23 maggio 2016

Pane e ancora pane ma per gusti diversi e sempre adatto a buone colazioni!

Si pane...ancora pane...per tutti quelli che lo amano come ma lo vogliono sano, buono digeribile, da mangiare a colazione o farci uno spuntino veloce...


Pane di Timilia, farina di lupino, farina di grano saraceno e un mondo di semi misti!



 Pane di Timilia, farina di castagne, farina di Carosella del Pollino, latte di riso e nocciole spezzettate!

14 maggio 2016

Dieta integrata con amminoacidi, folati e vitamina D3: un nuovo approccio nel trattamento della sarcopenia

Con l'avanzare dell'età gli anziani vanno incontro ad una progressiva perdita di massa muscolare e a una diminuzione della funzionalità fisica. Questo tipo di condizione può essere definita "sarcopenia" secondo una definizione proposta da Irwin Rosenberg. Le cause della sarcopenia sono molteplici, ma la malnutrizione e le carenze di specifici nutrienti, in particolare di proteine, sono tra i principali fattori che aggravano questa condizione. La carenza di proteine è infatti dovuta ad una diminuzione della loro sintesi a partire dagli amminoacidi. Secondo alcuni studi osservazionali, un'altra causa importante è il mancato raggiungimento dell'intake proteico giornaliero raccomandato per l'anziano, che corrisponde a 1,1-1,2 g/kg di peso corporeo. L'invecchiamento comporta anche il deficit di alcuni micronutrienti, ad esempio viene riscontrata una diminuzione di vitamina D a livello dei recettori presenti nelle cellule muscolari. Anche per quanto riguarda l'acido folico (vitamina B9), una carenza può ridurre la forza muscolare, in quanto si tratta di sostanze alla base del metabolismo dell'omocisteina.

L'iperomocisteinemia è stata infatti associata a una diminuzione della forza muscolare nel quadricipite e della densità muscolare nel polpaccio e anche ad un aumentato rischio di disabilità nell'anziano, secondo uno studio di Kuo et al. del 2007. Un recentissimo studio di Rondanelli et al, ha sperimentato un'integrazione alla dieta (durante la prima colazione) con amminoacidi (4 g), in particolare leucina, con vitamina D3 (800 IU al giorno) e con folati (400 µg  al giorno) in un gruppo di anziani sarcopenici mostrando un aumento della massa magra e una concomitante diminuzione della percentuale di grasso aneroide. In particolare questi pazienti hanno mostrato un significativo aumento della forza muscolare, tale da permettere classificare ben il 68% dei pazienti sarcopenici come non più sarcopenici; infine è stato evidenziato un aumento delle concentrazioni di Igf (Insulin Growth Factor).

Per approfondimenti:1. Mithal, Ambrish, et al. "Impact of nutrition on muscle mass, strength, and performance in older adults." Osteoporosis international 24.5 (2013): 1555-1566.
2. Rondanelli, Mariangela, et al. "Whey protein, amino acids, and vitamin D supplementation with physical activity increases fat-free mass and strength, functionality, and quality of life and decreases inflammation in sarcopenic elderly." The American journal of clinical nutrition (2016): ajcn113357.
3. Kuo HK, Liao KC, Leveille SG, Bean JF, Yen CJ, Chen JH, Yu YH, Tai TY (2007)
Simone Perna

12 maggio 2016

Da microbiota e metagenomica un aiuto per comprendere le disbiosi intestinali

Mappare la composizione del microbiota intestinale consente di riconoscere le connessioni esistenti fra batteri intestinali e malattia. Ne abbiamo parlato con il Professor Marco Ventura, Responsabile del Laboratorio di Probiogenomica del Dipartimento di Bioscienze dell'Università degli Studi di Parma.

Quali sono le cause di una disbiosi intestinale?
Gli agenti antimicrobici e la dieta sono i principali fattori responsabili di una disbiosi intestinale, cioè un'alterazione della composizione del microbiota intestinale, accompagnata da una rottura dell'omeostasi delle comunità microbiche presenti. In entrambi i casi e con meccanismi diversi, questi due elementi favoriscono il sopravvento di quei gruppi microbici che sono causa o concausa dell'insorgenza di una serie di malattie, anche importanti. Una terapia antibiotica seppure efficace verso uno specifico patogeno, può svolgere un'azione battericida a largo spettro; un'alimentazione non bilanciata con eccesso di certi nutrienti (ad es. grassi e proteine) può avvantaggiare certi gruppi microbici a scapito di altri (ad es. batteri proteolitici, a danno dei saccarolitici).

Quali sono le potenzialità della metagenomica nella mappatura del microbiota?
La coprocoltura, il test di indagine più utilizzato per identificare in vitro uno specifico patogeno è inefficace quando si voglia mappare la composizione del microbiota intestinale. La 16S rRNA Microbial Profiling invece è un'analisi che sfrutta le recenti applicazioni della metagenomica nel campo dell'ecologia microbica: si basa sul sequenziamento del gene 16S rRNA (costituente della subunità minore dei ribosomi dei procarioti) e rappresenta un marcatore molecolare ampiamente utilizzato nella tassonomia batterica. Da un campione biologico (materiale fecale o biopsia intestinale) viene isolato il DNA microbico che poi è sottoposto ad amplificazione del gene 16S rRNA. L'analisi viene poi completata dal sequenziamento del pool di geni 16S rRNA corrispondenti ai microrganismi presenti nel microbiota e quindi dal loro riconoscimento tramite l'impiego di strumenti bioinformatici.

Quali vantaggi?
Questa analisi permette di valutare le concentrazioni relative dei vari microrganismi presenti nel campione originale. Il nostro Laboratorio ha collaborato alla messa a punto di un test, oggi in commercio, che, partendo da un campione di feci e da un database costituito da diverse centinaia di profili microbici intestinali di diversi soggetti, permette di conoscere la composizione del microbiota. È il punto di partenza per capire le relazioni fra le comunità microbiche intestinali e gli stati di malattia e per riequilibrare, anche per mezzo di interventi mirati, le attività metaboliche e le funzioni immunostimolatorie e d'interazione con il sistema nervoso, in cui è coinvolto in larga parte il microbiota intestinale.

Francesca De Vecchi

04 maggio 2016

Cura delle dislipidemie e prevenzione oncologica. Il ruolo della crusca di riso

La crusca di riso, il prodotto di scarto della fresatura del riso integrale, è un'importante fonte di fibra e proteine, presente in tutti i cereali integrali e nei prodotti che ne derivano come pane, biscotti, crackers.
Essa contiene numerosi composti bioattivi con effetti benefici sulla salute dell'uomo per la loro forte attività antiossidante; questi sono presenti nel riso integrale, in quanto subisce solo l'eliminazione della lolla, ma vengono invece persi nel riso brillato, in cui viene eliminata anche la pula al momento della raffinazione.
Queste sostanze comprendono antiossidanti liposubili come fitosteroli, steroli, carotenoidi e vitamine come B1, B2, B3 e i tocoferoli e i tocotrienoli (vitamine del gruppo E). Questi ultimi, in particolare, agiscono riducendo la sintesi del colesterolo, in quanto inibiscono il meccanismo della HMG-CoA reduttasi e proteggono le cellule neuronali e i recettori per la serotonina contro la tossicità indotta dai glutammati e da altre tossine.



Oltre alla crusca, anche l'olio estraibile dal chicco può avere effetti benefici sulla salute, dal momento che, oltre ad essere una fonte naturale di acido linoleico, oleico e alfa linoleico, contiene anche elevate quantità di sostanze non saponificabili come steroli vegetali e gamma orizanolo, assenti negli altri olii vegetali.
L'olio di riso o il gamma orizanolo assunti per via orale risultano efficaci nella riduzione della concentrazione plasmatica di colesterolo totale, lipoproteine e trigliceridi, inoltre la loro azione è sinergica con farmaci come le statine, di cui attenuano anche gli effetti collaterali.


Un'altra importante proprietà del riso è la sua capacità di ritardare la proliferazione delle cellule tumorali della mammella e del colon grazie al suo contenuto di composti fenolici: è stato infatti comprovato che in Asia, dove il riso riveste una particolare importanza nell'alimentazione, l'incidenza di cancro al seno e al colon è notevolmente inferiore a quella nel mondo occidentale. Tra i composti fenolici, quelli che sembrano avere un ruolo predominante in termini di capacità antiproliferativa sono la tricina e l'acido ferulico: quest'ultimo, specialmente, che deriva dal metabolismo di fenilalanina e tirosina, ha effetti terapeutici contro alcune neoplasie, vasculopatie, diabete e malattie neurodegenerative.
Anche gli isoflavonoidi, sempre presenti nel riso integrale, e la monacolina presente nel riso rosso, hanno significativi effetti antitumorali, in particolare contro il cancro alla prostata, ma anche a colon, fegato, stomaco, esofago e vescica.
Per questo motivo il riso è un alimento molto studiato in campo di chemioprevenzione, così da identificare e chiarire il meccanismo d'azione di quei composti che possono prevenire o ritardare l'insorgenza di cancro.





Approfondimenti:
1. Jang S, Xu Z. Lipophilic and hydrophilic antioxidants and their antioxidant activities in purple rice bran. J Agric Food Chem 2009; 11: 858-62.
2. Hudson EA, Dinh PA, Kokubun T, Simmonds MS, Gescher A. Characterization of potentially chemopreventive phenols in extracts of brown rice that inhibit the growth of human breast and colon cancer cells. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 2000; 9: 1163-70.
3. Cicero AFG, Gaddi A. Rice bran oil and oryzanol in the treatment of hyperl7ipoproteinemias and other conditions. Phytother Res 2001; 15: 277-89.
4. Rondanelli M, Opizzi A, Monteferrario F, Klersy C, Cazzola R, Cestaro B. Beta-glucan- or rice bran-enriched foods: a comparative crossover clinical trial on lipidic pattern in mildly hypercholesterolemic men. Eur J Clin Nutr 2011; Epub ahead of print.
5. Chan JM, Wang F, Holly EA. Whole grains and risk of pancreatic cancer in a large population-based case-control study in the San Francisco Bay Area, California. Am J Epidemiol 2007; 15: 1174-85.
Simone Perna

27 aprile 2016

Intervista al Dott. Keith Grimaldi, uno dei padri della Nutrigenetica

 Dott. Grimaldi Che cos’è la nutrigenetica? 

Scientificamente, la nutrigenetica è lo studio di come la variazione genetica nei geni individuali influenza la risposta di un individuo a particolari nutrienti e tossine nella dieta.

Che cosa sta tentando di fare la nutrigenetica? 

La nutrigenetica aspira ad usare l’informazione genotipica di un individuo per determinare le proprietà delle proteine codificate da certi geni e in questo senso l’effetto sul metabolismo, trasporto ed assorbimento dei nutrienti nella dieta e l’effetto sull’eliminazione delle tossine. Una variazione genetica, p. es. uno SNP, può influenzare l’attività di un enzima che può influenzare il metabolismo di un nutriente come l’acido folico. Questo è esattamente analogo alla farmacogenetica dove la variazione in un gene influenza la velocità del metabolismo del farmaco.
Noi abbiamo linee guida standard del mangiar sano che sono basate su molti anni di prove scientifiche accumulate principalmente da studi epidemiologici e di intervento (e NON prove cliniche). Queste linee guida sono state sviluppate per aiutare a mantenere uno stile di vita salutare più a lungo possibile. Lo scopo della nutrigenetica è di essere capace di modificare le linee guida alimentari in accordo col genotipo e fenotipoindividuali – anche la nutrigenetica è basata su molti anni di prove scientifiche accumulate principalmente da studi epidemiologici e di intervento. Il livello di prove per la nutrigenetica è almeno all’altezza di quello usato per sviluppare e giustificare le linee guida standard.


Che cosa propone al consumatore/paziente? 

L’uso dell’informazione genetica sia per la guida delle scelte alimentari e sia per informare gli individui circa l’importanza dell’alimentazione, del cibo e del metabolismo. La nutrigenetica ci mette in grado di usare il genotipo ed il fenotipo per migliorare la nostra conoscenza di come il cibo lavora insieme con il corpo. L’aspetto informativo di un servizio nutrigenetico è estremamente importante – gli scienziati lo usano e imparano da esso, dunque perché non potrebbe trarne benefici anche il pubblico? Purché l’informazione sia fornita in un modo serio, responsabile e corretto allora il risultato sarà benefico per il paziente/consumatore.


















La nutrigenetica definirà un’alimentazione perfetta? 

No, non si pretende tanto. Usando l’evidenza corrente che è disponibile nella letteratura scientifica “peer reviewed” la nutrigenetica può essere usata per programmare un’alimentazione che è migliore di quella delle linee standard che offre “una taglia unica per tutti” quando in realtà le variazioni genetiche significano una diversità metabolica. Abbiamo ancora tanto da studiare, può darsi che non raggiungeremo mai quella dieta “perfetta”, ma abbiamo accumulato una conoscenza che possiamo usare adesso, stiamo muovendo i primi passi essenziali.

Dunque qual è il punto, sarà realmente di aiuto? 

Lo scopo di tutti i consigli alimentari è di stabilire abitudini del mangiare buono permanentemente perché una buona salute nella vita più tarda dipende molto da come la vita è stata precedentemente vissuta. Piccole variazioni, anche variazioni apparentemente insignificanti, possono produrre una grande differenza nell’arco di 10-20 anni. Per esempio l’eccesso di calorie al giorno richiesto per aumentare di 15 Kg dall’età di 20 anni all’età di 40 anni è soltanto di 10 calorie, che è proprio mezzo cucchiaino di zucchero in più al giorno! L’aiuto che ci offre la nutrigenetica è l’averci fatto capire che ciò non vale per tutti ma solo per coloro che sono geneticamente predisposti.

C’è qualche prova scientifica per la Nutrigenetica? 

Sì, molta. A parte i nostri propri studi ci sono letteralmente migliaia di studi “peer reviewed” che sono stati pubblicati nel corso degli ultimi due decenni e che dimostrano scientificamente le interazioni gene-dieta. Il livello dello studio scientifico è in generale molto alto ed è di qualità simile, se non più rigoroso, delle prove scientifiche usate per giustificare i consigli alimentari standard, come consumare molta frutta e verdura, ridurre i grassi saturi, ridurre gli zuccheri ecc