutrigenomica e le prospettive future.
Rispetto a quello che sappiamo oggi: fino a che punto, in che misura l'alimentazione interagisce con i geni?
Molto più di quanto pensiamo. Anche se l'uomo si evolve "in toto" abbastanza lentamente, il profilo genetico in realtà si modifica con rapidità sorprendente. Un esempio è quello della tolleranza al lattosio, che segue il corso delle migrazioni e della pastorizia. In un certo senso l'interazione geni-alimentazione è bidirezionale: i geni influiscono sugli effetti dell'alimentazione e viceversa.
Molto più di quanto pensiamo. Anche se l'uomo si evolve "in toto" abbastanza lentamente, il profilo genetico in realtà si modifica con rapidità sorprendente. Un esempio è quello della tolleranza al lattosio, che segue il corso delle migrazioni e della pastorizia. In un certo senso l'interazione geni-alimentazione è bidirezionale: i geni influiscono sugli effetti dell'alimentazione e viceversa.
Che tipo di risposte può dare oggi la nutrigenomica? Ci sono (o quali sono) aspetti limitanti nella ricerca?La nutrigenomica può dare varie risposte utili a indirizzare la dieta. Un individuo che geneticamente metabolizza l'alcool lentamente dovrà usarlo in modo diverso da chi lo metabolizza velocemente. Inoltre, individui con maggior propensione ad alcune patologie (es. il diabete) potranno e dovranno cambiare l'alimentazione per minimizzare il rischio. Lo stesso si può dire per il controllo del peso corporeo o della pressione arteriosa.
I limiti attuali sono rappresentati più che dai costi (in continua discesa) dalla difficoltà di analizzare e interpretare la moltitudine di dati che escono dalle analisi. In futuro si dovrà lavorare a livello informatico proprio per distillare le informazioni importanti in poco tempo.
I limiti attuali sono rappresentati più che dai costi (in continua discesa) dalla difficoltà di analizzare e interpretare la moltitudine di dati che escono dalle analisi. In futuro si dovrà lavorare a livello informatico proprio per distillare le informazioni importanti in poco tempo.
Quali sono le linee di ricerca più promettenti?Le linee di ricerca più promettenti riguardano due grandi aree della ricerca biomedica: sistema cardiovascolare e oncologia. Per quanto riguarda il sistema nervoso centrale le ricerche sono, a mio avviso, ancora arretrate. Nel campo cardiovascolare sappiamo molto più di quanto il grande pubblico creda e possiamo (entro certi limiti) orientare i pazienti verso diete più adatte al loro profilo genetico. Per i tumori e la loro prevenzione il discorso è più complesso, ma si può anche in quel caso saggiare diete o profili dietetici che, per esempio, agiscano sull'infiammazione.
In cosa è consistito il vostro lavoro su tessuto adiposo e geni e a quali conclusioni siete giunti?Abbiamo svolto varie ricerche in questo campo. La più interessante di queste dimostra che l'idrossitirosolo, un composto con interessantissime azioni biologiche, che si trova nelle olive e nei loro derivati oppure si trova di sintesi, modula, nel tessuto adiposo, l'espressione di geni legati all'ossidazione/antiossidazione e all'infiammazione. Questo spiega in parte - a livello genetico - perché il consumo d'olio d'oliva extra-vergine si associa a minor incidenza di patologie cardiovascolari, anche se i suoi effetti sulla colesterolemia sono minimi.
Francesca De Vecchi
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