21 ottobre 2011


Il Senso Del Gusto 


Articolo inserito da IL GIORNALE DEL CIBO accademico del maccherone rosso
In parte è innato, in gran parte si apprende.
di Martino Ragusa

Il gusto, lo sappiamo bene, è uno dei cinque sensi e come gli altri quattro ha una base anatomo-fisiologica. Le percezioni gustative arrivano al cervello partendo da terminazioni nervose poste nel cavo orale, le gemme gustative. Soprattutto sulla lingua, dove sono distribuite in una specifica topografia a seconda della loro specializzazione. I recettori del sapore acido sono posti nella parte più posteriore della lingua, quelli per l’aspro nelle porzioni latero-posteriori, per il salato nelle latero-anteriori, per gemma gustativail salato sulla punta. Altri recettori sono distribuiti su tutto il cavo oro-faringeo, e cioè palato molle, guance, epiglottide e faringe. Il senso del gusto è coadiuvato dal senso dell’olfatto, per questo motivo le persone che soffrono di anosmia (incapacità di percepire gli odori) perdono gran parte del senso del gusto. Il gusto è anatomia, è fisiologia, ma è anche emozione. La percezione di un buon sapore migliora il tono dell’umore fino a dare una sensazione di intenso benessere, paragonabile perfino a una momentanea felicità. La stessa memoria di un sapore è capace di incidere profondamente sull’umore.
Lo sanno bene gli autori del cartoon Ratatouille, nel quale Anton Ego, temutissimo critico gastronomico, aAnton Egobbandona la sua severità dopo avere assaggiato una ratatouille capace di fargli rivivere il rapporto affettivo che da bambino lo legava a una madre bravissima esecutrice della ratatouille. Anche Marcel Proust ne “dalla parte di Swann” rivive i momenti della sua giovinezza grazie a una madeleine inzuppata nel tè di tiglio.
Se il senso del gusto si trasmette con i geni, il buon-senso del gusto si insegna. Pendendo in prestito un ben noto termine dall’etologia, si può parlare di imprinting gustativo, intentendo con questo l’insieme dei comportamenti alimentari del bambino precocemente appresi dall’adulto e che costituiranno la futura “personalità alimentare” dell’adulto. Prima maestra di buon gusto alimentare, naturalmente, è la madre che inizia a influenzare i comportamenti alimentari del figlio già durante la gravidanza. Nel feto, i recettori del gusto si formano fin dalla dodicesima settimana di gravidanza, questo significa che a partire da questo momento il cavo orofaringeo del feto comincerà a percepire e registrare molecole di sapore che probabilmente riconoscerà nella prima infanzia.
Madonna con bambino e giovanni battista dormiente di Lucas Cranach Ricerche sul tema confermano che da madri che hanno mangiato molta verdura e frutta durante la gestazione nascono bambini meno riluttanti a questi cibi spesso di problematica accettazione. L’imprintig gustativo continua con lo svezzamento, di solito a partire dal sesto mese di vita. In questo periodo i genitori devono variare il più possibile le pappe senza arrendersi al primo rifiuto. Una buona regola suggerisce di riproporre fino a 10 volte la stessa pappa rifiutata lasciando però trascorre qualche giorno tra un tentativo e l’altro.
Completato l’imprinting, inizia la lunga, e per certi versi infinita, fase dell’educazione alimentare. Nel 2008 L'Università di Copenhagen e laDanish Science Communication hanno condotto una ricerca su 8.900 bambini provenienti da tutta la Danimarca. Il risultato è sorprendente e sfata alcuni dannosi pregiudizi sui gusti dei bambini. Non è vero, come si crede, che tutti optano sempre per i sapori dolci quando è possibile.
Richiesti di scegliere fra più bibite, ben il 30% ha preferito quelle non zuccherate. hanburger e patatine
Sfatato anche il conservatorismo alimentare dei bambini. Il 70%, si è dimostrato disponibile a sperimentare nuovi sapori. Anche questi risultati confermano che l’omologazione del gusto è indotta dall’industria alimentare in collusione con la sciatteria dell’educatore/educatrice alimentare che spesso si affida allo junk food (cibo spazzatura) per risparmiare tempo e la fatica del compito educativo.



La foto di mamma uccello è dell'utente flickr foxpar4
la foto dell'hamburger è dell'utente flickr sean94110
la foto del dipinto Madonna con Bambino e San Giovanni Battista dormiente di Lucas Cranach è tratta dawikimedia 

17 ottobre 2011

Omega-3: molecole con effetti divergenti su Ldl e Hdl

Gli acidi eicosapentaenoico (Epa) e docosaesaenoico (Dha), entrambi contenuti negli integratori di omega-3, possiedono uguale capacità di ridurre i trigliceridi nel sangue, ma hanno effetti divergenti sulla colesterolemia-Ldl e Hdl. È quanto risulta da una revisione sistematica con metanalisi, effettuata da due ricercatori della Emory university di Atlanta (Usa), Melissa Y. Wei e Terry A. Jacobson, con lo scopo di verificare gli effetti diversificati sulle lipoproteine sieriche delle due molecole somministrate in monoterapia. Gli autori hanno preso in considerazione trial randomizzati e controllati con placebo di monoterapie con Epa (10 studi), con Dha (17), oppure basati sul  confronto Epa-Dha. Rispetto al placebo, il Dha ha rivelato di causare un aumento delle Ldl pari a 7,23 mg/dL, laddove l'Epa le riduceva, seppure non in modo significativo. Negli studi di confronto diretto, il Dha è risultato determinare un aumento delle Ldl di 4,63 mg/dL in più rispetto all'Epa. E se entrambi gli acidi grassi essenziali hanno confermato il loro potere ipotrigliceridemizzante, si è comunque notato in tal senso un effetto più marcato per il Dha. Quest'ultimo, inoltre, paragonato al placebo, si è dimostrato in grado di innalzare i livelli delle Hdl di 4,49 mg/dL, mentre l'Epa non ha indotto alcuna variazione.

Curr Atheroscler Rep, 2011 Oct 6.