26 novembre 2011

Il fumo e la pelle: accoppiata perdente



Una opinione diffusa associa il fumo solo a patologie gravi, come malattie cardiovascolari o tumori polmonari. Così non è: i danni potenziali ed effettivi del tabagismo colpiscono quasi tutti gli organi, e tra questi certamente la cute.
Vari studi hanno dimostrato lo sviluppo della cosiddetta “smoker’s face” (viso da fumatore), un processo lento ma inesorabile nei forti fumatori, specialmente di sesso femminile. Le caratteristiche peculiari sono rugosità localizzate attorno ad occhi e bocca, anche per la stessa attività di aspirazione, nonché perdita di elasticità della cute del viso con afflosciamento delle guance, macchie ed arrossamenti, secchezza, borse palpebrali . Queste modificazioni aumentano negli ultraquarantenni di razza bianca di sesso femminile, e sono potenziate dalla esposizione solare.
Alla base di tutto ciò è la esposizione cronica a nicotina, catrami, benzopirene ed oltre tremila componenti tossici contenuti nelle sigarette, alcuni con caratteristiche non del tutto definite.
Le varie tossine assorbite causano notevoli danni a livello dermico attraverso unaischemia ed atrofia della rete capillare, con riduzione dell’apporto di ossigeno ai tessuti. Si creano inoltre interferenze con le capacità rigenerative e di cicatrizzazione, tanto da rendere opportuno di vietare il fumo ai pazienti sottoposti a chirurgia. Si riscontrano danni anche a carico dei denti e delle unghie, con tipiche alterazioni cromatiche, e dei capelli con aumento della canizie e della caduta. Inoltre aumenta l’incidenza di cellulite.
Come accennato, l’esposizione solare amplifica grandemente il danno dermico, caratterizzando un grado di “photoaging” sensibilmente superiore rispetto alle “patite del sole” non fumatrici…
Ma il tabagismo viene correlato anche a patologie dermatologiche di grave impatto, come melanoma maligno, epitelioma spinocellulare (specialmente orale), psoriasi, dermatiti,gengiviti.
E in questi casi non si parla più di fatti estetici, ma di patologie piuttosto preoccupanti.
In conclusione si potrebbe dire che il fumatore dovrebbe avere perlomeno una spinta motivazionale in più per smettere di fumare: salvare il proprio aspetto! Anche perché fino ad un certo punto questi danni sono reversibili cessando l’ abitudine al fumo…


Dr. Giampiero Griselli


Adesso pasta!




pastaAdesso pasta!
Chiara Spadaro
AltrEconomia edizioni
Pag. 104
Euro 5
Si tratta della prima guida alla pasta biologica, equa, artigianale, equa e solidale. Un modo per essere informati sulla diverse tipologie di pasta che esistono al di fuori dei marchi più diffusi nella grande distribuzione. C'è pasta e pasta è proprio il caso di dirlo. Interessante la premessa in cui si parla della legislazione italiana e soprattutto sulle differenze tra pasta industriale e pasta artigianale. Senza togliere niente all’industria, come afferma l’autrice, il produrre e l’assaggiare un piatto di pasta è un “fatto agricolo” e culturale che merita la giusta attenzione. Nel manuale sono raccontate le storie dei produttori e dei pastifici biologici, ben 175; è riportata la mappa dei mulini bio ed artigianali; si parla di pasta sociale ovvero quella coltivata sulle terre liberate dalla mafia, di pasta speciale come quella confezionata con quinoa della Bolivia e grano duro italiano. Non potevano mancare cenni sulle diverse farine e sui cereali alternativi, come orzo, avena, riso, mais, kamut; le antiche varietà di grano, Senatore Cappelli, Saragolla, Solina. Non potevano mancare i consigli per farsi la pasta in casa. Non lasciatevi ingannare dall’aspetto semplice della guida: è una vera miniera di informazioni e spunti utili.

Dai diamanti non nascono fiori
(Paola Bianchini) 
I fiori nascono dalla terra, dal concime, dai piccoli animaletti che la popolano, dalle foglie secche e marce che la nutrono. nascono dalla pioggia, dai raggi del sole, dai semi portati dal vento e dalla pazienza nel vederli crescere e poi sbocciare. Nessun fiore è perfetto, nè duro, nè trasparente, nè eterno. E' un fiore. E' la perfezione dell'imperfezione della natura.

18 novembre 2011

L'ossessione di mangiare sano: l'ortoressia di Laura Dalla Ragione





L’ortoressia e la bigoressia costituiscono l’ esasperazione di quelle che potremmo definire come filosofie di vita moderne basate sul salutismo e sul mantenimento della forma fisica; non sono ancora riconosciute dalla comunità scientifica internazionale come patologie vere e proprie nè sono inserite nei principali manuali diagnostici ma stanno raggiungendo una diffusione tale da poter parlare di pears.jpgatteggiamenti ad elevato rischio di convertirsi in veri e propri nuovi disturbi alimentari.
L’ortoressia, dal greco “orthos” costituisce una sorta di ossessione per i cibi “giusti”, “corretti” identificata e studiata da un medico statunitense, Robert Bratman, come una nuova forma di dipendenza dal cibo si caratterizza per la presenza di una preoccupazione eccessiva per la purezza del cibo che si assume ed un immenso timore per le conseguenze mediche di un’alimentazione scorretta. Colui che soffre di Ortoressia controlla e seleziona gli alimenti che assume in maniera sproporzionata rispetto agli ipotetici rischi medici, esponendosi ad un rischio elevato di sviluppare una patologia nervosa che, per l’attitudine a restringere progressivamente le classi nutritive e seguire una dieta sempre più rigida con alterazione del rapporto con Sé e con l’esterno, può sconfinare in un quadro clinico compatibile con un disturbo del comportamento alimentare.
peas.jpgNelle persone ortoressiche sono facilmente riscontrabili tratti di personalità di tipo ossessivo: dedicano ore a discutere sull’esistenza di cibi puri ed impuri, ad acquistare scrupolosamente i loro cibi e cucinarli con eccessivo rigore e possono giungere, per mancanza di tempo e difficoltà ad adattarsi, a rinunciare al loro lavoro e alle relazioni sociali. Nel libro “Health Food Junkies” Robert Bratman li definisce “drogati di cibo sano” con riferimento alle analogie che, per la dispersione di tempo e le modalità della ricerca, questo tipo di disturbo ha con le dipendenze patologiche: sono persone che hanno bisogno di programmare sempre scrupolosamente i propri pasti e di conoscere ogni singolo ingrediente contenuto negli alimenti assunti con evitamento di pasti sociali e necessità di portare con sé cibi pronti e stoviglie personali durante i pasti consumati fuori casa; sostengono che il cibo debba fare sentire meglio e non debba essere in nessuno modo fonte di piacere; provano disgusto nel riempire il proprio corpo con sostanze non naturali e disprezzano le persone che mangiano in modo normale con vere e proprie difficoltà di relazione con chi non condivide le proprie idee alimentari; hanno paura di contaminare il proprio corpo; hanno un desiderio continuo di depurarsi; provano sensi di colpa quando trasgrediscono la dieta e sono molto severi con se stessi; può riscontrarsi addirittura un evitamento fobico di piatti, posate, pentole ritenute contaminate da cibi “non naturali” o fabbricate con materiale che possa alterare le qualità nutritive (teflon, alluminio, ecc).
milk.jpgAltri elementi tipici dell’ortoressia sono l’attitudine a pensare al cibo per più di tre ore al giorno, a pianificare dettagliatamente anche i menù del giorno successivo a sovrastimarsi in base a ciò che si mangia, rinunciando al cibo che piace, per mangiare quello più “giusto” senza considerarne minimamente il sapore o il profumo. Mentre coloro che soffrono di anoressia o bulimia sono ossessionati dalla quantità del cibo assunto, le preoccupazioni degli ortoressici riguardano la qualità di ciò che si ingerisce per cui è imprescindibile accertare che un alimento sia sano, “puro” e attivo nella prevenzione delle malattie sfiorando e talvolta sconfinando in un quadro di ipocondria paradossale: il timore di malattie e “contagi” impone all’ortoressico uno stile di alimentazione talmente rigoroso da esporlo consistentemente al rischio di sviluppare carenze nutrizionali gravi. Il quadro clinico infatti può caratterizzarsi per la comparsa di gravi carenze alimentari rispetto a cui spesso però la persona appare ignara e disinteressata confidando ciecamente nella propria dieta sanissima: accanto alle problematiche di natura psicologica e psichica come stress, sensi di colpa, ossessioni, fobie e condizioni di ritiro socio-lavorativo possono insorgere malattie secondarie alla drastica riduzione di vitamine e sali minerali quali l’avitaminosi, l’arterosclerosi, l’osteoporosi (Dalla Ragione, 2005).
La diffusione dell’ortoressia potrebbe essere correlata ad un nuovo genere di alterazioni alimentari giunte negli ultimi anni all’attenzione dei clinici: la diffusione di vere e proprie “mode alimentari” (Hellas Cena, 2006), un altro fenomeno della nostra epoca storica per cui talvolta i limiti tra moda e disturbo propriamente detto possono essere molto sfumati. Da diversi anni assistiamo infatti alla diffusione in strati sempre più ampi della popolazione di vere e proprie filosofie alimentari accomunate da una pericolosa iperselezione degli alimenti e nascoste dietro il nome di dieta a Zona, dieta Atkins, vegetariana, vegana, macrobiotica, vegetariana, crudista, fruttarista etc. Sebbene non sia una conseguenza ineluttabile, è possibile che a lungo andare anche queste diete vengano seguite in maniera eccessivamente rigida o restrittiva potendo arrivare ad esporre l’interessato a carenze vitaminiche e proteiche gravi o a condizionamenti importanti della propria vita sociale.
tratto da: IL VASO DI PANDORA Disturbo del Comportamento Alimentare: guida per familiari, amici, insegnanti e pazienti, Pubblicazione a cura di CESVOL, centro servizio per il volontariato Perugia, 2008

21 ottobre 2011


Il Senso Del Gusto 


Articolo inserito da IL GIORNALE DEL CIBO accademico del maccherone rosso
In parte è innato, in gran parte si apprende.
di Martino Ragusa

Il gusto, lo sappiamo bene, è uno dei cinque sensi e come gli altri quattro ha una base anatomo-fisiologica. Le percezioni gustative arrivano al cervello partendo da terminazioni nervose poste nel cavo orale, le gemme gustative. Soprattutto sulla lingua, dove sono distribuite in una specifica topografia a seconda della loro specializzazione. I recettori del sapore acido sono posti nella parte più posteriore della lingua, quelli per l’aspro nelle porzioni latero-posteriori, per il salato nelle latero-anteriori, per gemma gustativail salato sulla punta. Altri recettori sono distribuiti su tutto il cavo oro-faringeo, e cioè palato molle, guance, epiglottide e faringe. Il senso del gusto è coadiuvato dal senso dell’olfatto, per questo motivo le persone che soffrono di anosmia (incapacità di percepire gli odori) perdono gran parte del senso del gusto. Il gusto è anatomia, è fisiologia, ma è anche emozione. La percezione di un buon sapore migliora il tono dell’umore fino a dare una sensazione di intenso benessere, paragonabile perfino a una momentanea felicità. La stessa memoria di un sapore è capace di incidere profondamente sull’umore.
Lo sanno bene gli autori del cartoon Ratatouille, nel quale Anton Ego, temutissimo critico gastronomico, aAnton Egobbandona la sua severità dopo avere assaggiato una ratatouille capace di fargli rivivere il rapporto affettivo che da bambino lo legava a una madre bravissima esecutrice della ratatouille. Anche Marcel Proust ne “dalla parte di Swann” rivive i momenti della sua giovinezza grazie a una madeleine inzuppata nel tè di tiglio.
Se il senso del gusto si trasmette con i geni, il buon-senso del gusto si insegna. Pendendo in prestito un ben noto termine dall’etologia, si può parlare di imprinting gustativo, intentendo con questo l’insieme dei comportamenti alimentari del bambino precocemente appresi dall’adulto e che costituiranno la futura “personalità alimentare” dell’adulto. Prima maestra di buon gusto alimentare, naturalmente, è la madre che inizia a influenzare i comportamenti alimentari del figlio già durante la gravidanza. Nel feto, i recettori del gusto si formano fin dalla dodicesima settimana di gravidanza, questo significa che a partire da questo momento il cavo orofaringeo del feto comincerà a percepire e registrare molecole di sapore che probabilmente riconoscerà nella prima infanzia.
Madonna con bambino e giovanni battista dormiente di Lucas Cranach Ricerche sul tema confermano che da madri che hanno mangiato molta verdura e frutta durante la gestazione nascono bambini meno riluttanti a questi cibi spesso di problematica accettazione. L’imprintig gustativo continua con lo svezzamento, di solito a partire dal sesto mese di vita. In questo periodo i genitori devono variare il più possibile le pappe senza arrendersi al primo rifiuto. Una buona regola suggerisce di riproporre fino a 10 volte la stessa pappa rifiutata lasciando però trascorre qualche giorno tra un tentativo e l’altro.
Completato l’imprinting, inizia la lunga, e per certi versi infinita, fase dell’educazione alimentare. Nel 2008 L'Università di Copenhagen e laDanish Science Communication hanno condotto una ricerca su 8.900 bambini provenienti da tutta la Danimarca. Il risultato è sorprendente e sfata alcuni dannosi pregiudizi sui gusti dei bambini. Non è vero, come si crede, che tutti optano sempre per i sapori dolci quando è possibile.
Richiesti di scegliere fra più bibite, ben il 30% ha preferito quelle non zuccherate. hanburger e patatine
Sfatato anche il conservatorismo alimentare dei bambini. Il 70%, si è dimostrato disponibile a sperimentare nuovi sapori. Anche questi risultati confermano che l’omologazione del gusto è indotta dall’industria alimentare in collusione con la sciatteria dell’educatore/educatrice alimentare che spesso si affida allo junk food (cibo spazzatura) per risparmiare tempo e la fatica del compito educativo.



La foto di mamma uccello è dell'utente flickr foxpar4
la foto dell'hamburger è dell'utente flickr sean94110
la foto del dipinto Madonna con Bambino e San Giovanni Battista dormiente di Lucas Cranach è tratta dawikimedia 

17 ottobre 2011

Omega-3: molecole con effetti divergenti su Ldl e Hdl

Gli acidi eicosapentaenoico (Epa) e docosaesaenoico (Dha), entrambi contenuti negli integratori di omega-3, possiedono uguale capacità di ridurre i trigliceridi nel sangue, ma hanno effetti divergenti sulla colesterolemia-Ldl e Hdl. È quanto risulta da una revisione sistematica con metanalisi, effettuata da due ricercatori della Emory university di Atlanta (Usa), Melissa Y. Wei e Terry A. Jacobson, con lo scopo di verificare gli effetti diversificati sulle lipoproteine sieriche delle due molecole somministrate in monoterapia. Gli autori hanno preso in considerazione trial randomizzati e controllati con placebo di monoterapie con Epa (10 studi), con Dha (17), oppure basati sul  confronto Epa-Dha. Rispetto al placebo, il Dha ha rivelato di causare un aumento delle Ldl pari a 7,23 mg/dL, laddove l'Epa le riduceva, seppure non in modo significativo. Negli studi di confronto diretto, il Dha è risultato determinare un aumento delle Ldl di 4,63 mg/dL in più rispetto all'Epa. E se entrambi gli acidi grassi essenziali hanno confermato il loro potere ipotrigliceridemizzante, si è comunque notato in tal senso un effetto più marcato per il Dha. Quest'ultimo, inoltre, paragonato al placebo, si è dimostrato in grado di innalzare i livelli delle Hdl di 4,49 mg/dL, mentre l'Epa non ha indotto alcuna variazione.

Curr Atheroscler Rep, 2011 Oct 6.

13 settembre 2011

Aspartame

Aspartame

Aspartame
L’aspartame è un edulcorante intenso, a basso tenore calorico. Si presenta come una polvere bianca e inodore ed è circa 200 volte più dolce dello zucchero.
L’aspartame è utilizzato in una serie di prodotti alimentari come bevande, prodotti di pasticceria e confetteria, prodotti lattieri, gomme da masticare, prodotti a basso tenore energetico e per il controllo del peso, nonché come edulcorante da tavola in tutto il mondo. L’aspartame è autorizzato già da molti anni in numerosi Paesi, previa valutazione della sua sicurezza.
Ruolo e attività dell’EFSA in merito
Da più di vent’anni questo edulcorante e i suoi derivati sono oggetto di approfondite ricerche, che comprendono studi sperimentali sugli animali, ricerche cliniche, studi sulle quantità assunte e studi epidemiologici. Esso è peraltro oggetto di sorveglianza successiva all’immissione in commercio. L’aspartame è stato giudicato sicuro per il consumo umano, conclusione ribadita nel riesame condotto dal comitato scientifico dell’alimentazione umana (SCF) nel 2002.
Nel 2007 la Fondazione Europea Ramazzini (ERF) di Bologna, in Italia, ha pubblicato i risultati di un nuovo studio sulla carcinogenicità dell'aspartame nei ratti. A gennaio del 2009 il gruppo di esperti scientifici ANS dell'EFSA ha adottato un parere scientifico vertente su tale studio. Il gruppo ANS ha poi aggiornato il proprio parerea marzo 2009, tenendo conto dei dati trasmessi dalla Fondazione Ramazzini a febbraio del 2009. Il gruppo di esperti ha concluso che, sulla base di tutte le evidenze disponibili in quel momento, compreso lo studio ERF pubblicato nel 2007, non si riscontrava alcuna indicazione di potenziale genotossicità o carcinogenicità dell’aspartame e non si ravvisava alcun motivo per rivedere la dose giornaliera ammissibile per l’aspartame di 40 mg/Kg peso corporeo, già stabilita. Un parere scientifico precedente, era stato emesso dal disciolto gruppo di esperti AFC dell’EFSA nel 2006, a seguito della pubblicazione del primo studio sull’aspartame da parte della Fondazione Ramazzini.
Attività recenti - 2011
Nel maggio del 2011 l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) è stata incaricata dalla Commissione di condurre in anticipo una nuova, completa valutazione della sicurezza dell'aspartame (E 951), da consegnare nel 2012. L’esame di questo singolo dolcificante, il cui completamento era originariamente previsto per 2020, fa parte della nuova, sistematica valutazione di tutti gli additivi alimentari autorizzati nell'Unione europea prima del 20 gennaio 2009, prevista dal regolamento (UE) n. 257/2010.
L'EFSA ha accettato il mandato a condurre una valutazione ex novo dell’aspartame, che prevede la necessità di emanare un pubblico bando a sottoporre nuovi dati, pubblicato il 1° giugno 2011, e di effettuare un’approfondita disamina della letteratura scientifica. Oltre a ciò l'Autorità opererà in stretto coordinamento con l'Agenzia francese per la sicurezza sanitaria dell’alimentazione, l’ambiente e il lavoro (Anses) in merito alla valutazione nutrizionale in termini di rischi-benefici che quest’ultima ha condotto sugli edulcoranti.
Nel 2010 sono stati pubblicati due studi sui possibili rischi per la salute associati al consumo di dolcificanti artificiali, ovvero uno studio sulla carcinogenicità nei topi esposti all’aspartame mediante alimentazione, condotto dalla FER (Soffritti et al., 2010[1]), e uno studio epidemiologico sull’associazione tra assunzione di bevande analcoliche dolcificate artificialmente e accresciuta incidenza di parti prematuri (Halldorsson et al., 2010[2]). In una dichiarazione del febbraio 2011, l’EFSA concludeva che i due studi non costituiscono motivo per riconsiderare le precedenti valutazioni sulla sicurezza dell’aspartame o di altri dolcificanti attualmente autorizzati nell’Unione europea. La disamina di questi studi da parte dell’EFSA è stata eseguita in collaborazione con l’Agenzia francese per la sicurezza dell’alimentazione, l’ambiente e la salute sul lavoro, Anses[3], che pure sta effettuando studi in campo.
[1] Soffritti M. et al., Aspartame administered in feed, beginning prenatally through life span, induces cancers of the liver and lung in male Swiss mice, Am. J. Ind. Med. 2010, 53, 1197-1206.

[2] Halldorsson T.I. et al., Intake of artificially sweetened soft drinks and risk of preterm delivery: a prospective cohort study in 59334 Danish pregnant women. Am. J. Clin. Nutr. 2010, 92: 626-633.

[3] Ulteriori informazioni sul lavoro avviato dall’Anses sono reperibili su: http://www.anses.fr/PM910058I0.htm


Iniziativa in collaborazione con il foro consultivo
Sebbene l’uso dell'aspartame sia autorizzato da diversi anni in numerosi Paesi sulla base di approfondite valutazioni della sua sicurezza, a livello di opinione pubblica permane una certa preoccupazione in merito. L’EFSA dunque, in collaborazione con il suo foro consultivo, composto da rappresentanti degli organismi preposti alla valutazione del rischio negli Stati membri dell’UE, sta lavorando per dare un risposta alla preoccupazione del pubblico.
Nel 2006 l’EFSA ha adottato un parere con cui si riconfermava la sicurezza dell’aspartame. Tale lavoro dell’EFSA non era legato a nuovi timori connessi alle valutazioni di sicurezza correnti. Tuttavia sia l'EFSA sia il foro consultivo ammettono che, nonostante siano state effettuate le valutazioni del rischio, la preoccupazione dell’opinione pubblica continua ad essere percepibile. Questa iniziativa nasce allo scopo di garantire che sia compiuto ogni sforzo per dare una risposta a tali preoccupazioni.
L'EFSA ha tenuto una serie di incontri con esperti di livello nazionale, dotati di specifica preparazione scientifica in materia di aspartame, designati dai rispettivi Stati membri. Gli esperti hanno esaminato le pubblicazioni e le informazioni disponibili, allo scopo di fornire una risposta esaustiva alle preoccupazioni che tuttora permangono nell’opinione pubblica. Gli esperti hanno anche preso in considerazione ulteriori prove nonché le pubblicazioni che l’EFSA ha raccolto in esito a un invito a presentare dati pubblicato nel 2008.
La relazione degli incontri con gli esperti nazionali sull’aspartame è stata presentata nel corso della 36a riunione del foro consultivo, tenutasi nel maggio 2010, insieme ai commenti ricevuti dalle parti interessate in risposta alla consultazione sulla relazione stessa.
Gli esperti nazionali sono giunti alla conclusione di non aver individuato alcuna nuova prova che li inducesse a riconsiderare i precedenti pareri dell’EFSA e del comitato scientifico dell’alimentazione umana, ma hanno anche ammesso che i timori dell’opinione pubblica in merito all’aspartame non si sono dissolti. Molte delle preoccupazioni espresse riguardano le segnalazioni aneddotiche di effetti avversi. L’EFSA e gli esperti nazionali si sono impegnati investendo tempo e risorse per valutare queste informazioni, le quali hanno tuttavia presentato limiti tali da impedire un’analisi efficace.
La Food Standards Agency del Regno Unito ha avviato uno studio pilota finalizzato ad analizzare la sensibilità individuale all’aspartame con uno studio clinico in doppio cieco controllato con placebo. Lo studio intende registrare qualsiasi effetto dovuto all’assunzione di alimenti contenenti o meno aspartame in un ambiente clinico sicuro e controllato e coinvolgerà soggetti nei quali il consumo di alimenti contenenti la sostanza provoca reazioni e soggetti che invece non presentano problemi del genere. L’insieme di prove oggettive raccolte potrebbe permettere di comprendere meglio il problema di un’eventuale sensibilità all’aspartame, fornendo utili suggerimenti per ulteriori studi o lavori sull’argomento.
Il foro consultivo ha ritenuto che un giudizio preliminare sui riscontri dello studio pilota sarebbe stato inopportuno e ha concordato di attenderne la conclusione prima di riconsiderare eventuali interventi da programmare in futuro. Pertanto si è deciso temporaneamente di non dedicare ulteriore considerazione alla questione.

07 settembre 2011

MASTER UNIVERSITARIO DI II LIVELLO IN INTEGRAZIONE ALIMENTARE, NUTRIZIONE E SALUTE

MASTER UNIVERSITARIO DI II LIVELLO IN INTEGRAZIONE ALIMENTARE, NUTRIZIONE E SALUTE

Dipartimento Clinico Sperimentale di Medicina e Farmacologia, Università di Messina
Sede : A.O.U. Policlinico G. Martino, Messina .

Destinatari del Master: Laureati in Medicina e Chirurgia-Laureati in Odontoiatria e Protesi Dentaria- Laureati in Scienze Biologiche (vecchio ordinamento), Laureati in Biologia, Laureati in Scienze  della Nutrizione Umana.

  
Obiettivo: Formazione teorico-pratica di figure professionali in grado di stilare 

programmi di condotta alimentare ed  integrazione alimentare ritagliate sul

fabbisogno individuale di soggetti sani e non, sovrappeso, atleti, anziani.

Permettere l’acquisizione di conoscenze e competenze avanzate, la metodologia

d’uso ed i rischi legati all’impiego dei fitoterapici e dei novel food.


Durata: 1500 ore (equivalenti a 60 CFU)

Inizio previsto a Gennaio 2011


05 settembre 2011

Nutraceutici e alimenti funzionali al SANA



Copertina NutraceuticaIn occasione del SANA, 23° salone internazionale del naturale, BUP presenta il progetto NUOVE IDEE PER LA NUTRACEUTICA: workshop di presentazione del primo trattato italiano e del magazine web dedicato all'argomento.
Sabato 10 settembre, ore 15.00, Sala Gavotta, Ammezzato, Padiglione 33

Vai al web magazine: nutraceuticalsnews.net









Sabato 17 Settembre 2011 - Torre Biologica, Aula Magna – POLICLINICO DI MESSINA Aggiornamenti sulla Epidemiologia e Prevenzione dei Disturbi Alimentari


29 giugno 2011

Contro la crisi alimentare 'Produrre di più con meno', la via da seguire secondo la FAO




Dalla pubblicazione "Save and grow" della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura), redatto dalla Divisione Produzione Vegetale e Protezione delle Piante, emerge chiaramente la necessità di invertire la rotta nelle strategie della produzione del cibo verso una produzione più "verde". Secondo il lavoro, le colture intensive hanno permesso di offrire una maggiore disponibilità di cibo e così ridurre il numero di persone in condizione di sopravvivenza alimentare. A questo risultato positivo tuttavia si contrappone l'alto prezzo pagato, soprattutto dai Paesi in via di sviluppo, di decenni di coltivazione intensiva: il degrado della fertilità dei suoli, l'inquinamento delle falde acquifere, la perdita di biodiversit à e l'inquinamento dell'aria. Considerando che la popolazione mondiale è in aumento (si pensa che raggiunga i 9,2 miliardi di individui nel 2050) la soluzione più immediata secondo la logica del profitto a breve termine, sarebbe quella di intensificare maggiormente la produzione alimentare. Questa strategia però, secondo la FAO, non tiene conto delle contingenze che il mondo sta vivendo. I rendimenti delle colture dei principali cereali è in calo e gli agricoltori si trovano a fare i conti con la concorrenza per l'utilizzo della terra e dell'acqua, le impennate dei prezzi delle materie prime e dei carburanti, gli effetti dei cambiamenti climatici. La proposta che la Fao, invece, propone è quella del"save and grow" ossia riuscire a produrre più cibo "conservando le risorse naturali risparmiando tempo e fondi adottando l'agricoltura di conservazione che minimizza il lavoro della terra, salvaguardando il suolo, arricchendolo, con la rotaz ione fra cereali e legumi". In altre parole orientare la produzione agricola verso una pratica eco-sostenibile dell'attività. L'attuazione sperimentale di questo progetto nell'Africa del sud ha portato, secondo Jacques Diouf, direttore generale della FAO, ad un rendimento sei volte superiore della coltivazione del mais "i metodi semplici permettono di ridurre del 30 per cento i consumi dell'acqua e fino al 60 per cento dei costi dell'energia utilizzata nella produzione".



Il bio per uscire dalla crisi alimentare. Lo dice l’ONU
Si fa tanto parlare di nuova crisi alimentare, alti prezzi del cibo e bassi redditi per gli agricoltori e di come la soluzione sia l’iniezione tecnologica, soprattutto verso le agricolture più arretrate. Non sembra proprio la ricetta corretta.
Alla recente Quarta Conferenza delle Nazioni Unite sui paesi meno sviluppati, l’UNCTAD, la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo, e il Programma ambientale dell'ONU (UNEP) hanno lanciato il cortometraggio sul tema "Agricoltura biologica: una buona opzione per i paesi meno sviluppati".
Ancor più rivelante, un documento politico dell’UNCTAD su "Agricoltura sostenibile e sicurezza alimentare nei paesi meno sviluppati" chiede una "trasformazione fondamentale, anche una rivoluzione, in agricoltura", al fine di affrontare i problemi delle nelle zone rurali dei paesi meno sviluppati. “Questa rivoluzione non dovrebbe essere basata su input esterni costosi e importati. I governi spendono grandi quantità delle loro riserve in valuta straniera su prodotti chimici di sintesi, importandoli per oltre il 90% dei prodotti chimici utilizzati in agricoltura”.
Al contrario, l’UNCTAD afferma che la trasformazione deve essere basata sull’agricoltura sostenibile, concentrandosi sulla intensificazione ecologica della produzione agricola, e non sulla chimica. L’alternativa strategica secondo l’UNCTAD è anche per i paesi meno avanzati l'agricoltura sostenibile, a partire dall’agricoltura biologica: compostaggio, pacciamatura, rotazione delle colture, consociazioni, approcci agro-forestali, controllo biologico dei parassiti, concimi verdi, riciclo dei nutrienti, integrazione di coltivazione e allevamento del bestiame, raccolta dell'acqua, uso e ulteriore sviluppo di varietà autoctone, sono citate nel documento come buone prassi agronomiche, ma infondo anche economiche, sociali e politiche.
L'analisi UNEP-UNCTAD di 114 casi in Africa rivela che l’adozione dell’agricola biologica ha portato all’aumento dei rendimenti del 116%. Inoltre l'impatto positivo dura in quanto si basa sul rafforzamento dei cinque tipi di capitale rilevante per le comunità agricole: umano, sociale, naturale, finanziario e materiale. L’utilizzo di risorse locali ha infatti un effetto moltiplicatore positivo sull'economia locale attraverso la creazione di posti di lavoro e migliora i redditi e la sicurezza alimentare in tutta la comunità. 
Nonostante gli evidenti vantaggi sono pochi i donatori e i governi a prestare attenzione o fondi per sostenere lo sviluppo di un'agricoltura sostenibile. Una notevole eccezione è il governo regionale del Tigray, in Etiopia, che fornisce servizi di consulenza in tecniche di agricoltura sostenibile, in particolare il compostaggio, la prevenzione dell'erosione del suolo e dell'acqua raccolta. Questa regione ha visto raddoppiare i raccolti e diminuire il ricorso all’agrochimica del 95%.