17 dicembre 2010

CORSI TEORICO-PRATICI DI NUTRIZIONE


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Un solo frutto per tanti benefici. Ecco come ci aiuta il melograno

Un solo frutto per tanti benefici

Ecco come ci aiuta il melograno

Autore Redazione Salute
Categoria Rimedi naturali

Gli antiossidanti concentrati soprattutto nel frutto del melograno esercitano un’interessante azione preventiva rivolta in particolare modo verso l’arteriosclerosi.

Il melograno (Punica granatum ) è una pianta originaria dell’Africa settentrionale e dei monti del Caucaso, largamente diffusa anche in tutto il Nord America.

Esistono diverse tesi sulla possibile derivazione del suo nome. La somiglianza ad una mela (dal latino pomum) ricca di semi (dal latino granatum) ha certamente contribuito alla coniazione del termine inglese pomgranate.

Anche nell’antica lingua francese, il termine pume granate confermerebbe la sua derivazione latina. Un’ulteriore interpretazione, sempre di matrice latina, ne collegherebbe l’idioma al luogo d’origine (da Malum punicum, appunto, melo di Cartagine). Gli usi tradizionali del melograno hanno radici molto antiche. Il melograno è descritto in un papiro datato addirittura 1550 a.C. (papiro di Ebers).

Anche Ippocrate ne descrisse le proprietà e parlò del melograno come di un vero e proprio rimedio medicamentoso. Nell’Antica Grecia, infatti, il melograno era prescritto come antinfiammatorio e per combattere i casi di diarrea cronica.

Nella medicina tradizionale invece veniva utilizzato per la cura di emorragie passive, ferite infette e sudori notturni. Le numerose proprietà benefiche attribuite dalla tradizione popolare sono state successivamente confermate dalla medicina ufficiale, che ha inoltre individuato altre interessanti potenzialità terapeutiche di questa pianta.

Tra le più importanti ricordiamo l’azione preventiva nei confronti dell’insorgenza dell’arteriosclerosi, l’attività antibatterica e l’attività antiossidante.

I composti fino ad oggi identificati nel melograno sono numerosi e molto diversi tra loro. Degna di segnalazione è soprattutto la presenza di composti di carattere fenolico contenuti nel succo, in particolar modo di acido ellagico.

Il regolare consumo di alimenti ricchi in componenti antiossidanti di carattere polifenolico comporta la diminuzione del rischio d’insorgenza delle malattie cardiovascolari. Gli antiossidanti concentrati soprattutto nel frutto esercitano un’interessante azione preventiva rivolta in particolare modo verso l’arteriosclerosi.

Un recente studio ha ad esempio evidenziato come il succo del melograno e l’olio ricavato dai suoi semi possiedano un potere antiossidante paragonabile a quello del thè verde (Camelia sinensis), nonchè significativamente superiore a quello del vino rosso da Vitis vinifera.

Le specie batteriche verso cui l’estratto del frutto intero di melograno ha provato la sua efficacia sono: Staphylococcus aureus, Escherichia coli, Aspergillum niger, Salmonella tiphy, Pseudomonas aeruginosa. Inoltre, l’acido ellagico presente nel melograno ha dimostrato di possedere un’attività inibente nei confronti della crescita di alcuni ceppi di batteri patogeni che colpiscono la cavità orale e periodontale. Il suo estratto, in virtù delle sue proprietà antiossidanti e preservanti l’ossidazione dei lipidi, potrebbe trovare interessanti applicazioni anche in campo alimentare.

Come è noto, infatti, i lipidi presenti nella carne cotta, in particolar modo i fosfolipidi, vanno facilmente incontro ad ossidazione. Questo, come la capacità naturale dei tannini di legare le proteine, potrebbe costituire dunque una motivazione scientifica alla tradizionale usanza dei popoli caucasici di aggiungere succo di melograno ai cibi a base di carne.

ECCO COME CI AIUTA IL MELOGRANO

CANCRO DELLA PELLE: Gli antiossidanti ed i polifenoli contenuti nel succo di melograno possono contrastare l’azione dei raggi ultravioletti (UV), che causano il cancro alla pelle, interferendo nei processi di proliferazione e nell’attacco delle cellule cancerose. E’ quanto affermato da studi sugli effetti antitumorali delle antocianine e dai tannini di cui è ricco il frutto.

PROBLEMI CARDIOVASCOLARI: Numerosi studi hanno dimostrato che il succo di melograno rallenta lo sviluppo dell’arteriosclerosi, abbassa la pressione sanguigna sistolica e migliora il profilo lipidico, diminuendo anche il rischio di malattie cardiovascolari. Il succo di melograno migliora la perfusione e riduce la pressione nei pazienti con stenosi carotidea.

ALZHEIMER: Un bicchiere al giorno di succo di melograno consente all’organismo di dimezzare le proteine killer responsabili del morbo di Alzheimer, questa è la conclusione a cui approda uno studio condotto negli USA.

ARTERIOSCLEROSI: Gli antiossidanti di carattere fenolico concentrati nel frutto e nei suoi annessi, esercitano un’interessante azione preventiva rivolta in particolar modo verso l’arteriosclerosi, condizione responsabile dell’80% delle morti tra i pazienti diabetici in America.

ARTRITE: Alcuni ricercatori della Case Western Reserve University hanno rilevato che le sostanze antiossidanti presenti nei melograni possono contrastare la osteoartrite. L’estratto dei frutti di melograno può inibire la degradazione della cartilagine e può essere un utile supplemento nutritivo per la funzionalità e l’integrità dell’articolazione.

MENOPAUSA: Il frutto del melograno potrebbe aiutare le donne a combattere alcuni disturbi della menopausa, come la depressione e la fragilità ossea. Sono i risultati di uno studio giapponese (Saitama Prefectural University), pubblicato sul Journal of Ethnopharmacology. I ricercatori hanno scoperto, infatti, che il succo di melograno, già noto per il suo prezioso contenuto di sostanze estrogeniche, si è rivelato efficace sugli animali di laboratorio.

Fonte: Rivista Tuttobene

15 dicembre 2010

poesia di Elisabetta dedicata a tutti i bambini


Sono mamma e voglio augurare
a tutti i bimbi un natale da non dimenticare
fatti di dolci, salute ed allegria
tanti doni e senza malinconia.
Auguro a te un po meno fortunato
un Natale molto spensierato
e la speranza con tutto il mio cuore
che tutto passi e regni buono umore
...che questo Natale sia per tutti pieno di amore
così da tenerlo stretto, stretto nel cuore

Elisabetta
 

14 dicembre 2010

Scoperta una nuova forma di allergia: tutto da rifare per la diagnosi di Attilio Speciani

Quanti hanno iniziato a starnutire, tossire, lacrimare o grattarsi piene di ponfi, e sono poi usciti dallo studio dell'allergologo con le pive nel sacco, sentendosi dire che non avevano nessuna allergia? Purtroppo sono tante, e la pratica quotidiana ci mette continuamente in contatto con persone che pur manifestando sintomi tipici dell'allergia, non riescono ad evidenziare nel loro sangue delle reazioni di tipo IgE. Le IgE, o immunoglobuline E, sono gli anticorpi scoperti ormai negli anni 60 dai coniugi Ishizaka, con cui si è pensato per tanti anni di catalogare l'allergia. Lo studio delle IgE è sicuramente utile, e in genere tutti gli episodi di reazione acuta, immediata, sono legati a questi anticorpi. Quando però si affronta il tema della infiammazione cronica, o delle allergie persistenti, oppure ancora dei fenomeni legati alla allergia e alla intolleranza alimentare, ci si scontra quasi sempre con la assenza di questi anticorpi, e con una serie di dubbi non da poco.
Come ha dimostrato Brandt in un bellissimo lavoro pubblicato nel 2006 sul Journal of Allergy and Clinical Immunology (Brandt EB et al, J Allergy Clin Immunol 2006 Aug;118(2):420-7), le intolleranze alimentari determinano spesso reazioni identiche a quelle allergiche, pure in assenza del classico meccanismo fino ad oggi conosciuto. In questi casi la diagnosi deve allora passare attraverso la ricerca di anticorpi o di reazioni cellulari diverse dalle IgE. 
Noi infatti affrontiamo da anni questo tema utilizzando dei test non convenzionali, come ad esempio ALCAT e DRIA, che vannno effettivamente ad indagare la reazione che avviene tra un estratto di alimento e un gruppo di globuli bianchi (ALCAT) oppure la reazione che avviene tra l'intero sistema neuroimmunologico e il cibo (test DRIA). 
Ma da qualche settimana una nuova scoperta scientifica, pubblicata su una delle riviste più autorevoli della allergologia mondiale, ha messo in subbuglio il mondo accademico: l'americano Fred Finkelman ha scoperto infatti che esistono almeno due differenti vie di attivazione della allergia. E lo stesso tipo di reazione evidente nei topolini (che hanno caratteristiche immunologiche molto simili a quella degli esseri umani), secondo la ricerca descritta sull'ultimo numero del Journal of Allergy and Clinical Immunology (Finkelman FD. J Allergy Clin Immunol 2007;120:506-15) dovrebbe essere applicabile anche agli esseri umani.
Significa che tutte le analisi allergologiche svolte fino ad oggi sono state , nella migliore delle ipotesi, parziali. Le tante persone che non hanno ricevuto diagnosi, perché sono state provate e testate solo le IgE, possono pensare che le indicazioni a loro date a quel punto fossero, quanto meno, non complete.
La descrizione di questa allergia a due vive, quella classica e quella alternativa, è troppo vicina al modello classico delle ipersensibilità alimentari ritardate (intolleranze) perché non ci stimoli a pensare che questo sia (come già anticipato da Sampson) un modello sempre presente nell'organismo, più o meno affiancato alla reazione di tipo IgE.
Infatti i due tipi di reazione dipendono da:
  • via classica, modulata dalle IgE, dall'istamina, stimolata da piccole quantità di antigene, in presenza anche di basse quantità di anticorpi 
  • via alternativa, modulata dalle IgG, da un gruppo di globuli bianchi (macrofagi), stimolata da grandi quantità di antigeni, ripetute per più tempo, in presenza di quantità importanti di anticorpi.
Siamo di fronte ad una scoperta straordinaria, che deve far ripensare completamente il modo in cui si sviluppano o si controllano le allergie. Bisogna anche ricordare che le IgG sono in grado di determinare dei fenomeni di tolleranza nei confronti della allergia classica, per cui non devono mai essere considerate del tutto dannose.
E per quanto riguarda la gestione delle allergie, gli allergologi dovranno, da oggi, confrontarsi con un pezzo di realtà scientifica in più, e non potranno sottrarsi alla sistematica domanda dei pazienti, di andare cioè al di là della immediatezza diagnostica delle IgE.
Per lo studio delle allergie alimentari ritardate (intolleranze) non possiamo che ribadire la necessità di uno studio diagnostico che valuti la reattività cellulare. I risultati avuti fino ad oggi ci confermano, con l'evidenza scientifica della nuova scoperta, che eravamo nel giusto.
Dottor Attilio Speciani
immunologo e allergologo clinico

13 dicembre 2010

Per Natale niente albicocche australiane...


tavola natale spese spesa
Per la tavola di Natale qualche specialita' e' gradita, ma meglio evitare frutta e verdure fuori stagione, soprattutto se provenienti da luoghi remoti. Hanno prezzi stratosferici, probabilmente non sanno di niente, e quel che peggio inquinano il Pianeta. Se proprio si vuole stupire gli ospiti meglio scegliere 'rarita' made in italy come cachi e fico d'India o antiche varieta', dalla mela limoncella alla pera madernassa. Dalle albicocche australiane vendute a 28 euro al chilo, alle ciliegie del Cile che arrivano a 35 euro, Coldiretti ha preparato una lista nera dei consumi di Natale da evitare.

Secondo lo studio dell'organizzazione agricola negli ultimi dieci anni si e' assistito in Italia ad una crescita esponenziale degli sbarchi di frutta straniera ''contro'' stagione, come le more dal Messico (+6.100%), i mirtilli dall'Argentina (+560%) o le ciliegie dal Cile (+122%) i cui arrivi si concentrano proprio nel periodo di Natale. Il consumo durante le feste di fine anno di prodotti fuori stagione provenienti di migliaia di chilometri di distanza e' - sottolinea la Coldiretti - una tendenza in forte ascesa che concorre a far saltare il budget dei cenoni, con prezzi superiori ben oltre le dieci volte quelli di mele, pere, kiwi, uva, arance e clementine Made in Italy. Un'usanza che ''appare del tutto ingiustificata, perche' si tratta spesso di prodotti poco gustosi e saporiti, essendo stati raccolti ad un grado di maturazione incompleto per poter resistere a viaggi di migliaia di chilometri percorsi su mezzi inquinanti che liberano nell'aria gas ad effetto serra''.

Le albicocche dall'Australia, le ciliegie e le pesche dal Cile e i mirtilli argentini occupano il podio della top ten dei cibi che sprecano energia e inquinano il Natale. E' stato calcolato che - sottolinea la Coldiretti - un chilo di albicocche australiane viaggiano per oltre 16.000 km, bruciano 9,4 chili di petrolio e liberano 29,3 chili di anidride carbonica, un chilo di ciliegie dal Cile per giungere sulle tavole italiane deve percorrere quasi 12mila chilometri con un consumo di 6,9 chili di petrolio e l'emissione di 21,6 chili di anidride carbonica, mentre un chilo di mirtilli dall'Argentina deve volare per piu' di 11.000 chilometri con un consumo di 6,4 kg di petrolio che liberano 20,1 chili di anidride carbonica. Tra i prodotti piu' diffusi che rischiano di ''inquinare il Natale'' ci sono anche - continua la Coldiretti - le angurie del Brasile, le more dal Messico, gli asparagi dal Peru', i meloni dal Guadalupe e i fagiolini dall'Egitto. E per alcuni di questi prodotti - conclude la Coldiretti - non ci sono solo problemi per motivi ambientali, ma ci sono anche perplessità di carattere sanitario.
12 dicembre 2010

I prodotti con il marchio Coop, Esselunga, Auchan... sono spesso uguali a quelli di Granarolo, Agnesi, Ponti, Scottex, Galbusera.

Prodotti uguali ma prezzi diversi ?
Gli esperti di marketing li chiamano "private label", ma i consumatori li conoscono come prodotti con il marchio del supermercato. La Coop ne ha 2500, Esselunga 1800, mentre nei punti vendita Auchan, Conad, Carrefour, Gs se ne trovano oltre mille.
Si tratta di salumi, biscotti, pasta, salsa di pomodoro, olio, aceto, marmellate ... e persino pannolini e carta igienica. Spesso sono prodotti da aziende leader di mercato che espongono i loro articoli sullo scaffale a pochi centimetri di distanza.
Qualche esempio? Cominciamo con Granarolo che produce latte e yogurt per alcune insenge di supermercati, Agnesi confeziona la pasta, Monini l'olio, Maia le uova e poi c'è Ponti, Sammontana, Santa Rosa.... Capire che i prodotti firmati dai supermercati sono simili a quelli delle grandi marche non è facilissimo.
Per farlo bisogna controllare il nome e l'indirizzo dell'azienda produttrice e confrontare l'elenco degli ingredienti.
Vediamo qualche caso.
Il riso Carnaroli della Coop e il riso Carnaroli firmato dalla Scotti hanno un formato pressoché identico e sono confezionati nello stesso stabilimento. Per l'aceto Ponti il discorso è analogo. In questo caso cambia il formato della bottiglia, ma il contenuto sembra uguale. Anche l'indirizzo sui rotoli della carta igienica Scottex e su quelli di Coop è identico.


Cambiamo supermercato. La salsa di pomodoro in bottiglia di vetro firmata Esselunga è confezionata nello stabilimento dove si produce la polpa di pomodoro Santa Rosa. Le uova Esselunga e le uova Maia sono confezionate in un unico centro. Il discorso potrebbe continuare con i biscotti Galbusera, lo yogurt Mila e altri ...
Certo i prodotti provenienti dallo stesso stabilimento non sono necessariamente uguali, basta modificare la materia prima per ottenere una marmellata con meno frutta o una pasta con meno proteine. Se però si confronta   l'elenco degli ingredienti e la tabella nutrizionale si scopre  che spesso i prodotti con il marchio dei supermercati sono identici a quelli con marchi famosi oppure le differenze sono marginali.
Aquesto punto la cosa più interessante è il prezzo che risulta inferiore del 25-30%.
venerdì 05 febbraio 2010

ilfattoalimentare