14 dicembre 2010

Scoperta una nuova forma di allergia: tutto da rifare per la diagnosi di Attilio Speciani

Quanti hanno iniziato a starnutire, tossire, lacrimare o grattarsi piene di ponfi, e sono poi usciti dallo studio dell'allergologo con le pive nel sacco, sentendosi dire che non avevano nessuna allergia? Purtroppo sono tante, e la pratica quotidiana ci mette continuamente in contatto con persone che pur manifestando sintomi tipici dell'allergia, non riescono ad evidenziare nel loro sangue delle reazioni di tipo IgE. Le IgE, o immunoglobuline E, sono gli anticorpi scoperti ormai negli anni 60 dai coniugi Ishizaka, con cui si è pensato per tanti anni di catalogare l'allergia. Lo studio delle IgE è sicuramente utile, e in genere tutti gli episodi di reazione acuta, immediata, sono legati a questi anticorpi. Quando però si affronta il tema della infiammazione cronica, o delle allergie persistenti, oppure ancora dei fenomeni legati alla allergia e alla intolleranza alimentare, ci si scontra quasi sempre con la assenza di questi anticorpi, e con una serie di dubbi non da poco.
Come ha dimostrato Brandt in un bellissimo lavoro pubblicato nel 2006 sul Journal of Allergy and Clinical Immunology (Brandt EB et al, J Allergy Clin Immunol 2006 Aug;118(2):420-7), le intolleranze alimentari determinano spesso reazioni identiche a quelle allergiche, pure in assenza del classico meccanismo fino ad oggi conosciuto. In questi casi la diagnosi deve allora passare attraverso la ricerca di anticorpi o di reazioni cellulari diverse dalle IgE. 
Noi infatti affrontiamo da anni questo tema utilizzando dei test non convenzionali, come ad esempio ALCAT e DRIA, che vannno effettivamente ad indagare la reazione che avviene tra un estratto di alimento e un gruppo di globuli bianchi (ALCAT) oppure la reazione che avviene tra l'intero sistema neuroimmunologico e il cibo (test DRIA). 
Ma da qualche settimana una nuova scoperta scientifica, pubblicata su una delle riviste più autorevoli della allergologia mondiale, ha messo in subbuglio il mondo accademico: l'americano Fred Finkelman ha scoperto infatti che esistono almeno due differenti vie di attivazione della allergia. E lo stesso tipo di reazione evidente nei topolini (che hanno caratteristiche immunologiche molto simili a quella degli esseri umani), secondo la ricerca descritta sull'ultimo numero del Journal of Allergy and Clinical Immunology (Finkelman FD. J Allergy Clin Immunol 2007;120:506-15) dovrebbe essere applicabile anche agli esseri umani.
Significa che tutte le analisi allergologiche svolte fino ad oggi sono state , nella migliore delle ipotesi, parziali. Le tante persone che non hanno ricevuto diagnosi, perché sono state provate e testate solo le IgE, possono pensare che le indicazioni a loro date a quel punto fossero, quanto meno, non complete.
La descrizione di questa allergia a due vive, quella classica e quella alternativa, è troppo vicina al modello classico delle ipersensibilità alimentari ritardate (intolleranze) perché non ci stimoli a pensare che questo sia (come già anticipato da Sampson) un modello sempre presente nell'organismo, più o meno affiancato alla reazione di tipo IgE.
Infatti i due tipi di reazione dipendono da:
  • via classica, modulata dalle IgE, dall'istamina, stimolata da piccole quantità di antigene, in presenza anche di basse quantità di anticorpi 
  • via alternativa, modulata dalle IgG, da un gruppo di globuli bianchi (macrofagi), stimolata da grandi quantità di antigeni, ripetute per più tempo, in presenza di quantità importanti di anticorpi.
Siamo di fronte ad una scoperta straordinaria, che deve far ripensare completamente il modo in cui si sviluppano o si controllano le allergie. Bisogna anche ricordare che le IgG sono in grado di determinare dei fenomeni di tolleranza nei confronti della allergia classica, per cui non devono mai essere considerate del tutto dannose.
E per quanto riguarda la gestione delle allergie, gli allergologi dovranno, da oggi, confrontarsi con un pezzo di realtà scientifica in più, e non potranno sottrarsi alla sistematica domanda dei pazienti, di andare cioè al di là della immediatezza diagnostica delle IgE.
Per lo studio delle allergie alimentari ritardate (intolleranze) non possiamo che ribadire la necessità di uno studio diagnostico che valuti la reattività cellulare. I risultati avuti fino ad oggi ci confermano, con l'evidenza scientifica della nuova scoperta, che eravamo nel giusto.
Dottor Attilio Speciani
immunologo e allergologo clinico

13 dicembre 2010

Per Natale niente albicocche australiane...


tavola natale spese spesa
Per la tavola di Natale qualche specialita' e' gradita, ma meglio evitare frutta e verdure fuori stagione, soprattutto se provenienti da luoghi remoti. Hanno prezzi stratosferici, probabilmente non sanno di niente, e quel che peggio inquinano il Pianeta. Se proprio si vuole stupire gli ospiti meglio scegliere 'rarita' made in italy come cachi e fico d'India o antiche varieta', dalla mela limoncella alla pera madernassa. Dalle albicocche australiane vendute a 28 euro al chilo, alle ciliegie del Cile che arrivano a 35 euro, Coldiretti ha preparato una lista nera dei consumi di Natale da evitare.

Secondo lo studio dell'organizzazione agricola negli ultimi dieci anni si e' assistito in Italia ad una crescita esponenziale degli sbarchi di frutta straniera ''contro'' stagione, come le more dal Messico (+6.100%), i mirtilli dall'Argentina (+560%) o le ciliegie dal Cile (+122%) i cui arrivi si concentrano proprio nel periodo di Natale. Il consumo durante le feste di fine anno di prodotti fuori stagione provenienti di migliaia di chilometri di distanza e' - sottolinea la Coldiretti - una tendenza in forte ascesa che concorre a far saltare il budget dei cenoni, con prezzi superiori ben oltre le dieci volte quelli di mele, pere, kiwi, uva, arance e clementine Made in Italy. Un'usanza che ''appare del tutto ingiustificata, perche' si tratta spesso di prodotti poco gustosi e saporiti, essendo stati raccolti ad un grado di maturazione incompleto per poter resistere a viaggi di migliaia di chilometri percorsi su mezzi inquinanti che liberano nell'aria gas ad effetto serra''.

Le albicocche dall'Australia, le ciliegie e le pesche dal Cile e i mirtilli argentini occupano il podio della top ten dei cibi che sprecano energia e inquinano il Natale. E' stato calcolato che - sottolinea la Coldiretti - un chilo di albicocche australiane viaggiano per oltre 16.000 km, bruciano 9,4 chili di petrolio e liberano 29,3 chili di anidride carbonica, un chilo di ciliegie dal Cile per giungere sulle tavole italiane deve percorrere quasi 12mila chilometri con un consumo di 6,9 chili di petrolio e l'emissione di 21,6 chili di anidride carbonica, mentre un chilo di mirtilli dall'Argentina deve volare per piu' di 11.000 chilometri con un consumo di 6,4 kg di petrolio che liberano 20,1 chili di anidride carbonica. Tra i prodotti piu' diffusi che rischiano di ''inquinare il Natale'' ci sono anche - continua la Coldiretti - le angurie del Brasile, le more dal Messico, gli asparagi dal Peru', i meloni dal Guadalupe e i fagiolini dall'Egitto. E per alcuni di questi prodotti - conclude la Coldiretti - non ci sono solo problemi per motivi ambientali, ma ci sono anche perplessità di carattere sanitario.
12 dicembre 2010

I prodotti con il marchio Coop, Esselunga, Auchan... sono spesso uguali a quelli di Granarolo, Agnesi, Ponti, Scottex, Galbusera.

Prodotti uguali ma prezzi diversi ?
Gli esperti di marketing li chiamano "private label", ma i consumatori li conoscono come prodotti con il marchio del supermercato. La Coop ne ha 2500, Esselunga 1800, mentre nei punti vendita Auchan, Conad, Carrefour, Gs se ne trovano oltre mille.
Si tratta di salumi, biscotti, pasta, salsa di pomodoro, olio, aceto, marmellate ... e persino pannolini e carta igienica. Spesso sono prodotti da aziende leader di mercato che espongono i loro articoli sullo scaffale a pochi centimetri di distanza.
Qualche esempio? Cominciamo con Granarolo che produce latte e yogurt per alcune insenge di supermercati, Agnesi confeziona la pasta, Monini l'olio, Maia le uova e poi c'è Ponti, Sammontana, Santa Rosa.... Capire che i prodotti firmati dai supermercati sono simili a quelli delle grandi marche non è facilissimo.
Per farlo bisogna controllare il nome e l'indirizzo dell'azienda produttrice e confrontare l'elenco degli ingredienti.
Vediamo qualche caso.
Il riso Carnaroli della Coop e il riso Carnaroli firmato dalla Scotti hanno un formato pressoché identico e sono confezionati nello stesso stabilimento. Per l'aceto Ponti il discorso è analogo. In questo caso cambia il formato della bottiglia, ma il contenuto sembra uguale. Anche l'indirizzo sui rotoli della carta igienica Scottex e su quelli di Coop è identico.


Cambiamo supermercato. La salsa di pomodoro in bottiglia di vetro firmata Esselunga è confezionata nello stabilimento dove si produce la polpa di pomodoro Santa Rosa. Le uova Esselunga e le uova Maia sono confezionate in un unico centro. Il discorso potrebbe continuare con i biscotti Galbusera, lo yogurt Mila e altri ...
Certo i prodotti provenienti dallo stesso stabilimento non sono necessariamente uguali, basta modificare la materia prima per ottenere una marmellata con meno frutta o una pasta con meno proteine. Se però si confronta   l'elenco degli ingredienti e la tabella nutrizionale si scopre  che spesso i prodotti con il marchio dei supermercati sono identici a quelli con marchi famosi oppure le differenze sono marginali.
Aquesto punto la cosa più interessante è il prezzo che risulta inferiore del 25-30%.
venerdì 05 febbraio 2010

ilfattoalimentare

08 dicembre 2010

9 Dicembre 2010: giornata contro la corruzione e le mafie

FLARE organizza la Giornata internazionale contro la corruzione e le mafie, che verrà celebrata il 9 Dicembre 2010 a Bruxelles, nel Parlamento Europeo.